Chi cercava risposte dal voto in Emilia-Romagna e Calabria di sicuro le ha avute. Risultati opposti ma margini sostanziali, che certificano l'ascesa del centrodestra al Sud e la permanenza a sinistra di una regione che tradizionalmente lo è sempre stata. Stefano Bonaccini incassa un 51,42% che vale a lui la permanenza alla presidenza della Regione, e al Partito democratico la palma di primo partito regionale, che si riprende dopo le europee del maggio scorso. Si accontenta di un 43,7% Lucia Borgonzoni, candidata del centrodestra ed esponente di una Lega che, a conti fatti, resta di gran lunga il partito trainante di tutta l'ala cdx, staccando in Emilia-Romagna di gran lunga le altre forze di coalizione (Fratelli d'Italia chiude a 8,6%, appena il 3,6% per Forza Italia). Anche per questo il leader leghista, Matteo Salvini, raccoglie l'eco della soddisfazione del Partito democratico ribattendo che, per la prima volta dopo 70 anni, nell'enclave della sinistra c'è stata partita. Dichiarazioni che, a ogni modo, si scontrano con i numeri che vedono il Pd confermarsi alla guida della regione con un margine ancora piuttosto netto e, nondimeno, con un sostanziale supporto da parte dei partiti di coalizione. Come netto è stato l'ennesimo tracollo del Movimento 5 stelle, alle prese con un flop elettorale per certi versi più pesante di quello incassato in Umbria, quando fallì il tentativo di corsa combinata con i dem: 3,5% per Simone Benini, praticamente mai in gara.
Successo (non solo) azzurro
Scenario radicalmente diverso in Calabria, dove Forza Italia si toglie la soddisfazione di vedere eletta una propria esponente come candidata di una coalizione, quella di centrodestra, che centra un risultato netto quanto importante: 55,9% per Jole Santelli, quasi il doppio del principale rivale, Filippo Callipo del centrosinistra, fermo a 30,1%. Numeri che già gli exit poll davano con margini evidenti fra l'una e l'altro, tanto da non lasciare spazio a forchette o dubbi di sorta. E in Calabria, rispetto all'Emilia-Romagna, l'apporto della coalizione ha giocato a favore della neo-presidente: Forza Italia si ferma a 12,4%, seguita a ruota dalla Lega (12,2%) e Fratelli d'Italia (10,8%). Buono anche l'apporto delle forze minori, con la sola lista Jole Santelli Presidente che porta a casa un discreto 8,5%. Superiore, per rendere l'idea, al 7,3% di Francesco Aiello del Movimento 5 stelle, che replica la discesa emiliana ma anche quella registrata nelle precedenti amministrative di rilievo (Umbria su tutte). Dati usciti fuori da un'affluenza di fatto identica a quella della scorsa tornata elettorale: 44,32% contro il 44,16% del 2014.
Gli sconfitti
Numeri che, a ogni modo, non sembrano ridimensionare le aspirazioni pentastellate. Archiviato (in senso temporale) l'addio di Di Maio alla leadership, è il capo politico ad interim Vito Crimi che fa il punto: “ll voto delle regionali ha sempre visto il M5s raccogliere risultati inferiori rispetto alle tornate nazionali – ha spiegato in un post su Facebook – ma va riconosciuto che in Calabria ed Emilia Romagna i risultati sono stati inferiori alle aspettative“. Nessuno scoraggiamento però, anzi un invito a guardarsi da una sensazione che Crimi segnala come strisciante: “Questa volta, viene dato per scontato il ritorno del bipolarismo, come se le elezioni in due regioni equivalessero al voto nazionale… Anche questa volta li deluderemo perché, chi dice questo, non ha capito cosa sia veramente il Movimento 5 Stelle, del perché siamo nati e quali sono gli ideali che ci guidano e ci rendono diversi da tutti gli altri. Non ci arrendiamo”.
La voce del centrodestra
Chi prende atto della sconfitta emiliana è anche Matteo Salvini, ma su toni diametralmente opposti. Già in nottata il leader della Lega, soddisfatto del risultato ottenuto da Borgonzoni e prodigo, in mattinata, di commenti relativi al possibile riflesso che gli abissali margini fra dem e M5s potrebbero avere all'interno della maggioranza: “Non la vedo felice né per Pd né per 5Stelle perché il centrodestra ha preso il 55% in Calabria e il 45 in Emilia-Romagna. Al governo ora ci sono due forze politiche di cui una in enorme difficoltà, ma non sta a me commentare… Non occorre uno scienziato per capire che se i cinque stelle perdono tre quarti dei loro voti che passano alla sinistra. Ma questo è un problema tutto interno alla maggioranza”. Sul tema della partita equilibrata in Emilia dopo settant'anni, a Salvini ha fatto eco la leader FdI Giorgia Meloni: “Abbiamo raddoppiato i voti, siamo passati dal 4% delle Europee all’8, forse al 9%, lo vedremo alla fine dello spoglio. Per noi è una vittoria, un risultato straordinario”.
I dem: “Successo netto, giusto modificare l'asse del governo”
Visto che la partita emiliana ha assunto i lineamenti della sfida cardine nella doppia tornata elettorale, è qui che il centrosinistra fa i suoi conti, una volta messa da parte la soddisfazione del dopo voto: “È giusto che oggi si usi questo risultato per modificare l'asse politico del governo su molte questioni – ha spiegato il vicesegretario dem Andrea Orlando su Radio Capital -. Ad esempio il M5S, dopo questa severa sconfitta, dovrebbe rinunciare a un armamentario che non paga elettoralmente e che rende difficile l'attività di governo. Ad esempio, sulla questione della giustizia dovrebbe esserci una disponibilità al confronto superiore a quella che c'è stata finora”. A stretto giro arriveranno le parole del segretario Zingaretti che, per il momento, ha preso atto della vittoria e lanciato “un grazie immenso” alle Sardine per aver riportato la gente alle urne. Dato inizialmente non scontato ma, visto il 67,7% finale, più 30% rispetto al 2014, da leggere come un vero e proprio boom. Anche per questo, nel tracciare il nuovo profilo dem, anche Orlando cita il movimento di piazza protagonista degli ultimi mesi: “Il Pd è di nuovo il primo partito – dopo due tornate in cui in Emilia-Romagna era molto distante dall'esserlo. Dopo due scissioni, siamo il partito di maggioranza relativa con una crescita significativa. Ora bisogna andare a un momento riformativo. Penso che questo sia un passaggio giusto. C'è bisogno di aprire il partito e di rimettere in discussione gli organismi dirigenti… Senza la mobilitazione della società il Pd non avrebbe vinto. Anche con la scampanellata finale, Salvini è riuscito a mobilitare un elettorato di centrosinistra astensionista, che anche in Emilia era vasto”.