La decisone del Governo Giapponese è presa: verranno scaricate nell’oceano oltre 1,25 milioni di tonnellate di acque reflue dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, duramente colpita dal sisma/tsunami del 2011.
La spianata multilivello di migliaia di serbatoi, al ritmo di 140 tonnellate di acqua giornaliera necessaria per raffreddare i reattori danneggiati, sarà satura al più tardi nell’autunno del 2022, intralciando ancora di più le complesse opere di decommissionamento della struttura atteso tra il 2041 e il 2051.
Come avverrà l’operazione
Il governo e le agenzie nipponiche competenti hanno dato il via libera al piano in una riunione alla Kantei, la sede del premier. “Non abbiamo altra scelta che affrontare la questione delle acque reflue perché dobbiamo procedere con lo smantellamento dei reattori nucleari”, ha ammesso il primo ministro Yoshihide Suga. “Il governo farà di tutto per garantire la sicurezza e per evitare qualsiasi danno, anche reputazionale”, ha aggiunto. La Tepco, gestore dell’impianto, sarà incoraggiata a scaricare l’acqua in circa due anni, secondo le linee guida approvate nella riunione, seguendo un rigido protocollo dell’Autorità di regolazione nucleare giapponese (Nra) e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) dell’Onu: il paradosso è che, rispettando i parametri, il volume delle acque rilasciate in mare e ripulite di elementi radioattivi come stronzio e cesio, ma contaminate di trizio, saranno meno pericolose di quelle degli obiettivi fissati dalla stessa centrale nucleare di Daiichi prima dell’incidente. E il trizio, correlato all’idrogeno e difficilmente separabile dall’acqua, è rilasciato in mare dai reattori nucleari di tutto il mondo. Le linee guida richiedono che i liquidi trattati siano diluiti con almeno 100 volumi uguali di acqua marina prima di essere scaricati nell’oceano. In questo modo, il trizio sarebbe pari a un settimo del limite raccomandato per l’acqua potabile dall’Oms.
Governo e Tepco intensificheranno il monitoraggio nelle zone di pesca e nelle spiagge, mentre il settore agricolo, forestale e ittico parteciperà alla raccolta e all’analisi dei campioni, così come i governi locali. Un comitato di esperti ambientali esaminerà il processo di monitoraggio e fornirà indicazioni.
La posizione dei Paesi confinanti e non
La mossa impopolare, divenuta improcrastinabile, è stata bollata come “irresponsabile” da Corea del Sud e Cina, ma ha ottenuto il pieno sostegno degli Stati Uniti.
In Corea del Sud il ministero degli Esteri ha convocato l’ambasciatore nipponico Koichi Aiboshi presentando una protesta formale dopo che Koo Yun-cheol, ministro per il coordinamento delle Politiche governative, ha detto che Seul “si oppone con forza” all’operazione. Tokyo “rilascerà l’acqua radioattiva dopo averla diluita a livelli non dannosi per l’uomo. Ma la diluizione non cambierà il totale di radioattività dispersa”, ha denunciato a Seul una dichiarazione congiunta firmata da un’alleanza di 31 gruppi civici anti-nucleare e pro-ambiente. La Cina ha esortato Tokyo a non procedere nei piani “senza l’autorizzazione” di altri Paesi e dell’Aiea, riservandosi “il diritto di dare ulteriori risposte”, ha puntualizzato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. “Ringraziamo il Giappone per i suoi sforzi trasparenti nella decisione di smaltire l’acqua trattata dal sito di Fukushima Daiichi. Attendiamo con impazienza il continuo coordinamento del governo giapponese con l’Aiea”, ha scritto invece su Twitter il segretario di Stato americano, Antony Blinken. A Vienna, sede dell’Aiea, i rappresentanti di Corea del Sud e Cina hanno da tempo avviato il pressing sulla vicenda, in base a quanto riportato dall’ANSA: i negoziati saranno complessi, tra i nuovi scossoni geopolitici, le dinamiche interne e i rancori storici e territoriali ancora irrisolti tra i tre Paesi.
Il dramma per i pescatori locali
I pescatori della prefettura di Fukushima hanno perso la loro battaglia. Il mare che dà loro da vivere e sostenta le loro famiglie accoglierà le acque radioattive impiegate per raffreddare l’ impianto nucleare danneggiato dallo tsunami del 2011. Lo sversamento di oltre un milione di tonnellate di acqua, a forte rischio inquinamento, deciso dal Governo giapponese, mette a rischio, senza rimedio, la reputazione del pescato lungo la costa di Fukushima. La pubblicità negativa che deriverà al loro pescato da questa iniziativa preoccupa non poco i 1.500 pescatori della zona che oggi, per sopravvivere, contano soprattutto sui ristoranti e le rivendite locali. La pesca, una delle attività determinanti per il sostentamento alimentare ed economico del paese, ripartita gradualmente a poco più di un anno dalla catastrofe, e in aree limitate, sfiora attualmente appena il 20% del fatturato generato prima del 2011. La questione non è solo locale: a essere direttamente interessati sono anche gli altri Paesi della regione, che hanno minacciato di bandire le importazioni di frutti di mare dal Giappone se l’acqua radioattiva sarà sversata in mare. Il rischio è di un danno economico enorme per queste popolazioni costiere, come paventa il sindacato che riunisce le cooperative ittiche giapponesi (JF Zengyoren), che aveva inviato al ministro nipponico del Commercio una lettera in cui definiva “inaccettabile” lo scarico in mare dell’acqua usata per raffreddare i reattori della Daichi, la centrale nucleare colpita dallo tsunami. Il progetto, diceva il sindacato, andava bocciato “anche se i livelli di contaminazione fossero inferiori ai limiti legali”. A sostegno dei pescatori si erano schierati anche i vescovi giapponesi e sud-coreani, ma il premier giapponese Yoshihide Suga non ha sentito ragioni.