Ennesima riduzione delle nascite anche nel 2020. Negli ultimi 12 anni si è passati da un picco relativo di 577 mila nati agli attuali 404 mila, il 30% in meno. Lo rileva Ll’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) nel report sugli indicatori demografici 2020. Il tasso di fecondità è sceso a 1,24 figlio per donna, da 1,27 del 2019 (era 1,40 nel 2008).
Nascite in forte calo
“E’ significativo osservare – spiega l’Istat – come la variazione sul 2019 relativa al mese di dicembre risulti, tra tutte, quella massima (circa 3.500 nascite in meno), a sostegno dell’ipotesi secondo cui, in aggiunta al dato tendenziale, anche la pandemia abbia iniziato ad esercitare un effetto riduttivo sulla natalità“.
Istat: “Gli italiani sono 59,2 milioni, popolazione in calo ovunque”
Al 1° gennaio 2021 i residenti in Italia ammontano a 59 milioni e 259 mila, ben -384 mila rispetto all’anno precedente. Lo rivela l’Istat nel suo report sugli indicatori demografici sul 2020. Si tratta del settimo anno consecutivo in cui si registra un calo della popolazione.
Con l’eccezione del Trentino-Alto Adige, dove la popolazione è aumentata dello 0,4 per mille, tutte le regioni sono interessate da un decremento demografico. Il fenomeno colpisce maggiormente il Mezzogiorno (-7 per mille) rispetto al Centro (-6,4) e al Nord (-6,1).
Molise (-13,2) e Basilicata (-10,3) sono le regioni più colpite; tra quelle del Nord spiccano Piemonte (-8,8), Valle d’Aosta (-9,1) e soprattutto Liguria (-9,9). A livello territoriale, la provincia di Isernia è quella che evidenzia la situazione maggiormente critica, per via di un tasso di variazione che in un anno le sottrae circa l’1,5% della popolazione. Sono comunque numerose, e concentrate nel Nord-ovest, le province che nel 2020 perdono almeno l’1% della popolazione. In particolare, le province di Vercelli, Asti, Alessandria e Biella in Piemonte; le province di Savona e Genova in Liguria, quelle di Pavia e Cremona in Lombardia.
Il Covid ha causato 99 mila morti in più di quanto atteso
Il Covid ha causato in Italia almeno 99 mila decessi in più di quanto atteso. Secondo il Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata dell’Istituto Superiore di Sanità, nel corso del 2020 sono stati registrati 75.891 decessi attribuibili in via diretta al Covid-19. Tuttavia l’incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull’anno precedente è stato pari a +112 mila.
“Così, se da un lato è possibile ipotizzare che parte della mortalità da Covid-19 possa essere sfuggita alle rilevazioni – spiega l’Istat -, dall’altro è anche concreta l’ipotesi che una parte ulteriore di decessi sia stata causata da altre patologie letali che, nell’ambito di un Sistema sanitario nazionale in piena emergenza, non è stato possibile trattare nei tempi e nei modi richiesti”.
“Se nel corso del 2020 si fossero riscontrati i medesimi rischi di morte osservati nel 2019 (distintamente per sesso, età e provincia di residenza e applicati ai soggetti esposti a rischio di decesso) – riporta l’Istituto – i morti sarebbero stati 647mila, ossia soltanto 13mila in più rispetto all’anno precedente, invece dei 112 mila registrati”.
Cala anche la speranza vita
“Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, specie in alcune aree e per alcune fasce d’età, la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione“, scrive l’Istat nel report sugli indici demografici del 2020.
La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno. A 65 anni la speranza di vita scende a 19,9 anni (18,2 per gli uomini, 21,6 per le donne).
Tutte le regioni, nessuna esclusa, subiscono un abbassamento dei livelli di sopravvivenza. Tra gli uomini la riduzione della speranza di vita alla nascita varia da un minimo di 0,5 anni (vale a dire 6 mesi di vita media in meno) riscontrato in Calabria, a un massimo di ben 2,6 anni in Lombardia. Le regioni del Centro-sud registrano perdite inferiori, poiché meno colpite dagli effetti della pandemia ma comunque importanti.
Lo schema si ripete tra le donne, anche se a un livello differente. Nelle aree del Paese più colpite dalla pandemia il calo della speranza di vita è più netto. Tra queste, la provincia di Bergamo, dove per gli uomini la speranza di vita alla nascita è più bassa di 4,3 anni rispetto al 2019, e le province di Cremona e Lodi, entrambe con 4,5 anni in meno. In queste tre specifiche realtà sono ingenti anche le variazioni riscontrate tra le donne: -3,2 anni per Bergamo e -2,9 anni per Cremona e Lodi. Dati, questi ultimi, che arretrano le lancette del tempo al 2003.