Giovanni Brusca esce dal carcere dopo 25 anni: sarà in libertà vigilata

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A pochi giorni dal ventinovesimo anniversario della strage di Capaci, in Sicilia, quando in un attentato mafioso persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Antonio Montinaro Rocco Dicillo e Vito Schifani, esce dal carcere uno degli uomini che ebbe un ruolo fondamentale in quel tragico episodio della storia italiana, quello azionò il detonatore che fece saltare l’autostrada. Dopo 25 anni torna libero per fine pena Giovanni Brusca e lascia il carcere di Rebibbia 45 giorni in anticipo rispetto alla scadenza della condanna, riporta L’Espresso.

Libertà vigilata

Per decisione della Corte d’Appello di Milano, Brusca è tecnicamente sottoposto a quattro anni di libertà vigilata. Inoltre sarà sottoposto a controlli e sarà tenuto sotto protezione.

Collaboratore di giustizia

Brusca era stato arrestato nel 1996, dopo alcuni anni ha iniziato a collaborare con la giustizia. Scrive Agi che ai magistrati di Palermo, Firenze e Caltanissetta, Giovanni Brusca, figlio del capomafia Bernardo, esponente della Cupola e morto in carcere, ha parlato delle proprie responsabilità in ordine al suo ruolo nella progettazione ed esecuzione della strage di Capaci del 23 maggio 1992, ma anche in diversi delitti e omicidi efferati che non hanno risparmiato donne e bambini. “La mia non è una scelta facile, pesa la storia della mia famiglia, il dover accusare altri”, aveva dichiarato.

Il no della Cassazione ai domiciliari

Oltre 80 permessi premi in 25 anni di carcere per Giovanni Brusca, 64 anni, scrive Adnkronos. Due anni fa aveva chiesto la scarcerazione ma la Cassazione disse di no. Era il 19 ottobre del 2019, quando i giudici bocciarono la richiesta dei legali del killer di Giovanni Falcone e del mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo che voleva usufruire degli arresti domiciliari. La Cassazione aveva respinto l’istanza dei legali per ottenere gli arresti domiciliari, riporta sempre Adnkronos. La procura generale della Corte di Cassazione aveva chiesto, con una requisitoria scritta, ai giudici della prima sezione penale di rigettare il ricorso dell’ex boss di Cosa Nostra contro la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma. I legali di Brusca, infatti, avevano chiamato in causa la Cassazione, perché decidesse in merito alla sentenza del tribunale che, nel marzo 2019, aveva respinto l’istanza del mafioso per la detenzione domiciliare.

I commenti

“Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso. Ogni altro commento mi pare del tutto inopportuno”, ha detto Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone.

L’ex magistrato Antonio Ingroia, sostituto procuratore a Palermo dal 1992 al 2012 ha commentato: “Fa impressione che torni libero ma va accettato“.

“Il percorso è chiaro come il suo obiettivo e va avanti da anni: delegittimare lo Stato e minimizzare il ruolo della mafia nelle stragi, e di conseguenza ridurre la percezione della sua pericolosità nell’opinione pubblica e in tutte le sedi. Dobbiamo alzare la guardia perché ci stanno riuscendo”. Così all’AdnKronos il colonnello Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo.

Il presidente regionale dell’Antimafia all’Assemblea regionale siciliana Claudio Fava ha dichiarato: “Che Brusca, scontata la sua pena, venga scarcerato è un fatto normale. Quello che non è normale, invece, è che dopo 30 anni la verità sulle stragi sia ancora tenuta ostaggio di reticenze, viltà e menzogne”.

Lorenzo Cipolla: