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Covid-19 e pedofilia: il lockdown fa crescere gli adescamenti

Con la seconda ondata della pandemia causata dal coronavirus e il conseguente lockdown, sono molti i giovani che si ritrovano a passare la maggior parte del loro tempo davanti a un pc o a un tablet. In un articolo a firma del dottor Daniele Onori, pubblicato sul portale del Centro Studi Livatino, viene lanciato l’allarme per l’aumento delle realtà criminali che adescano minorenni sul web a scopo di abuso sessuale. Riportiamo in forma integrale l’articolo del dottor Onori.

L’articolo

1. Fra la realtà criminali che hanno trovato nella rete nuovi ambiti d’espressione e rinnovati strumenti di realizzazione vi è l’abuso sessuale sui minori. L’avvento dei nuovi media ha concorso a far crescere una dimensione virtuale della pedofilia, basata sullo scambio di materiale pedopornografico, sulla creazione di comunità virtuali a sfondo pedofilo e sui tentativi di adescamento on line di minore. Si tratta di realtà criminali diffuse da tempo, che grazie alle tecnologie dell’informazione hanno assunto caratteristiche nuove, per alcuni aspetti difformi dai tradizionali profili dell’abuso sessuale[1].

Il Web è divenuto luogo di adescamento sessuale, favorito dall’anonimato e dalla possibilità di assumere identità camaleontiche, tanto da farvi cadere bambini e adolescenti[2]. La diffusione in Italia della connettività e l’attrattiva esercitata dai social network hanno spinto progressivamente gli abusanti a privilegiare i contatti via web, anche per la poca discrezione e la scarsa diffidenza che le nuove tecnologie inducono nei ragazzi, spesso poco controllati dai genitori e labilmente consapevoli della qualità e della quantità di informazioni personali accessibili in rete.

La localizzazione automatica di foto e post sui social, l’abitudine alla condivisione di informazioni private, la connessione h24, rendono la navigazione e la socializzazione online realmente rischiose, unitamente alle nuove piattaforme di gioco on line [3]. La sensazione di sentirsi maggiormente sicuri davanti allo schermo del computer rispetto a un incontro nel mondo reale, unita alla immaturità e alla curiosità sessuale, porta i minori ad abbassare la guardia rispetto ai contatti e alle richieste da parte di sconosciuti, e ad adottare comportamenti come la pubblicazione di informazioni riservate (l’indirizzo di casa), la condivisione di immagini personali o c.d. selfie a sfondo sessuale, l’accettazione dell’invito a un appuntamento nel mondo reale da un presunto coetaneo [4].

2. L’adescamento dei minori (child-grooming) è sempre esistito: è un processo di interazione mediante il quale un soggetto, di regola un adulto, instaura un rapporto comunicativo condizionante con un minore per carpirne con l’inganno o la minaccia il consenso, e portarlo a “cooperare artificiosamente” alla realizzazione di atti sessuali o al suo stesso sfruttamento.

La legislazione nazionale[5] sugli abusi sessuali sui minori è relativamente recente: solo con la L. n. 66/1996 l’ordinamento ha fatto proprio il tema della violenza sessuale, mettendo al centro della tutela lo stesso minore violato. Due anni dopo è stata emanata la L. n. 269/1998 recante le norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale: essa rappresenta un passo in avanti nei confronti dei temi legati alla prostituzione minorile, alla pedofilia e alla pedopornografia, e inserisce dopo l’articolo 600 gli articoli da 600-bis a 600-septies cod.pen.

Nel panorama europeo, numerosi interventi contrastano questi odiosi fenomeni: la Convenzione di Budapest[6], la Decisione quadro n.2004/68/GAI successivamente riformata dalla Direttiva n.2011/93/UE, e infine la Convenzione di Lanzarote[7], che ha introdotto numerose modifiche per prevenire e combattere lo sfruttamento e l’abuso sessuale di minori, con la fattispecie di “adescamento di minorenni”, e condotte riguardanti il reato di “’prostituzione minorile”.

3. Ai tempi del Covid 19 e del lockdown pure la pedofilia corre a distanza. Ha A lanciato l’allarme, con un’intervista su La Stampa, don Fortunato Di Noto, sacerdote fondatore dell’associazione Meter per il contrasto alla pedopornografia. La chiusura forzata nelle case di milioni di bambini e adolescenti ha segnato un incremento degli adescamenti on line da parte dei pedofili.

Secondo don Di Noto, le segnalazioni che Meter ha inoltrato alle varie forze di polizia in diversi Stati del mondo sono aumentate del 40% durante il lockdown. Solamente nelle prime due settimane di marzo, le denunce seguite da Meter sono state 47 e le foto e i video pedopornografici intercettati sono stati ben 20.000. Addirittura su Telegram si era formato un gruppo italiano intitolato “I discepoli del pedofilo”, finito all’attenzione della Polizia postale[8].

Si inizia sempre con una richiesta d’amicizia, i più piccoli accettano con scarso timore, e poi l’adescatore cerca di consolidare il rapporto con una chat duratura, facendo credere al bambino di essere suo amico e di condividere gli stessi interessi. Quindi l’adescatore verifica, dalle risposte della vittima, l’ipotesi di controlli da parte dei genitori, e chiede al piccolo se rimane solo. Una vota consolidata una relazione di intimità con la vittima, di passa alla richiesta e all’invio di materiale pornografico. In questa fase, l’adescatore potrà provare anche a fissare un incontro in luoghi conosciuti e considerati sicuri dal bambino.

4. Nel 2019 erano già aumentate le segnalazioni di abuso sessuale off line: 70,5% contro il 67,9% nel 2018; in aumento sono anche gli abusi sessuali avvenuti in rete, in particolare l’adescamento on line: 9,6% nel 2019 contro il 6% nel 2018. La maggior parte delle vittime di abuso ha meno di 10 anni (47% dei casi), il 26% è compreso nella fascia di età 11-14 e il 27% ha dai 15 ai 17 anni; mentre il 74% delle vittime sono bambine (nel 2018 erano il 69%):è la fotografia che emerge dal dossier “Abuso sessuale e pedofilia”, relativo all’attività di Telefono Azzurro nel 2019, diffuso dall’organizzazione in occasione della Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia.

Il report raccoglie dati e testimonianze ottenuti attraverso la linea di Ascolto 1.96.96 e la linea di Emergenza 114 (chat e social network): touch point di ascolto e intervento aperti a bambini, adolescenti e a tutti coloro che hanno bisogno di segnalare situazioni di emergenza, rischio e pregiudizio riguardanti l’infanzia e l’adolescenza. Nel 2019 il Servizio 114 emergenza infanzia ha gestito 142 casi di abuso sessuale (con una media di 12 casi al mese e 3 alla settimana), che costituiscono il 5,5% del totale dei casi gestiti per tutte le motivazioni (2.567) nel corso dell’anno[9].

In Italia molti genitori lavorano al computer, collegati per diverse ore e magari contemporaneamente impegnati al telefono. I bambini, quando non sono collegati con le insegnanti o non fanno i compiti, giocano o leggono spesso sono soli nella loro stanza con il loro smartphone. I criminali della rete si inseriscono in questo terreno fertile.

5. Per contrastare e prevenire il fenomeno, oltre alle attività già svolte dalle forze dell’ordine, va incrementata un’efficace campagna di informazione rivolta soprattutto ai minori, nel rispetto e nell’ordine della loro maturità, agli insegnanti e a tutti coloro che lavorano a contatto con i bambini o con gli adolescenti.

Quanto invece agli autori di questi reati, va intensificato il lavoro di cooperazione e coordinazione internazionale: se la nostra legislazione reprime con vigore tali pratiche ciò non avviene in tutti i paesi, come accade in quelli meta di turismo sessuale. La prima sfida è proprio la crescente internazionalizzazione delle indagini, che presuppone il confronto con normative spesso dissimili, e l’interazione con realtà nazionali rispetto alle quali è ancora complessa la collaborazione giudiziaria e di polizia.

Non esiste una polizia internazionale con poteri adeguati che consentano l’accesso al controllo della rete in una forma tale da impedire a qualunque sistema o supporto di mettere nelle condizioni un utente esperto di rendersi irrilevabile o nasconderne le attività. Porzioni intere di internet (il c.d. deep web) sono occulte, almeno inizialmente, perfino per i corpi di polizia dei singoli Stati.

Nel nome dell’incondizionato rispetto della privacy, la rete è così estesa e incontrollata da consentire violazioni di siti e sistemi web super protetti. Il mancato coordinamento legislativo internazionale, frutto in alcuni casi di incomunicabilità fra i “diritti” alla base delle leggi nazionali, o più spesso della volontà di non colpire lobbies o interessi locali, ha come conseguenza l’anarchia della rete.

6. Vanno migliorate le consapevolezze dei minori che accedono alla rete; non essendo possibile de facto eliminare questi fenomeni. Anche il sistema scolastico appare poco coordinato: esistono programmi nazionali preposti a tale scopo, ma ogni singolo istituto li applica con difficoltà, senza il personale adeguato per mancanza di fondi, o con attività poco appetibili per gli studenti moderni, molto esigenti in termini didattici.

L’educazione delle famiglie, la loro sensibilizzazione, appare essere purtroppo a uno stadio ancora inferiore. Non pochi genitori italiani conoscono la rete in modo distorto, non hanno idea di dove si annidino i pericoli e non sanno insegnare correttamente     ai figli come evitarli.

Le iniziative più riuscite sembrano essere le campagne che combattono le dipendenze, e i programmi delle associazioni dedicate. Non sorprende che l’Europa arranchi nel trovare politiche unitarie e unidirezionali per il contrasto ai crimini commessi su Internet. Ci si chiede come mai, se l’impegno di Provider e social network, anche e soprattutto economico, abbia portato a sviluppi del marketing virtuale così rilevanti, non sia stato profuso altrettanto impegno nell’arginare i reati e gli abusi commessi all’interno degli stessi social. La risposta è ovvia, se si riflette sullo scopo di lucro a breve termine col quale questi soggetti operano su Internet.

 

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