L’Istat ha diffuso oggi i dati afferenti alla indagine statistica denominata “Ricerca e sviluppo in Italia” è riferita al triennio 2019-2021.
L’incidenza di ricerca e sviluppo sul Pil
Da questa indagine emerso che – nel 2019 – la somma totale destinata alla ricerca e sviluppo cosiddetta intra-muros ed effettuata da istituzioni pubbliche, private, non profit e università è pari a circa incide per l’1,47% sul Pil ed è pari a 26,3 miliardi di euro, con un trend in aumento dello 0,5% rispetto all’anno precedente.
Il particolare questi dati hanno sancito che la distanza dagli altri paesi dell’Unione Europea per gli obiettivi proposti nell’anno 2020 in questa materia sta diminuendo in quanto, la media Eu è pari all’1,53% della spesa in rapporto al Prodotto Interno Lordo.
Gli incrementi previsti
Nel dettaglio, questo rapporto Istat ha decretato che, rispetto all’anno precedente, la spesa in questo settore è in aumento e gli incrementi maggiori si sono registrati nel settore pubblico che ha fatto registrare un +5,1% e nel non profit con un balzo in avanti del più 17,2%.
La spesa prevista per il 2021 fa segnare un recupero importante in questo ambito rispetto al brusco calo fatto registrare nei dati preliminari del 2020 – -6,3% -, tantoché si prevede un aumento della spesa su base annua del +6,2% per un totale di 16,4 milioni di euro che, tuttavia, rimangono inferiori dell’1,1% rispetto al 2019.
Il divario territoriale tra Nord e Mezzogiorno
Dal presente report si è confermato anche l’ampio divario – in termini di spesa R&S – tra il nord ed il resto del paese. A titolo di esempio si pensi che i tre quarti della stessa, ossia 20 miliardi di euro, sono effettuati da sei regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana e Lazio. L’intero Mezzogiorno, comprese sud e isole, contribuisce con una quota ammontante al 14,5% del totale.