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Femminicidio Manduca: chiesto indietro il risarcimento ai figli

La loro mamma, Marianna Manduca, è stata uccisa 13 anni fa da suo marito, padre dei suoi figli e 12 volte denunciato dalla donna, che altrettante volte aveva cercato di scongiurare il pericolo portato da quell'uomo violento che l'avrebbe poi assassinata a coltellate. Ora i tre ragazzi, rimasti orfani, rischiano di dover restituire il risarcimento di 250 mila euro che venne disposto in primo grado per il rilevato ritardo della giustizia nell'intervenire e salvare Marianna: secondo i giudici del processo di secondo grado (la Corte d'appello di Messina), infatti, hanno annullato quella disposizione lo scorso marzo, ritenendo plausibile il ricorso della Presidenza del Consiglio, sostenendo che all'epoca del delitto venne fatto il possibile per evitarlo, anche considerando l'assenza di una legge, allora, che tutelasse le vittime dello stalking.

L'udienza

I ragazzi, dopo l'omicidio della madre, erano stati affidati allo zio Carmelo, cugino di Marianna e presente in aula durante l'udienza davanti alla terza sezione civile, nella quale il pg ha chiesto il rigetto del ricorso: “Questa donna – ha detto l'avvocato della famiglia di Marianna ad Adnkronos – ha fatto le veci dello Stato, delle istituzioni e della magistratura perchè ha insegnato a questi ragazzi a credere ancora nella giustizia”. Sulla vicenda si attende ora il pronunciamento della Cassazione: “Oggi in aula abbiamo raccontato la storia di Marianna, che non è stato solo l'assassinio di una donna ma la storia di una richiesta d'aiuto rimasta inascoltata – ha detto ancora il legale dei ragazzi, Licia D'Amico -. Agli atti restano le sue denunce, dodici, tutte circostanziate e le ultime scritte tutte in maiuscolo: era il suo grido d'aiuto”.

Marianna denunciò 12 volte, dopo aver subito ripetute minacce. Oggi i suoi figli hanno 18, 17 e 15 anni e, con la loro famiglia adottiva, hanno investito il risarcimento di 250 mila euro in un bed & breakfast che costituisce la loro unica fonte di reddito. Cifra che, qualora la Cassazione dovesse esprimere giudizio sfavorevole, potrebbero dover interamente restituire con tutte le conseguenze del caso, prima fra tutte la rinuncia agli studi.

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