Interris.it ha già approfondito la complessa questione che sta alla base della disfida apparentemente religiosa ma in realtà tutta geopolitica su uno dei luoghi di culto più fortemente simbolici del mondo. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha intenzione di convertire Santa Sofya in una moschea: quella che è stata una minaccia, sfoderata spesso negli anni passati, potrebbe stavolta diventare realtà, dopo che le recenti polemiche con la Grecia hanno infiammato l’opinione pubblica turca, che sembra sostenere il passo. E, riferisce l’Agi, sarebbe una decisione storica e allo stesso tempo, per Erdogan, una mossa dal sicuro ritorno elettorale. “Santa Sofia ci appartiene perché è stata conquistata e la Turchia può farne ciò che vuole“. Queste le parole con cui Ankara ha risposto alle proteste giunte dalla Grecia per la preghiera islamica recitata nella ex basilica, ora museo, lo scorso 29 maggio in occasione dell’anniversario della conquista di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane.
Culti
“Inaccettabile l’utilizzo di un sito destinato ad altri culti“, secondo Atene, che per lo stesso motivo si è rivolta oggi all’Unesco. Alle accuse greche aveva risposto il presidente turco Recep Erdogan ricordando che nella capitale greca “non è rimasta neanche una moschea“. La polemica ha infiammato l’opinione pubblica turca, e l’hashtag #AyaSofyacamiolacak ,”Santa Sofia sarà moschea“, ha spopolato sui social man mano che volavano accuse tra Ankara e Atene. Alla polemica è seguita una proposta di legge del partito nazionalista di opposizione a Erdogan, Iyi parti, presentata in Parlamento e respinta proprio dai voti dell’Akp del presidente: respinta non nel contenuto però, ma solo perché lasciare all’opposizione i “meriti” di una conversione che sarebbe epocale è una mossa che potrebbe far perdere voti a Erdogan, il cui partito pronto a rilanciare l’apertura alla preghiera il mese prossimo.
Indagine
Il quotidiano Milliyet, evidenzia l’Agi, ha riportato la notizia secondo cui il presidente turco ha ricevuto sulla propria scrivania i risultati di un’indagine commissionata appositamente, per comprendere quanto l’opinione pubblica sia a favore di una conversione che andrebbe a ledere relazioni con Europa e Usa. Dall’inchiesta finita sul tavolo di Erdogan, relativa l’elettorato di 4 dei 5 partiti che siedono in parlamento, risulta che il 90% degli elettori dell’Akp e dell’alleato nazionalista Mhp è a favore della conversione, così come il 70% dei nazionalisti di opposizione di Iyi parti e ben il 40% del laico e repubblicano Oltre al sostegno dell’opinione pubblica un alleato inatteso per Erdogan è il patriarca armeno Sahak Mashaliyan, in ottimi rapporti col presidente turco, che lo scorso sabato si è dichiarato favorevole al ritorno alla preghiera islamica a Santa Sofya. A fermare Erdogan potrebbe però essere la Corte Costituzionale turca, considerando che la conversione in museo della struttura avvenne nel 1935, contestualmente alla proclamazione della Repubblica laica di Turchia, così come voluta da Mustafa Kemal Ataturk. Santa Sofya è uno dei principali monumenti di Istanbul e domande rimangono su cosa succederà agli splendidi mosaici all’interno, incompatibili con l’iconoclastia islamica, ma talmente belli che il sultano Mehmet decise di coprirli, invece di distruggerli. Fondata nel 537 per volere dell’imperatore Giustiniano, Santa Sofya ha servito come basilica greco-cattolica per poco meno di un secolo, per poi essere trasformata in moschea dal sultano Mehmet, che con le sue truppe fece ingresso a Costantinopoli il 29 maggio 1453.Nel 1935, con la fondazione della repubblica turca, Santa Sofya diventa un museo.
Imperatore
Lo scorso 29 maggio alcuni dei vertici politici e religiosi hanno recitato una preghiera all’interno della struttura, con Erdogan collegato in video, per celebrare la conquista di quella che diverrà la capitale dell’impero ottomano nei seguenti 5 secoli: Costantinopoli, poi divenuta Istanbul. Non fu un massacro, ma una resa a un assedio durato 54 giorni, che fece breccia nelle poderose mura che avevano resistito ad altri 23 tentativi da parte di sultani ottomani. Il successo di Mehmet fu dovuto al mancato arrivo dei rinforzi che il Papa aveva promesso all’imperatore Costantino, con il sultano da allora in poi soprannominato Fatih, “il conquistatore”, che richiamò nella città, anche dalla odierna Grecia, ministri di ognuna delle religioni delle comunità che vi vivevano e garantì loro libertà di culto.