Ci tenevo a venire in questa casa perché ne ho sentito parlare molto, vedo che qui si riaccende una speranza per chi l'aveva persa completamente, si riattiva un percorso di vita che dovrebbe essere normale per tutti ma che tale non è per le vittime di tratta”. Sono queste le parole con cui il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, si è rivolta alle giovani donne, salvate dal racket della prostituzione schiavizzata, che vivono nella casa protetta gestita da don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, da anni impegnato nella lotta contro la tratta delle donne finalizzata allo sfruttamento sessuale, e direttore del quotidiano online In Terris. Alla visita, che si è svolta in maniera privata, hanno partecipato il Capo della Polizia, dott. Franco Gabrielli, il Capo di Gabinetto, dott. Matteo Piantedosi, il prefetto di Ancona, il dott. Antonio D'Acunto, l'arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, Monsignor Francesco Massara, il sindaco della città di Fabriano, Gabriale Santarelli e le altre autorità della regione.
Il ministro Lamorgese: “Vi fa onore l'impegno nell'aver salvato queste donne”
“Io immagino la difficoltà che don Aldo e, prima di lui, don Benzi, hanno incontrato per togliere dalla strada le ragazze, perché dietro a questo fenomeno c'è la criminalità organizzata, e quindi ci sono dinamiche complesse che vanno ben oltre l'andare a strappare una donna dalla strada, andandola a prendere con la macchina per poi portarla in un luogo protetto – ha sottolineato il Ministro -. Togliere una giovane vittima dalla strada significa per il racket perdere una risorsa, una fonte di guadagno. Quindi, vi fa veramente onore l'impegno nel salvare queste donne. Posso immaginare anche le sofferenze che hanno passato, come alcune di quelle ascoltate: l'essere arrivate in Italia con la promessa di un lavoro dignitoso poi rivelatasi falsa. Fare un percorso di rinascita in una comunità come questa dove c'è il rispetto della persona significa riconquistare fiducia in se stesse perché le ragazze accolte vengono trattate come esseri umani, con bisogni, desideri, speranze. Il fatto di riuscire da parte di don Aldo a cancellare i segni della violenza che hanno nel cuore è una cosa molto importante. Ma c'è bisogno di più – ha affermato il ministro -, e cioè di intervenire anche a livello normativo. Dobbiamo fare sempre di più a livello di governo per combattere il crimine. E' difficile far entrare in certi ambienti la cultura del rispetto della donna, dell'essere umano. Nella criminalità organizzata, dove esiste solo il culto del denaro, si esce da una dinamica normale e si entra in quella straordinaria dove i valori umani sono zero. Le nostre Forze di Polizia danno grande attenzione alla formazione. Il Capo della Polizia ha investito forti risorse economiche e umane in tal senso, e gli operatori di polizia danno grandi esempi di impegno ed eroismo. Siamo contenti di essere venuti qui perché questo è un luogo che va visitato e ne è valsa la pena per portare tutta la nostra vicinanza a don Aldo e a tutta la Comunità Papa Giovanni XXIII sparsa nel mondo e per assicurare che per voi le porte del Viminale sono sempre aperte“.
Don Buonaiuto: “Le persone non si possono acquistare per nessun motivo”
Ad accogliere il ministro dell'Interno è stato don Aldo Buonaiuto che ha spiegato come la casa sia una delle diverse centinaia volute da don Oreste Benzi, fondatore dell'Apg23. “Siamo presenti in circa 45 Paesi nel mondo e accogliamo migliaia di poveri. Questa è una casa che ha 20 anni e sotto questo tetto sono passate circa 700 donne vittime di tratta. In Italia – grazie all'infaticabile opera di recupero e di liberazione portata avanti da don Oreste – sono state liberate e accolte dall'Apg23 circa 7 mila schiave della tratta“. Il sacerdote di frontiera ha anche ricordato come nel 2000 don Benzi fece una proposta di legge che si rifaceva al “modello nordico“: punire il cliente per disincentivare la domanda. “Le persone non si possono acquistare, mai, neppure a fini sessuali. Il 37% delle ragazze sulle strade è minorenne, molte sono in attesa: io incontro donne anche al settimo o ottavo mese di gravidanza. Noi continuiamo a chiedere che l'Italia adotti il 'modello nordico' così come hanno fatto la Francia e i Paesi nordici, a partire dalla Svezia diversi anni fa, al fine di colpire la domanda. Crediamo che sia un salto di mentalità importante: l'uomo sa che la donna è vulnerabile ed è una persona da difendere, mai da colpire, neanche da sfiorare – ha detto don Aldo Buonaiuto -. In questo tempo in cui si parla sempre più di violenza sulle donne, è triste vedere che ci si dimentica delle schiave della prostituzione. Lo dissi l'anno scorso al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato non solo ascoltò con grande coinvolgimento il nostro appello, ma dedicò la scorsa Giornata della Donna alle vittime della tratta, sotto lo slogan 'Mai più schiave'”.
L'appello
“Il nostro appello è che si possa continuare a dare voce a queste donne, perché soltanto con l'aiuto di tutti, in primis delle istituzioni, possono avere una speranza di vita – ha ribadito don Buonaiuto -. Penso a quelle che sto incontrando in queste notti, ferme per ore lì al gelo, ammalate o con tanti problemi. Avere qui il Capo della Polizia è un onore e una grande occasione. Le forze dell'ordine ci sono state sempre accanto e auspichiamo che si possa essere sempre più incisivi a favore della liberazione delle schiave. Un grazie sentito anche al Capo di Gabinetto dott. Matteo Piantedosi e al Prefetto dott. Antonio D'Acunto”
Il servizio antitratta
“Nessuna donna nasce prostituta. C'è sempre qualcuno che ce la fa diventare”, diceva Don Oreste Benzi. Con questo spirito, nel 1990 don Oreste, fra i primi in Italia, inizia il suo impegno per liberare le donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione sulle strade di Rimini e del litorale adriatico. La tratta di esseri umani a scopo di prostituzione è un giro di affari globale, un traffico internazionale illegale molto ben organizzato ed estremamente redditizio, con cifre da capogiro: le “industrie del sesso” sono ormai diventate delle vere e proprie multinazionali. Per combattere questa moderna schiavitù la Comunità, fin dai primi anni ‘90, ha istituito il Servizio Antitratta e ha dato inizio all’esperienza della “condivisione di strada”: gruppi di contatto che incontrano le donne costrette a prostituirsi in strada per proporre loro, una volta instaurato un rapporto di fiducia, una via d’uscita, ovvero l’accoglienza in una struttura comunitaria. La Comunità è stata la prima associazione in Italia a farlo, accogliendole e creando delle case apposta per loro, dove potessero recuperare la dignità negata.
Le testimonianze
Le vittime della tratta sono ragazze giovanissime, molte delle quali minorenni (alcune ancora bambine) cresciute in contesti difficili di emarginazione e povertà e desiderose di una vita migliore, raggirante da “reclutatori” con la falsa promessa di un lavoro dignitoso per poter aiutare la famiglia. Lo dimostra la testimonianza di una vittima della strada salvata da don Aldo. “Mi chiamo Blessing e ho 22 anni – esordisce la ragazza. Sono partita dal mio Paese, la Nigeria, quando avevo 17 anni. Ho creduto ad una offerta di lavoro e invece ho incontrato uomini cattivi, criminali. Quel viaggio fino in Libia è durato qualche mese e non potrò mai dimenticare tutte le violenze che ho vissuto e le tante cose brutte che ho visto fare a bambine più piccole di me. In Libia e poi in Italia ho capito chi sono gli schiavi: io sono diventata una schiava…una merce di piacere per uomini sporchi e schifosi. Sono stata costretta a stare sulla strada con tanto freddo, seminuda, senza mangiare e con le torture nel corpo e nella mia mente. Ogni giorno ho pianto tanto e pregavo Dio che mi portasse via: meglio morire che stare lì”.
Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù
“Quando in uno dei Venerdì della Misericordia durante l'Anno Santo Straordinario sono entrato nella casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, non pensavo che lì dentro avrei trovato donne così umiliate, affrante, provate. Realmente donne crocifisse”. Così Papa Francesco nella prefazione del libro di don Aldo Buonaiuto “Donne Crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada” edito da Rubbettino. “Senza fermare una così alta domanda dei clienti – prosegue il Pontefice – non si potrà efficacemente contrastare lo sfruttamento e l'umiliazione di vite innocenti. Nella stanza in cui ho incontrato le ragazze liberate dalla tratta della prostituzione coatta, ho respirato tutto il dolore, l'ingiustizia e l'effetto della sopraffazione. Qualsiasi forma di prostituzione – conclude Francesco – è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l'amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme”.