Ad ufficializzare che le farmacie e le parafarmacie rientrino in un livello di rischio alto è il Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da Sars-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, reso disponibile sul sito dell’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Valutazione integrata
I farmacisti rientrano in un livello di rischio alto in relazione alla diffusione del Covid19. A stabilirlo l’Inail nel Rapporto approvato dal Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile. Il rapporto, riferisce Farmacista33.it, è frutto di un lavoro di ricerca condotto dall’istituto anche in qualità di organo tecnico scientifico del servizio sanitario nazionale, ed è composto da due parti: la prima riguarda la predisposizione di una metodologia innovativa di valutazione integrata che tiene in considerazione il rischio di venire a contatto con fonti di contagio, mentre la seconda e focalizzata sull’adozione di misure organizzative, di prevenzione e protezione, nonché di lotta all’insorgenza di focolai epidemici. Il rischio da contagio viene, infatti, classificata secondo tre variabili: esposizione, cioè la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle attività lavorative; prossimità tra colleghi; aggregazione, intesa come contatti con altri soggetti.
Maggior pericolosità
I tre parametri presi in considerazione fanno dire come il contesto lavorativo di maggior pericolosità è quello relativo agli operatori sanitari, con la farmacia in un livello di rischio alto, facendo emergere con chiarezza come il rischio da infezione in occasione di lavoro sia concreto e abbia determinato numeri elevati di infezioni, pari a circa il 10% del totale dei casi e numerosi decessi. Che i farmacisti e le farmacie rientrino in un livello di rischio alto in relazione alla diffusione del Covid-19 ce lo si aspettava ma ora è arrivata l’ufficializzazione dell’Inail, nel Rapporto approvato dal Comitato tecnico scientifico (Cts) istituito presso la Protezione Civile, al quale l’Istituto partecipa con un suo rappresentante. Il documento è di particolare importanza perché costituisce la griglia di riferimento sui rischi per la graduale ripresa delle attività nella cosiddetta Fase 2 e fornisce indicazioni sulle misure di prevenzione – da proporzionare ai livelli di rischio – da mettere in atto per tutelare lavoratori, ma anche cittadini.
Intesa
E’ arrivata intanto l’intesa tra governo, associazioni imprenditoriali e parti sociali sul nuovo “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, che aggiorna le indicazioni contenute in quello del 14 marzo. Ma che significato ha questa classificazione? Sulla base della matrice di rischio si possono adottare una serie di misure atte a prevenire o mitigare il rischio di contagio per i lavoratori. La gestione della prima fase emergenziale ha permesso di acquisire esperienze prevenzionali che possono essere sviluppate nella seconda fase.
Aziende
Secondo il documento, è imprescindibile il coinvolgimento di tutte le figure della prevenzione aziendale, medico competente nel coadiuvare il datore di lavoro in un puntuale monitoraggio dell’attuazione delle misure, con anche la partecipazione dei lavoratori. C’e, quindi la necessita di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (Dvr) e relativamente alle aziende dove non è già presente il medico competente, in via straordinaria, va pensata la nomina di un medico competente ad hoc o soluzioni alternative, anche con il coinvolgimento delle strutture territoriali pubbliche (per esempio, servizi prevenzionali territoriali, Inail) che, come per altre attività, possano effettuare le visite, magari anche a richiesta del lavoratore. I dati epidemiologici mostrano chiaramente una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate nonché in presenza di alcune tipologie di malattie cronico degenerative (patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche). In tale ottica potrebbe essere introdotta la sorveglianza sanitaria eccezionale che verrebbe effettuata sui lavoratori con età under 55 anni o su lavoratori al di sotto di tale età ma che ritengano di rientrare, per condizioni patologiche, in questa condizione anche attraverso una visita a richiesta.