Il dottor Claudio Puoti, infettivologo ed epatologo nonché responsabile del Centro di epatologia Istituto INI di Grottaferrata, aiuta Interris.it a fare chiarezza sul Coronavirus proprio nelle ore in cui il virus si è esteso sul tutto il territorio nazionale mettendo a rischio la tenuta dell’intero sistema sanitario: “Il rischio è che vengano a ridursi le attenzioni, le disponibilità, i posti letto per tutte le altre patologie, che non sono certo scomparse”.
Dottor Puoti, il Coronavirus è arrivato a Roma con una certa rilevanza. Ritiene che anche nella capitale si adotteranno misure simili alle zone rosse?
“A Roma ci sono ambasciate, ministeri, enti pubblici, numerose università italiane e straniere, turisti.. Al momento abbiamo relativamente pochi casi rispetto alla popolazione della città, ma è ipotizzabile una prossima diffusione analoga a quella registrata al Nord. C’è da dire però che ormai esiste un altissimo livello di attenzione e conoscenza rispetto alle zone rosse di qualche settimana fa, dove il sistema è stato colto all’improvviso. Laddove però il CoV2 iniziasse a diffondersi con la stessa rapidità, allora si dovrebbero prendere provvedimenti analoghi. Va tuttavia sottolineato che non tutti a Roma stanno agendo secondo le indicazioni istituzionali e scientifiche, e questo è molto grave”.
Ad esempio?
“Alcuni locali di Roma agiscono già nel pieno rispetto delle raccomandazioni scientifiche, hanno ridotto i numeri di posti, garantita la distanza di sicurezza prescritta, contingentato gli ingressi dei clienti. Purtroppo sono una esigua minoranza. Altri gestori invece si comportano come se il problema non esistesse, continuano ad ammassare clienti in spazi esigui, senza la minima considerazione delle distanze di sicurezza e nel totale disprezzo delle indicazioni delle autorità competenti. Questi locali potrebbero essere una delle principali cause della diffusione del virus a Roma. A mio parere c’è una decisione che va presa immediatamente: estendere a tutto il territorio nazionale il disposto dell’ art.2, comma 1, lettera h, del DPCM 1 marzo 2020 che consente “lo svolgimento delle attività di ristorazione, bar e pub, a condizione che il servizio sia espletato per i soli posti a sedere e che, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali, gli avventori siano messi nelle condizioni di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro”. Ad oggi queste norme sono valide solo in alcune regioni e province del Nord. A mio parere è indispensabile che siano allargate a tutti i locali d’Italia con sanzioni pecuniarie per i gestori che non rispettino le norme, e rigorosi accertamenti da parte delle forze dell’ordine e autorità preposte, con possibilità di ogni cittadino di segnalare gli abusi. La situazione è seria e non si può assolutamente consentire che qualcuno scherzi col fuoco mettendo e repentaglio la salute pubblica”.
Negli ultimi giorni continuano ad arrivare notizie di sbarchi di poveri migranti. Lei ha lavorato lungamente sulle navi della Marina Militare italiana in particolare su Navi San Giusto, San Giorgio, Comandante Borsini, Cassiopea. Si adottano particolari misure sulle navi militari?
“È utile ricordare che il CoV2 è arrivato in Europa tramite cittadini europei, non con i barconi dei migranti. Mi sembra che sia molto più semplice il controllo di poche decine di persone che arrivano via mare che non dei milioni di cittadini che vivono in aree iperaffollate del continente europeo. Vorrei anche sottolineare che io ho effettuato alcune missioni mentre in Africa era esplosa l’epidemia di Ebola, ben più terribile, e che noi soccorrevamo anche persone provenienti da quell’area. Nonostante le polemiche e le paure di allora, nessun caso di Ebola è stato mai registrato in Europa, e i dispositivi di sicurezza che adottavamo allora e si adottano oggi erano del tutto sufficienti a garantire la protezione degli equipaggi e degli operatori sanitari”.
Il Covid-19 ha scosso anche l’Iran e le popolazioni del centro Africa. Il sistema sanitario di quei paesi è in grado di fornire la giusta assistenza ai malati?
“L’Africa non è un’area omogenea: ci sono paesi che sono stati capaci di controllare la terribile epidemia di Ebola e che sapranno fare ancora meglio con il SARS-CoV2, così come ci sono zone disastrate da un punto di vista sanitario. In più in Africa ci sono più o meno un paio di milioni di cinesi.. Ciò premesso, è impossibile che il virus non si diffonda prima o poi in Africa, ma questo non dovrebbe peggiorare l’aspetto epidemiologico italiano ed europeo. Non conosco le strutture sanitarie iraniane, ma ritengo che anche in quel paese ci possano essere strutture di buon livello, come ospedali carenti da ogni punto di vista. Dipenderà dal numero di casi e dalla rapidità di diffusione della malattia”.
L’Italia ha ricevuto il plauso dell’OMS, le misure di emergenza prese dal governo sono in linea con i pareri scientifici?
“Dopo un periodo iniziale di confusione, del tutto comprensibile rispetto ad un fenomeno nuovo e di questa portata, il nostro paese si è mosso al meglio, adottando le misure raccomandate dagli esperti, che io personalmente condivido in pieno, e facendo da guida per gli altri paesi europei che progressivamente stanno prendendo le stesse cautele”.
Secondo il parere degli esperti il nostro sistema sanitario, soprattutto per quanto riguarda i reparti di terapia intensiva, è in seria difficoltà. Saremo in grado di sopportare l’emergenza in caso questa si prolunghi?
“Assolutamente sì, se si considera solo il problema del CoV2. Sono previste nuove assunzioni di medici e infermieri, aumento dei posti letto di terapia intensiva, task force di emergenza. Il rischio è che vengano a ridursi le attenzioni, le disponibilità, i posti letto per tutte le altre patologie, che non sono certo scomparse”.
L’ultimo dato registra il 12% dei medici in prima linea che hanno contratto il virus, quali misure bisognerebbe prendere per tenerli maggiormente al sicuro?
“Nel nostro lavoro il rischio è costantemente presente. Io credo che medici e infermieri per primi devono assumere tutte le cautele necessarie, a cominciare dalla appropriata utilizzazione dei Dispositivi di Protezione Individuale, che però devono essere disponibili in ogni struttura e continuamente garantiti come fornitura”.
I virologi a livello comunitario sono concordi sulla natura del COVID-19 e hanno eleborato delle strategie a livello europeo?
“Sì. ormai vi è una totale omogeneità di opinioni e l’EuCdC, Agenzia Europea per il Controllo delle Malattie, ogni giorno emana indicazioni e disposizioni”.
Gli anziani sono i più colpiti perché? Cosa dovrebbero fare per proteggersi?
“L’età avanzata comporta di per sé una riduzione delle difese immunitarie. A ciò si aggiunga che gli anziani possono soffrire di numerose co-patologie (cardiache, respiratorie, renali, metaboliche) che ne aumenta la letalità. Ciò vale per ogni malattia infettiva che colpisca un anziano, a cominciare dall’influenza. È necessario che le persone anziane rimangano in casa, evitando contatti non solo con l’esterno, ma anche visite di amici e parenti, e soprattutto di nipotini. È una misura sicuramente drastica, ma può salvare la vita. Approfitto della sua disponibilità per lanciare un appello a tutte le persone di buona volontà, perché possano aiutare gli anziani che vivono soli e sono chiusi in casa per le esigenze quotidiane , come provvedere alla spesa, pagare le bollette, ritirare del denaro se necessario, e via dicendo”.
I bambini sembrano essere portatori sani, ma si è registrato almeno un caso di bimbo con coronavirus. In questi difficili giorni in cui le scuole sono chiuse, come bisogna gestire la salute dei più piccoli?
“Abbiamo ad oggi solo un caso di bimbo contagiato e sintomatico. Ne deriva che c’è una possibilità, sia pur remota, che anche i bimbi possano ammalarsi. Di conseguenza i genitori devono porre la massima attenzione: è del tutto inutile chiudere le scuola se poi i bambini vengono portati a spasso in centri commerciali affollatissimi”.