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Istat: quanto pesa l’economia “non osservata” sul Pil nazionale

Nel 2018 l’economia non osservata, sommersa e da attività illegali, è in calo rispetto all'anno precedente, così come il lavoro irregolare

E’ stato pubblicato stamattina il rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) relativo ai dati sull’Economia non osservata nei conti nazionali per l’anno 2018.

I dati Istat sull’economia non osservata

Nel 2018 l’economia non osservata, sommersa e da attività illegali, vale poco più di 211 miliardi di euro (-3 miliardi), l’11,9% del Pil.

Sempre nel 2018 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali, si è attestato a poco più di 211 miliardi di euro (erano 213,9 nel 2017), in flessione dell’1,3% rispetto all’anno precedente e in controtendenza rispetto all’andamento del valore aggiunto, cresciuto del 2,2%.

Pil

L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil si è di conseguenza ridotta di 0,4 punti percentuali, portandosi all’11,9%, confermando una tendenza alla discesa in atto dal 2014, quando si era registrato un picco del 13%.

Tale andamento – ha spiegato l’Istat – si deve alla diminuzione del valore aggiunto sommerso da sotto-dichiarazione (-2,9 miliardi di euro rispetto al 2017) e da utilizzo di input di lavoro irregolare (-1,7 miliardi) mentre risultano in crescita le altre componenti residuali (+1,4 miliardi).

Economia illegale

Rispetto al 2017 si osserva una lieve variazione del peso relativo delle diverse componenti dell’economia non osservata: a una riduzione delle quote ascrivibili alla sotto-dichiarazione (dal 46,0% al 45,3%) e all’utilizzo di input di lavoro irregolare (dal 37,5% al 37,2%), fa fronte un incremento di quelle riconducibili alle altre componenti del sommerso (dal 7,6% all’8,3%) e all’economia illegale (dall’8,8%al 9,1%).

L’economia illegale ha segnato un aumento contenuto in valore assoluto, con un’incidenza che è rimasta ferma all’1,1%.

Irregolari

Le unità di lavoro irregolari nel 2018 sono state 3 milioni 652 mila, in calo di 48 mila unità rispetto al 2017.

Nel 2018 il calo del lavoro irregolare è stato pari all’1,3%, con la componente del lavoro non regolare dipendente che scende dell’1,4% (-39 mila unità), e quella indipendente che si riduce dello 0,9% (-9 mila unità).

L’incidenza del lavoro irregolare registra un calo diffuso in tutti i settori di attività economica ad eccezione dell’Agricoltura, dove si rileva un incremento di 0,4 punti percentuali (da 18,4% del 2017 al 18,8%).

L’incidenza è più rilevante nel terziario (16,4%) e raggiunge livelli particolarmente elevati nel comparto degli Altri servizi alle persone (46,9%) dove si concentra la domanda di prestazione lavorative non regolari da parte delle famiglie. Molto significativa risulta la presenza di lavoratori irregolari anche in Agricoltura (18,8%), nelle Costruzioni (17,3%) e nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,5%).

In termini assoluti, nel comparto del Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione e in quello degli Altri servizi alle persone sono impiegate il 60,8% del totale delle ULA non regolari (il 63,5% delle ULA dipendenti e il 53,6% delle ULA indipendenti).

Nell’Industria in senso stretto, dove la diffusione del lavoro irregolare è contenuta (7,4%), il comparto della Produzione di beni alimentari e di consumo presenta il tasso di irregolarità più elevato (9,2%).

Il confronto tra settori evidenzia che in Agricoltura l’incidenza del lavoro irregolare dipendente è quasi 5 volte superiore a quella del lavoro indipendente (rispettivamente 38,5% e 8,1%) mentre negli Altri servizi alle imprese e nel comparto Istruzione, sanità e assistenza sociale il tasso di irregolarità degli indipendenti è oltre il doppio di quello dei dipendenti.

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