L’economia sommersa (in nero) e illegale è cresciuta in Italia del 10% nel 2021, raggiungendo i 192 miliardi di euro. La sua incidenza rispetto al Pil è stabile al 10,5% e inferiore al periodo pre-pandemia. Quasi 3 milioni di lavoratori in nero nel 2021. È quanto si legge nel report di Istat “L’economia non osservata nei conti nazionali”.
L’economia sommersa e illegale in Italia cresce del 10% nel 2021 e raggiunge 192 miliardi di euro. La sua incidenza rispetto al Pil resta stabile al 10,5% rispetto all’anno precedente e inferiore al periodo pre-pandemia. Lo comunica l’Istat nel report L’economia non osservata nei conti nazionali. In particolare ò’economia sommersa si attesta a poco meno di 174 miliardi di euro, mentre le attività illegali superano i 18 miliardi. La crescita dell’economia non osservata è guidata dall’andamento del valore aggiunto da sotto-dichiarazione, quello occultato tramite comunicazioni volutamente errate del fatturato o dei costi, che segna un aumento di 11,7 miliardi di euro (pari al 14,6%) rispetto al 2020. Appare di minore entità l’incremento del valore aggiunto generato dall’utilizzo di lavoro irregolare (5,7 miliardi di euro, pari al 9,2%) e dalle attività illegali (0,9 miliardi di euro, pari al 5,0%). E, in controtendenza, le altre componenti del sommerso mostrano una riduzione pari a 0,8 miliardi di euro (-5,5%) rispetto all’anno precedente, principalmente dovuta ad una contrazione dei fitti in nero. La sostanziale stabilità dell’incidenza dell’economia non osservata sul Pil è dunque il risultato di andamenti eterogenei. Mentre la dinamica marcata mostrata dalla sotto-dichiarazione ne ha riportato l’incidenza sul Pil ai livelli pre-crisi (5%), la crescita meno sostenuta del valore aggiunto da lavoro irregolare ha comportato un’ulteriore discesa della sua incidenza (fino al 3,7%, dal 4,3% del 2019). L’Istat sottolinea poi che l’aumento del sommerso è più marcato per i professionisti e i servizi alle persone. L’Istat sottolinea che “la stabilizzazione dell’incidenza del sommerso al di sotto della soglia del 10% per due anni consecutivi si innesta nel contesto di un lento ma continuo ridimensionamento del fenomeno, in atto negli ultimi anni”. A partire dal massimo registrato nel 2014, quando l’incidenza del sommerso sul Pil era del 12,0%, negli anni successivi si sono osservate costanti riduzioni, di cui le più significative nel 2018 (-0,5 punti percentuali, al 10,7%) e nel 2020 (-0,7 punti, al 9,5%).
Sono quasi 3 milioni i lavoratori in nero in Italia nel 2021. Il report dell’Istat ‘L’economia non osservata nei conti nazionali’ registra 2 milioni 990mila unità di lavoro irregolari e spiega che “rispetto al 2020, il lavoro non regolare segna una crescita contenuta del 2,5%, che non ha consentito di recuperare la considerevole caduta registrata in corrispondenza della crisi pandemica (-18,4%) e sembra segnalare un ridimensionamento del fenomeno”. Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle unità di lavoro non regolari sul totale, risulta in calo nell’ultimo anno, attestandosi al 12,7%, dopo il 13,6% fatto registrare nell’anno precedente. Questo calo è dovuto all’effetto combinato della contenuta dinamica positiva del lavoro non regolare a fronte di un forte aumento dell’input di lavoro regolare, che registra un +10,7%, tornando in linea con i livelli del 2019. Tra i settori, l’incidenza del lavoro irregolare resta più rilevante nel terziario (13,8%) e raggiunge livelli particolarmente elevati nel comparto degli altri servizi alle persone (42,6%), dove si concentra la domanda di prestazioni lavorative non regolari da parte delle famiglie. Molto significativa risulta la presenza di lavoratori irregolari in agricoltura (16,8%), nelle costruzioni (13,3%) e nel commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (12,7%).
Fonte: Ansa
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