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Il calvario militare birmano prosegue anche in pandemia

In Myanmar continua la sofferenza delle minoranze etniche cristiane: scontri e vittime nei conflitti civili. Le cause di una persecuzione infinita

In Myanmar è stata data una crescente attenzione alla religione buddista, cosa che ha portato all’esclusione di tutte le altre minoranze, inoltre, documenta la onlus Porte aperte,  la continua guerra contro i movimenti insurrezionali colpisce, fra l’altro, principalmente gli stati cristiani del Kachin, dello Shan e del Karen. Questo conflitto passa inosservato, oscurato dalla situazione dei Rohingya musulmani. Le azioni contro i cristiani nello stato settentrionale dello Shan, compiute dal “Communist United Wa State Army”, ha contribuito a sviluppare un elevato e costante livello di violenza. Le comunità che mirano a rimanere “unicamente buddiste” rendono la vita delle famiglie cristiane impossibile, in quanto sono private delle risorse d’acqua della comunità. Anche i gruppi religiosi non-tradizionali patiscono l’opposizione, in particolare nelle aree rurali, oppure se sono conosciuti per il loro proselitismo. Il governo cerca di agire contro i monaci buddisti radicali, sembra usare metodologie equivoche: è diventato sempre più chiaro come questi monaci oltranzisti approfittino del supporto fornito dall’esercito.

Escalation di violenze

Nell’ultimo mese, riferisce Fides, oltre 50 civili sono stati uccisi nei conflitti tra autonomisti e Stato centrale in diverse regioni del Myanmar, soprattutto negli Stati federati Chin e Rakhine. Nel Chin almeno 29 persone hanno pagato con la vita le operazioni della guerriglia e dei militari che, in due riprese, hanno colpito la Township di Paletwa (distretto di Matupi) dove, in aprile, il villaggio cristiano di Nanchaungwa è stato preso di mira dall’aviazione di “Tatmadaw”, com’è chiamato l’esercito del Myanmar. Il bilancio dei raid del 7 aprile è di sette morti e 8 feriti ma l’area era già stata colpita durante il fine settimana del 14-15 marzo, quando almeno 21 abitanti sono stati uccisi dopo che i caccia dell’esercito avevano aperto il fuoco su quattro villaggi abitati in maggioranza da cristiani, sempre nel distretto di Paletwa, causando anche decine di feriti e la fuga di circa 2 mila residenti in una città vicina.

Case e scuole bruciate

Se la guerra non fa distinzione di credo, resta il fatto che in molte aree del Myanmar i cristiani, e tra loro i cattolici, pagano un alto prezzo in zone dove la presenza della Chiesa cattolica è diffusa radicata. Agli effetti della guerra si aggiungono poi quelli di un’espansione del Covid-19 che solo in rari casi hanno attenuato le azioni militari. Anche il cessate-il-fuoco che dura da otto anni tra l’esercito del Myanmar la Karen National Union ha registrato nel febbraio scorso bombardamenti di artiglieria sui villaggi di popolazione karen (anch’essi a maggioranza cristiana) cui è seguito un massiccio esodo di sfollati. Il 17 aprile a Ginevra, il portavoce dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohchr) Rupert Colville ha dichiarato che le operazioni militari del Myanmar hanno provocato “almeno 32 morti e 71 feriti dal 23 marzo, in maggioranza fra donne e bambini, e hanno anche distrutto e bruciate scuole e case”.

La seconda religione

Secondo fonti birmane, gli scontri armati stanno interessando gli Stati del Rakhine, Chin, Karen e Shan del Nord, aree in cui è forte la presenza di minoranze cristiane, musulmane e indù. In particolare, il cristianesimo (che è la seconda religione del paese dopo il buddismo) è praticato soprattutto da Chin, Khacin, Karen, Shan ed eurasiatici ed è molto presente soprattutto tra i Chin. I cattolici sono stimati a circa 750 mila (circa l’1,5% della popolazione), soprattutto tra le minoranze Karen, Chin, Kachin, e Shan. Dal canto suo, precisa l’agenzia missionaria della Santa Sede, la comunità buddista ha dato un segnale di impegno mirato a “lavorare mano nella mano sulla base di una piattaforma comune per affrontare la pandemia di coronavirus e svolgere attività di beneficenza attraverso la solidarietà”, ha detto il monaco Sitagu Sayadaw. I buddisti, infatti, hanno donato al Fondo di emergenza contro il virus, istituito da Papa Francesco, 10mila dollari consegnati all’arcivescovo Marco Tin Win dell’arcidiocesi di Mandalay. L’autorevole esponente del buddismo, precisa Fides, ha anche offerto scorte di cibo agli orfanotrofi gestiti dall’arcidiocesi di Mandalay. Il monaco ha aggiunto che il contributo intende essere “un segno di compassione”, virtù comune a tutte le religioni: buddismo, cristianesimo, islam e induismo.

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