Allarme egoismo nel post-pandemia. “In genere quando si ha paura, non si diventa più solidali e l’insicurezza per il futuro è ciò che caratterizza oggi gli italiani”, afferma a Interris.it il sociologo Giuseppe De Rita. “Durante il lockdown hanno prevalso la solidarietà e il senso di responsabilità- aggiunge il professor De Rita-. Siamo stati solidali nel momento più acuto della pandemia. Nei fatti gli italiani si sono comportati bene nel lockdown. L’egoismo ha ceduto il passo alla solidarietà. Terminato il lockdown la situazione è radicalmente cambiata“.
La prevalenza dell’egoismo
Il pericolo sociale è l’egoismo. “Durante il periodo più allarmante dell’emergenza sanitaria, siamo stati solidali nel senso che gli italiani si sono sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda– evidenzia il fondatore del Censis (Centro studi investimenti sociali)-. Nel lockdown i comportamenti sono stati generalmente orientati da condivisione e solidarietà, nel senso che si è avvertita la comune esperienza di fronteggiare una situazione di eccezionale gravità. Adesso è tutto più misterioso e difficile da decifrare. Non c’è più la stessa necessaria tranquillità del lockdown, ma non può ovviamente esserci un reale ritorno alla normalità perché il virus circola ancora. Siamo in un limbo di egoismo individuale”.
In ascolto del Paese
Lungo sei decenni nessuno ha ascoltato e analizzato il Paese meglio di Giuseppe De Rita Dal 1955 al 1963 è stato funzionario della Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno), di cui è stato responsabile della sezione sociologica dal 1958 al 1963. Nel 1964 ha fondato il Censis (Centro studi investimenti sociali), di cui è stato consigliere delegato per dieci anni e poi segretario generale dal 1974. E’ stato presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) dal 1989 al 2000 e della casa editrice Le Monnier dal 1995 . Ha scritto decine di fondamentali saggi sulle condizioni e le linee di sviluppo della società italiana.
Egoismo per paura
“Dal lockdown si è usciti con un sentimento diffuso di paura– sottolinea De Rita-. Dentro di sé ciascuno avverte un logorante timore per il futuro. Nei prossimi mesi è prevedibilmente destinata a crescere l’insicurezza. Non è che siamo usciti da un lockdown solidale continuando sulla stessa strada di solidarietà. Da settembre avrà la meglio la voglia personale di sopravvivere. Dopo la pandemia resta solo la forza con cui si è voluti restare attaccati alla vita. Appunto l’istinto di sopravvivere. Anche economicamente”. Secondo De Rita una società prigioniera del presente non progetta futuro e non ha memoria del passato. Cova rancori e paure, riuscendo solo ad adattarsi. Al desiderio sostituisce le pulsioni, al progetto l’annuncio, alle passioni le emozioni. Diventa una società rattrappita. “La schiavitú del presente ha portato perfino a un mutamento antropologico dell’uomo occidentale- sostiene il sociologo-. Nella vita privata, nella sfera dei sentimenti, delle relazioni, dei rapporti umani e nella dimensione pubblica, dalla politica all’economia, dalle istituzioni alle imprese”. Il “presentismo”, come lo definisce il fondatore del Censis, ratifica “il primato della tecnologia che domina e ci domina, della finanza senza redistribuzione della ricchezza”. Assembla il virtuale in un’eterna connessione e rende opaco il reale, “fino a farlo sfumare“. Lascia senza risposte le due grandi domande del mondo globalizzato: la sicurezza e la possibilità di crescere nel benessere. “Ma da questa prigione si può uscire, se partiamo dalla consapevolezza di quanto siamo ormai scollegati dal passato e dal futuro. E come diceva Camus ‘il senso della vita è resistere all’aria del tempo‘”, osserv il professor De Rita.
Boom di risparmi
“Ciò a cui assistiamo adesso è l’aumento dei risparmi- evidenzia il professor De Rita-. La gente non consuma e tende a risparmiare sempre di più. C’è una tendenza generale al ripiegamento collettivo sui risparmi. Cresce la paura del futuro e cresce l’attitudine a risparmiare. E così il post-pandemia si struttura come una fase molto legata all’egoismo individuale“. Durante la sua lunga militanza di osservatore della società italiana, come fondatore e presidente del Censis, Giuseppe De Rita ha spesso fatto ricorso alle categorie del continuismo e della discontinuità per interpretare le diverse fasi che hanno contrassegnato l’evoluzione della storia del nostro paese. Nel suo ultimo libro “Come cambia l’Italia. Discontinuità e continuismo”, il sociologo legge gli eventi recenti alla luce del passato, preceduto dal “consolato guelfo”. Un’ipotesi di governo per il futuro per coniugare le spinte individuali e insieme collettive della società italiana.