Niente più sarà come prima. È questa la prima certezza, la più umana che Papa Bergoglio esprime dalle colonne della Stampa al giornalista Domenico Agasso Jr. Il dolore del Santo Padre per quello che sta accadendo è palpabile. Lo mostrano le immagini di lui supplicante davanti al Crocifisso miracoloso di San Marcello, ma anche quell’ingabbiato scappato nell’Angelus di due domeniche fa, il primo a porte chiuse per un Papa abituato ad unirsi all'”odore delle pecore”. Per la prima volta nella storia, i Cattolici festeggeranno la Quaresima nelle loro case, lontano dalla Chiese che si rivestono della Passione e Resurrezione del Figlio di Dio: “una sofferenza nella sofferenza” dice Agasso. Ma il Papa non limita, semmai allarga la sua riflessione a tutta l’umanità, tragicamente unita in questo momento ma altrettanto unita nella sua appartenenza filiale al Padre: “Non voglio distinguere tra credenti e non credenti. Siamo tutti umani e come uomini siamo messi sulla stessa barca” sottolinea il Pontefice.
Una sofferenza nella sofferenza
Pensando ai credenti, il Papa invita a vivere la Quaresima con penitenza, compassione e speranza. Poi invita a guardare le “ombre” di questo momento, che “capitano a tutti” e l’epidemia lo ricorda nella sua drammaticità. In questo momento, la sofferenza non è che un unico grido umano: per il Pontefice, s’apre dunque la possibilità per ripensare noi stessi in un’ottica di unità. Unità che è comunque messa a dura prova. Bergoglio si sofferma sugli infermi che salutano i loro cari via telefonino, perché sanno che moriranno ma non vogliono farlo da soli. Allora, il suo pensiero va a tutti loro, ma anche agli “infermieri“, quegli angeli che ritagliano angoli di umanità in una realtà fredda, che ha la tentazione di reggersi su numeri e morte.
Un pensiero al Piemonte
Agasso ricorda al Ponefice le sue origini piemontesi. Oggi la Regione sta soffrendo molto, ma il Papa non si perde d’animo, anzi rivolge il suo invito a pregare la Madonna della Consolata: “Ai Piemontesi dico di pregare la Consolata, con fede e fiducia” dice il Papa. Infine, una riflessione su quello che quest’esperienza scaturirà nell’uomo. Come nel Dopoguerra, anche quando tutto sarà finito, l’umanità dovrà ricostruire. E potrà farlo – sottolinea il Pontefice – su quattro pilastri: radici, memoria, fratellanza e speranza, che non delude. La preghiera può essere il modo migliore per coltivare quest’ultima virtù. Questa mattina, il Papa lo ha ricordato nella sua omelia in una Santa Marta a porte chiuse. La preghiera come strumento per far luce nelle zone oscure: “Preghiamo per medici e autorità, spesso incomprese”. E il pensiero va a loro, eroi in trincea divenuta quotidianità.