Coronavirus, la supplica a Padre Pio e l’Ave Maria dai balconi

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Gli aderenti ai “Gruppi di preghiera di Padre Pio” e “tutti i devoti del Santo” potranno ricorrere alla sua intercessione, in questo periodo di emergenza, per ottenere la fine del flagello del coronavirus, con le parole di una specifica supplica, appositamente scritta dall’arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, padre Franco Moscone, che è anche presidente di Casa Sollievo della Sofferenza e direttore generale dei Gruppi di preghiera. Il presule l’ha letta per la prima volta questa sera, al termine dell’omelia, durante la Celebrazione Eucaristica vespertina da lui presieduta nella cripta del santuario di Santa Maria delle Grazie.

Il momento del trasporto di una salma al Cimitero Monumentale di Bergamo – Foto © Flavio Lo Scalzo per Reuters

Conforto e sicurezza

La Messa si è svolta a porte chiuse, concelebrata dai frati minori cappuccini del convento di San Giovanni Rotondo. Ma nei giorni precedenti l’arcivescovo aveva diffuso un appello ai Gruppi di preghiera e ai devoti di San Pio da Pietralcina, chiedendo di «unirsi spiritualmente» a lui in questa Celebrazione attraverso la diretta effettuata da Padre Pio Tv. Il presule ha iniziato la sua riflessione, visibilmente emozionato, con “una confidenza: non è facile, nella situazione in cui stiamo vivendo, neppure per un vescovo, commentare la parola di Dio e tenere l’omelia, perché ci si aspetta sicurezza, ci si aspetta conforto. Ma vi assicuro che non sono facili da trasmettere“. E ha aggiunto:”La forza viene dalla Parola del Signore e sta, per noi, anche in questo luogo che conserva le reliquie di san Pio da Pietrelcina e dove è stato collocato il Crocifisso, dinanzi al quale ricevette le stimmate”. Prima di addentrarsi nel commento delle letture proposte dalla liturgia della quarta domenica di Quaresima, il vescovo ha ricordato che Dio “vive di misericordia”.

La supplica a Padre Pio

Ecco il testo della Supplica: “O glorioso Padre Pio, quando ci hai costituiti Gruppi di Preghiera ci hai “affiancati a Casa Sollievo, come posizioni avanzate di questa Cittadella della carità”, e ci hai assicurato che la nostra vocazione è essere “vivai di fede e focolai d’amore, nei quali Cristo stesso è presente”. In questo tempo di pandemia diventa impossibile riunirci fisicamente come Gruppi di Preghiera, ma ognuno di noi sa di essere persona di preghiera in comunione con tantissime altre   e di molte ne conosce i nomi ed i volti. In questo tempo tragico, o glorioso Padre Pio, facci sentire che siamo veramente uniti in un solo grande Gruppo che abbraccia tutto il mondo e che si fa voce di tutte le Cittadelle di carità che lottano, soffrono e pagano con la loro professionalità per sconfiggere il male del coronavirus. O glorioso Padre Pio, fatti mediatore della nostra preghiera presso il Cristo Crocifisso, da cui sei stato costituito cireneo dell’umanità. Attraverso la tua mediazione vogliamo intercedere: per le persone colpite dal virus  e per quelle che per questo flagello hanno lasciato questo mondo: “feriti e caduti” di una guerra giunta improvvisa e senza essere dichiarata; per le famiglie dei defunti e dei malati, segnate nei legami più cari e in apprensione: “vittime inermi” di un nemico giunto come un ladro a modificare gli affetti e le relazioni; per chi è costretto all’isolamento in quarantena: esperienza quasi di “arresti domiciliari”, non per una colpa commessa, ma toccato da un avvenimento incomprensibile, magari infettato mentre compiva il proprio dovere professionale; per i medici di famiglia e gli operatori del primo soccorso: in “trincea”, con poche sicurezze e, a volte, senza mezzi a combattere un nemico invisibile; per i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari e i lavoratori tutti dei presidi ospedalieri: “campi di battaglia” senza orari, turni e con forze che sembrano diminuire; per i responsabili della vita civile, governanti ed amministratori: leaders in tempi calamitosi, obbligati ad assumere decisioni che appaiono amare e impopolari; per il mondo dell’economia, per i lavoratori, gli operai e gli impenditori di tutte le categorie, che vedono indebolita la loro attività e temono per la resistenza delle loro imprese: toccherà a loro la ricostruzione al termine di questa “guerra”; che si rafforzi in loro la creatività ed il senso del bene comune; per i dimenticati: anziani e persone che vivono sole, mendicanti e homeless, tutte categorie rimaste come “escluse” dai circoli relazionali, che già erano in difetto e labili nei loro confronti; per gli ultimi che non appaiono più nell’informazione giornalistica e televisiva: gli emigranti, i rifugiati, chi rischia la vita attraversando sui barconi il “nostro mare”: tutti questi esistono ancora, come prima, e continuano il loro Calvario; per ognuno di noi, che vive questo tempo col cuore ferito, ma sa che soprattutto in una situazione come questa deve essere ancora di più vivaio di fede e focolaio d’amore.  Aiutaci, o glorioso Padre Pio, a intercedere per tutte queste persone: sono la carne di Cristo, sono l’Eucaristia, che in questi giorni non possiamo ricevere; sono l’Eucaristia vivente, fatta persona debole e sofferente, sul loro volto risplende il Volto del Figlio di Dio, il dolcissimo Gesù Crocifisso e Risorto. Amen!

Flash mob mariano

Dedicare un momento unitario della giornata alla preghiera: è l’iniziativa di don Aldo Buonaiuto, sacerdote di froniera della Comunità Papa Giovanni XXIII. “Belli i flash mob canori dai balconi, però è anche il caso di proporre la recita un’Ave Maria (in un momento unitario, ogni sera alle 19.30, con una luce in mano) per chi sta piangendo i propri morti, per quanti combattono contro un mostro invisibile e per coloro che cercano un significato alla loro esistenza ora che l’incolumità è in pericolo“. E aggiunge don Buonaiuto:”I cappellani e le suore impegnati in prima linea a supporto di medici e infermieri, sono l’emblema di una “resistenza 2.0“, nel pieno di un’allerta da cui usciremo comunque modificati. Il cambiamento deve iniziare dentro di noi, a partire da una pratica meno formalistica e più sostanziale della fede“.

Sergio Galeazzi: