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Femminicidio Fano, Passeri: “Mai tornare a casa, è ‘appuntamento con la morte'”

"Alle donne vittime di violenza diciamo: una volta uscite, non tornate più a casa. Proprio per voi abbiamo approntato la 'valigia di salvataggio'". Così a Interris.it Grazia Passeri (Salvamamme & Salvabebè) in merito al femminicidio di Anastasia Alashri a Fano

“Alle donne vittime di violenza diciamo: una volta uscite, non tornate più a casa. Proprio per voi abbiamo approntato la ‘valigia di salvataggio'”. Così a Interris.it Maria Grazia Passeri, Presidente dell’associazione Salvamamme & Salvabebè in merito all’ennesimo caso di femminicidio, la morte della giovane Anastasia Alashri a Fano, uccisa dall’ex marito dopo essere rientrata a casa per riprendersi degli effetti personali.

L’omicidio di Anastasia

La 23enne era giunta in Italia dall’Ucraina nel marzo scorso con l’uomo e il figlioletto di 3 anni per sfuggire alla guerra. L’11 novembre, si era rivolta ai carabinieri per denunciare i maltrattamenti a cui suo marito da tempo la sottoponeva. Una situazione che aveva spinto Anastasia ad abbandonare l’abitazione coniugale e a rifugiarsi presso un suo collega di lavoro. Era poi rientrata a casa per riprendersi dei vestiti: voleva rifarsi una vita. Invece, Anastasia è stata trovata morta con i segni di 3 coltellate la mattina del 14 novembre nelle campagne di Villa Giulia di Fano, in provincia di Pesaro Urbino. Il presunto omicida, l’ex marito egiziano, è stato bloccato il giorno stesso alla stazione di Bologna mentre presumibilmente tentava la fuga.

Grazia Passeri si occupa da oltre 20 anni di aiutare donne e madri in difficoltà economica o vittime di violenza domestica. InTerris.it l’ha intervistata.

Grazia Passeri al ventennale dell’associazione Salvamamme, 18 aprile 2018

L’intervista a Grazia Passeri

Ancora un femminicidio tra le mura domestiche?

“Purtroppo sì. Uno dei momenti più a rischio per le donne che con tanto coraggio affrontano percorsi di fuoriuscita dalla violenza, specie se hanno denunciato, è quando rientrano in casa – spesso ingannate dall’ex partner – per riprendere i vestiti o i documenti e i soldi. Altrettanto pericolosi sono gli ‘appuntamenti già prestabiliti’ presso i tribunali legati alla separazione, al divorzio o alle testimonianze per causa di violenza. Possono diventare incontri con la morte già scritti”.

Come i partner violenti ingannano le vittime?

“Il partner violento chiede alla ex di rientrare in casa con scuse varie. Ad esempio, accusandola di aver rubato qualche oggetto prezioso che deve restituire; oppure assicurandole che lui non è arrabbiato e, addirittura, che non sarà neppure presente nell’abitazione. Non bisogna mai crederci né rientrare in casa una volta chiusasi la porta alle spalle. E’ molto spesso una trappola per ‘punire’ la donna che ha ‘osato’ denunciare o scappare di casa. Il femminicidio di Fano ne è l’ennesima, drammatica, prova”.

Cosa fare dunque?

“L’associazione Salvamamme & Salvabebè ha istituito con il supporto della Regione Lazio il progetto ‘La valigia di salvataggio – Per non tornare indietro‘. Si tratta di un grande progetto per aiutare a far scappare di casa le persone vittime di violenza domestica. In pratica, regaliamo un trolley pieno di vestiti, scarpe, biancheria e beni di prima necessità per la mamma e i suoi bambini affinché non tornino a casa rischiando di farsi picchiare o peggio. In alcuni casi, è la stessa Polizia che viene a chiederci dei vestiti di ricambio. Questo perché gli abiti delle donne vittime di violenza sono spesso sporchi di sangue e sono dunque ‘prove di reato’ che devono restare agli investigatori”.

Quante valigie donate e cosa contengono?

“Ne regaliamo 200-250 ogni anno. A volte, oltre 300. Dentro c’è di tutto, perché le donne in fuga dalla furia dei partner violenti scappano di casa con quello che hanno addosso, senza avere il tempo di prendere niente. A volte, sono in ciabatte o mezze nude, nonostante fuori sia inverno e faccia freddo. Così è anche per i loro bambini. Hanno bisogno di tutto”.

Quando una donna ha reale necessità di rientrare in casa – o deve recarsi in tribunale – come può farlo in modo sicuro?

“L’Associazione Salvamamme, insieme all’associazione Mai più violenza infinita (MPVI), ha studiato questi momenti critici sviluppando, già dal 2014, un servizio sperimentale di accompagnamento in totale sicurezza negli spostamenti considerati pericolosi, come appunto nel ritiro degli effetti personali, nelle deposizioni in tribunale, nei commissariati o nei semplici spostamenti. Ci siamo organizzati con associazioni di membri delle forze dell’ordine in pensione (o ancora in attività) che vegliano, in incognito, sulle vittime o le accompagnano fisicamente a questi appuntamenti, proteggendole. Abbiamo anche un’auto donataci dalla Polizia Penitenziaria di Lazio, Abruzzo e Molise per portare se necessario le vittime in un luogo sicuro. L’importante è non presentarsi mai sole in un luogo dove potrebbe esserci l’aguzzino”. 

Ed evitare dunque l’appuntamento con la morte…

“Sì. Qualcosa per evitare un ‘appuntamento con la morte’ esiste. La valigia di salvataggio è il primo passo per uscire dal baratro della violenza domestica. Noi volontarie dell’Associazione abbiamo sperimentato in 20 anni di servizio come, nel momento di smarrimento, di disperazione e di estrema paura delle donne vittime di maltrattamenti, una valigia possa dar loro il coraggio di scappare e di rifarsi una vita. Un piccolo gesto di solidarietà e di speranza”.

Perché solidarietà e speranza?

“Perché le vittime si sento spesso sole e ormai quasi condannate a morte certa. Sia a causa dell’omertà dilagante, sia per colpa di quanti, pur sapendo, si voltano dall’altra parte. La violenza di genere si batte se tutta la società si unisce per salvare e proteggere le vittime. Il femminicidio di Fano evidenzia che è sempre più l’ora di mettere in atto interventi che affrontino concretamente l’esigenza di fondo di queste donne per salvare loro la pelle. Diversamente, dovremo ancora piangere per delle giovani vite spezzate”.

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