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Covid: a rischio anche i gorilla

Uno studio valuta il rischio per i primati in pericolo di estinzione e suggerisce quali specie potrebbero essere usate come modello per studiare il Covid-19 e trovare terapie anche per noi uomini.

Il virus del Covid-19 è passato da una specie selvatica a noi. Qual è il rischio che da noi colpisca altre specie selvatiche, fino ad arrivare a causarne l’estinzione?
Un gruppo di ricerca, diretto dalla genetista Joana Damas, dell’Università della California a Davis, ha testato l’affinità della proteina spike del Sars-CoV-2 con la versione del recettore Ace2 presenti in 252 mammiferi, 72 uccelli, 65 pesci, 4 anfibi, 17 rettili. Il virus per aprire il recettore Ace2 usa come chiave la proteina spike. Ogni specie ha una versione di Ace2 diversa. Ed è emerso che più questa risulta essere compatibile con la proteina spike più quella determinata specie è, in teoria, vulnerabile al virus.

Più a rischio i mammiferi

È risultato che tutti i vertebrati diversi dai mammiferi sono a rischio molto più basso di infezione. Mentre i mammiferi più simili all’uomo, quali: scimpanzé, gorilla, oranghi e gibboni, presentano un Ace2 più affine alla spike del Sars-CoV-2. C’è da dire, però, che gli unici animali che risultano essersi ammalati, cani, gatti e tigri, hanno un Ace2 a “media affinità”. E, addirittura, i visoni da allevamento, che sono gli unici a essere morti sono a “bassa affinità”.
Il fatto che nell’uomo la proteina Ace2 è la serratura che permette al virus di entrare nelle cellule, non esclude che in altre specie vengano usati altri recettori, ancora da identificare. La gravità dell’infezione dipende, inoltre, da altri fattori come la risposta immunitaria e la capacità del virus di replicarsi nelle cellule. Il virologo, Calogero Terregino, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, spiega che: “La ricerca indica quali specie potrebbero infettarsi attraverso i nostri stessi meccanismi. Sono quelle che, soprattutto se a rischio di estinzione, come i gorilla, andranno tenute al riparo dal virus, anche se al momento non sappiamo quanto potrebbe essere grave in loro la malattia in base alla capacità di replicazione del patogeno nelle loro cellule e alla reazione del sistema immunitario. Inoltre lo studio ci suggerisce quali specie potrebbero essere usate come modello per studiare il Covid-19 e trovare terapie: criceto e pecore, per esempio hanno un’Ace2 simile alla nostra”.
Un terzo rischio, secondo la ricerca, è che noi possiamo contagiare animali domestici e che questi poi contagino altre persone.

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