Gli indici di sentiment sull’attività imprenditoriale e di fiducia, che a marzo risultano a essere in flessione, “preannunciano rilevanti ripercussioni sull’effettiva capacità di tenuta delle imprese nei prossimi mesi”. A sostenerlo è il Centro studi di Confindustria nell’indagine sulla produzione industriale, che stima con gli effetti della guerra un calo dell’1,5% a marzo e del 2,9% nel primo trimestre 2022.
Produzione industriale in frenata
Gli effetti della guerra dunque fermano la produzione industriale italiana che a marzo scende dell’1,5%, dopo il rimbalzo di febbraio (+1,9%). Di conseguenza, nel primo trimestre dell’anno il Csc stima una diminuzione della produzione industriale del 2,9% rispetto al quarto trimestre del 2021, che “inciderà negativamente sulla dinamica del Pil”.
“Shock di offerta che colpisce attività economiche”
Le dinamiche inedite dei prezzi delle commodity, sottolinea il Csc, con particolare riferimento al rincaro del gas naturale che esibisce tassi di variazione a 4 cifre (+1.217% in media nel periodo del conflitto sul pre-Covid) e quello del Brent, che è a 3 cifre (+104%), “misurano l’ordine di grandezza dello shock di offerta che sta colpendo l’attività economica italiana ed europea”.
In calo gli ordini
Tornando ai risultati dell’indagine rapida, gli ordini in volume diminuiscono a marzo dello 0,8% su febbraio, quando erano scesi dello 0,1% su gennaio: “Dati molto negativi per le prospettive della produzione da aprile”, si legge. Dopo l’intensa caduta registrata a gennaio (-3,4%), il parziale recupero di febbraio è dovuto prevalentemente a un effetto base di rimbalzo statistico.
Netto peggioramento congiunturale
Il deflagrare del conflitto ha accentuato da fine febbraio l’incidenza dei fattori che ostacolavano l’attività economica e produttiva italiana, già prima della guerra (rincari delle materie prime, scarsità di materiali). Ne è derivato, quindi, un netto peggioramento congiunturale che trova conferma nel calo di fiducia delle imprese registrato a marzo, a 105,4 da 107,9 di febbraio, e nella flessione del Pmi manifatturiero (a 55,8 da 58,3 del mese scorso). A questo si aggiunge una sensibile diminuzione nei giudizi e nelle attese di produzione delle imprese manifatturiere, il cui valore non toccava livelli cosi’ bassi da giugno dello scorso anno.
Gli aumenti di energia e materie prime
Il Csc sottolinea, inoltre, che un’indagine condotta presso le imprese associate a Confindustria evidenzia che 9 aziende su 10 nel campione giudicano come molto importanti, tra i principali ostacoli determinati dal conflitto, non solo gli aumenti del costo dell’energia, ma anche quelli delle altre materie prime, mentre le difficoltà di approvvigionamento riguardano quasi 8 imprese su 10.
A fronte di tali problemi, il 16,4% delle imprese che hanno risposto ha già ridotto sensibilmente la produzione. Il peggioramento dell’indice di incertezza della politica economica, che per l’Italia è salito a 139,1 a marzo da 119,7 di febbraio (+38,4% rispetto al quarto trimestre del 2021), “accresce i rischi di un pesante impatto sul tessuto produttivo italiano e di un significativo indebolimento dell’economia nella prima metà del 2022”, conclude il Csc.