Stamattina le comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo del prossimo 15 e 16 dicembre. La seduta, iniziata alle 9:30, è stata sospesa fino alle 9:50. Meloni ha parlato dai banchi del governo, dove era presente una nutrita presenza di ministri e sottosegretari, tra i ministri Lollobrigida e Casellati. L’intervento della Presidente si è concluso alle 10:28.
Il discorso di Giorgia Meloni alla Camera
Signor Presidente, onorevoli Deputati, il Consiglio europeo del 15 dicembre – un appuntamento molto importante, per le materie cruciali che saranno all’ordine del giorno del dibattito – sarà il primo nel quale l’Italia verrà rappresentata dal nuovo Governo. Tuttavia, non è il nostro primo impegno internazionale, al livello dei leader, avendo io già partecipato, come sapete, alla Cop27 di Sharm El Sheik, al G20 di Bali, al Vertice dei Paesi dei Balcani Occidentali di Tirana, e alla videoconferenza del G7 nella giornata di ieri. E non sarà la mia prima presenza a Bruxelles da Presidente del Consiglio, perché come è noto il Governo, lo scorso 3 novembre, si è recato in missione istituzionale a Bruxelles per incontrare i vertici delle Istituzioni europee, ovvero Presidente del Parlamento Europeo, Presidente della Commissione europea e Presidente del Consiglio europeo. Non è stato un caso che il mio primo viaggio istituzionale all’estero da Presidente del Consiglio fosse presso le istituzioni dell’Unione Europea, non è stato un caso è stata una scelta. Che muoveva da una consapevolezza da una convinzione: la consapevolezza che, alla prova dei fatti, non sarebbe stato difficile dimostrare quanto la realtà di questo Governo fosse distante da un certo racconto disfattista, e interessato, che era stato fatto all’estero alla vigilia della sua nascita e la convinzione che l’Italia debba e possa giocare un ruolo da protagonista in Europa, nell’interesse dell’intera Unione ma avendo sempre, come stella polare, la difesa del proprio interesse nazionale.
Vedete, colleghi, noi abbiamo sempre dibattuto, a volte con decisione veemenza, attorno all’ipotesi che in Italia dovesse esserci “più o meno Europa”. Quasi mai, invece, ci siamo chiesti se in Europa dovesse esserci più o meno Italia. Ecco, l’obiettivo di questo Governo è avere più Italia in Europa, in condizione di pari dignità con gli altri Stati membri, come si conviene ad una grande Nazione fondatrice. Significa non limitarsi a ratificare le scelte a valle, ma contribuire a definire quelle scelte a monte, far sentire forte la voce della nostra Nazione per a indirizzare l’integrazione europea verso risposte più efficaci alle grandi sfide del nostro tempo e verso un approccio più attento ai bisogni dei cittadini, delle famiglie e delle imprese.
Il Consiglio europeo di giovedì avrà in agenda temi estremamente importanti, sui quali l’Italia ha tutte le carte in regola per offrire il suo contributo autorevole: l’aggressione russa all’Ucraina, la sicurezza e la difesa, l’energia, i rapporti con il Vicinato sud dell’Europa, le relazioni transatlantiche, l’allargamento dell’Unione. Si tratta di questioni apparentemente diverse tra loro che hanno invece un fondamentale aspetto in comune: riguardano tutte la sovranità strategica dell’UE, la sua capacità di garantire quella sicurezza e quel benessere socio-economico dei nostri cittadini che sono stati prima messi in discussione dalla pandemia e poi minacciati dalla guerra in Ucraina e dal domino di conseguenze che quella guerra ha causato, a partire dall’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia. Sfide di portata globale che l’Europa e l’Occidente nel suo complesso devono saper affrontare con visione, strategia ed efficacia. E l’Italia, stato fondatore tanto dell’unione Europea quanto dell’Alleanza Atlantica, non intende tirarsi indietro di fronte a questo compito.
Noi siamo chiamati a essere protagonisti e non comprimari in questo dibattito, forti della capacità che abbiamo avuto di onorare la nostra parte degli impegni assunti tra Nazioni libere che hanno scelto di seguire un percorso comune in base ai comuni valori di libertà e democrazia. Perché, inevitabilmente, a questi valori corrispondono i nostri interessi nazionali e gli interessi stessi dei nostri cittadini, atteso che la storia ci ha insegnato che non ci sono benessere e sviluppo dove non ci sono anche giustizia, pace e libertà.
E’ la ragione per la quale riteniamo che l’Unione Europea debba continuare ad essere unita nel sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa. Come sempre, anche su questo non abbiamo cambiato idea, perché le nostre convinzioni non mutano in base al fatto che ci troviamo al Governo o all’opposizione.
Un impegno, quello verso la causa ucraina, che fin dall’inizio abbiamo sostenuto a trecentosessanta gradi, dalla dimensione politica a quella militare, dal fronte umanitario, a quello economico-finanziario. In coerenza con lo sforzo dell’Unione Europea, della NATO, delle altre Nazioni a noi vicine, il Governo ribadisce il pieno appoggio del Governo italiano a Kiev in tutte queste dimensioni interconnesse, perché come mi è capitato di dire molte altre volte, in gioco non vi è solamente il rispetto del diritto internazionale, e il conflitto non coinvolge unicamente il futuro libero e pacifico del popolo e delle Istituzioni ucraine, ma quello dell’intera Europa. In altre parole, piaccia o no a chi – per certi versi comprensibilmente, vivendo un’epoca di crisi – vorrebbe voltarsi dall’altra parte, il conflitto in Ucraina ci riguarda tutti.
Per questo, con convinzione e a viso aperto, continueremo a sostenere il cammino europeo dell’Ucraina e continueremo a impegnarci perché si faccia ogni sforzo diplomatico utile alla cessazione dell’aggressione da parte della Federazione Russa. Tra timidi segnali incoraggianti (come lo scambio di prigionieri o l’accordo sulla commercializzazione del grano e dei fertilizzanti ucraini), e continue azioni inaccettabili (come i deliberati attacchi russi alle infrastrutture civili), lo spazio di manovra per il cessate il fuoco appare oggi, purtroppo, assai limitato. Ma l’Italia sosterrà in ogni caso gli sforzi in proposito e, anzi, crede che l’Unione Europea debba assumere su questo fronte un ruolo più incisivo, riappropriandosi della sua vocazione geografica e geopolitica a beneficio della sicurezza dell’intero Continente.
Perseguire questo obiettivo e assistere il popolo ucraino implica che l’Italia contribuisca, anche sul piano militare, al sostegno europeo e internazionale all’Ucraina. Perché, lo ripeto, al di là della facile propaganda in tema di pace, le condizioni possibili per cessare le ostilità, in questi contesti, sono da sempre solo due: che uno dei due perisca, o si arrenda, e nel caso in cui si trattasse dell’Ucraina noi non ci troveremmo di fronte a una pace, ma a una invasione. Oppure, che via sia tra le forze in campo un sostanziale equilibrio, e dunque uno stallo nel conflitto che costringa chi ha mosso invasione a desistere dai suoi intenti e addivenire a più miti consigli.
Per questo, per perseguire la pace, sì, ma una pace giusta, l’Italia deve continuare a fare la sua parte. E lo faccia in ambito di Unione Europea sia tramite lo strumento finanziario European Peace Facility con il quale viene parzialmente rimborsato il controvalore economico degli aiuti militari ceduti a Kiev, sia attraverso la partecipazione alla missione europea di addestramento dei militari ucraini. Inoltre, siamo protagonisti in ambito NATO con l’attivazione di misure di irrobustimento della postura di deterrenza e difesa sul fianco Est dell’area euro-atlantica. Partecipiamo concretamente a una serie di altri consessi promossi dagli Stati Uniti, come il Gruppo di Contatto Difesa Ucraina, nei quali vengono coordinate varie azioni a supporto dell’Ucraina non solo in termini di aiuti militari e umanitari, ma anche di cooperazione industriale, anche con prospettive legate alla ricostruzione del territorio ucraino.
L’Italia, insomma, ha onorato i suoi impegni internazionali fin dall’inizio della guerra, attraverso la fornitura di una serie di aiuti militari in virtù dei cinque decreti interministeriali approvati dal precedente Esecutivo. La Difesa è impegnata, in questo momento, nel completamento delle consegne dei materiali del quinto decreto approvato a ottobre scorso, che dovrebbe ultimarsi entro dicembre.
Rimaniamo impegnati anche sulle misure sanzionatorie, compreso il recente congelamento di 345 milioni di fondi e quasi 2 miliardi di euro di asset riconducibili a personalità sottoposte a sanzioni. Certo le sanzioni sono dolorose per il nostro tessuto produttivo, ma hanno dimostrato di essere efficaci, poiché stanno avendo un indubbio effetto sullo sforzo bellico russo e svolgono un ruolo fondamentale per accelerare la fine del conflitto e portare a negoziati sostenibili.
Pochi giorni dopo la previsione del massimale del prezzo del petrolio greggio e degli oli di petrolio originari o esportati dalla Russia da parte della Commissione UE, sono iniziati i colloqui per la definizione del nono pacchetto di sanzioni europee, incentrato su un nuovo, ampio numero di designazioni di individui ed entità e su nuove misure settoriali. Abbiamo approcciato tali nuove discussioni con uno spirito aperto e mirato a imporre costi alla Russia che, ovviamente, devono sempre essere superiori a quelli sopportati dagli Stati europei.
Per questo è importante, da parte nostra, anche vigilare sulle conseguenze delle sanzioni e in particolare sulle ricadute sul piano energetico e occupazionale, come è stato fatto dal Governo nel caso della raffineria Isab-Lukoil di Priolo, che abbiamo messo nelle condizioni di continuare a lavorare anche dopo il 15 settembre, data dell’entrata in vigore del divieto di importazione di greggio dalla Russia. Permettetemi di sottolineare l’importanza di questo provvedimento: il Governo è intervenuto su uno dei tanti dossier finora irrisolti, tutelando un nodo energetico strategico nazionale e difendendo i livelli occupazionali, atteso che sono stati messi complessivamente in sicurezza circa diecimila lavoratori. Lo abbiamo fatto perché difendere l’interesse nazionale italiano vuol dire anche non scaricare sui cittadini italiani i costi delle giuste sanzioni alla Russia.
Sul piano dell’accoglienza ai profughi ucraini, l’Italia continua a sostenere la risposta coordinata e solidale dell’Unione Europea all’afflusso massiccio di persone in fuga dai bombardamenti e dagli stenti, acuiti dalla strategia russa di accanirsi sulle centrali elettriche per cercare di piegare la tenacia del popolo ucraino con il freddo e con l’oscurità. La gran parte dello sforzo di accoglienza è stato fatto con slancio, generosità e spirito di fratellanza dagli Stati dell’est Europa, Polonia in testa. Li voglio ringraziare per questo. Ma anche l’Italia ha contribuito a questo sforzo. Le registrazioni di protezione temporanea effettuate in Italia sono oltre 172.000, in larghissima parte donne e bambini, accolti con affetto nelle nostre scuole grazie soprattutto allo straordinario lavoro dei nostri insegnanti. Ma siamo impegnati anche nell’assistenza umanitaria, dove abbiamo organizzato trasporti per oltre 66 tonnellate di beni. Siamo fieri della grande solidarietà mostrata dall’Italia nei confronti del popolo ucraino in questo momento drammatico.
Il Consiglio Europeo sarà chiamato a ribadire, assieme ai partner, anche l’impegno all’assistenza finanziaria e alla ricostruzione dell’Ucraina. La recente proposta della Commissione Europea di assistenza macro-finanziaria da 18 miliardi di euro per tutto il 2023 conferma la volontà di un sostegno ambizioso e duraturo. L’Italia ha partecipato con 110 milioni di euro di sostegno al bilancio generale e 200 milioni di prestito senza oneri. Secondo stime della Banca mondiale e della Commissione europea la ricostruzione dell’Ucraina richiederà 349 miliardi di euro, tanta è la devastazione causata dai bombardamenti russi, e temo sia una cifra destinata ad aumentare col protrarsi della guerra. Sarà quindi necessario un intenso coordinamento internazionale ed europeo ma anche un’adeguata partecipazione – come ho ribadito nella riunione del G7 di ieri – anche di Stati terzi, organizzazioni multilaterali e settore privato.
Giustamente il prossimo Consiglio Europeo riaffermerà l’importanza del tema della sicurezza alimentare globale e, dunque, della “UN Black Sea Grain Initiative”, così come dei corridoi di solidarietà europei. La solidarietà riguarda in questo caso sia l’Ucraina, sia Stati e regioni del mondo colpiti duramente dall’aumento dei prezzi di prodotti alimentari di prima necessità. Contrastare la carenza di cibo è sicuramente un dovere morale dell’Unione, ma riguarda strettamente anche la sicurezza europea, perché saremmo direttamente investiti dalle conseguenze dell’instabilità dei Paesi africani in difficoltà alimentare. Non dobbiamo consentire che Putin utilizzi la carenza di cibo come arma contro l’Europa, come già sta facendo con il petrolio e il gas.
Il Consiglio Europeo tornerà a occuparsi dell’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia sulle economie europee, come accade ormai da ottobre dell’anno scorso su impulso italiano, con l’obiettivo di far intraprendere all’Unione Europea un percorso di sicurezza energetica, incentrato in particolare sulla gestione dei prezzi, e sulla diversificazione rispetto alle forniture russe.
Proprio oggi, 13 dicembre, si riunisce nuovamente il Consiglio dei Ministri dell’Energia dell’Ue, dove da mesi l’Italia è in prima fila nel proporre soluzioni efficaci, come il tetto dinamico dei prezzi. Su questo, ad oggi, riteniamo che la proposta della Commissione Europea sia insoddisfacente, perché inattuabile alle condizioni date. Per noi è fondamentale porre un argine alla speculazione. Voglio essere chiara su questo: la posta in gioco per l’Unione Europea sull’energia è molto alta, perché definisce la capacità stessa dell’Europa di proteggere le sue famiglie e le sue imprese, senza lasciar prevalere logiche unilaterali secondo le quali gli Stati con maggiore spazio fiscale fanno da sé e quelli con scarsa capacità di spesa possono essere lasciati indietro.
E’ evidente a tutti come un meccanismo nel quale all’interno dell’Unione si può dare un grado diverso di tutela alle imprese, da Nazione a Nazione, produrrebbe una distorsione del mercato unico che non penalizzerebbe solo l’Italia, ma l’intera Europa. Per questo è ormai la maggioranza degli Stati membri a chiedere l’introduzione di un tetto dinamico al prezzo del gas e dell’energia. Insieme all’Italia ci sono infatti pur con diverse sensibilità Belgio, Bulgaria, Croazia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna. Quel che è certo è che andare in ordine sparso di fronte a questa sfida epocale, pensando che chi è più forte economicamente possa salvarsi se necessario a scapito degli altri, non solo sarebbe un’illusione, ma tradirebbe la realtà di un’Europa molto diversa da quella che è stata decantata in questi anni. Occorre fermare la speculazione che sta drenando risorse vitali alle nostre economie, e occorre assicurare risorse adeguate a tutti. È dunque essenziale, per noi, che l’Unione Europea, nelle more dell’approvazione dello strumento REpowerEU, avanzi rapidamente anche nel rendere disponibili, agli Stati Membri, fondi europei per aiutare famiglie e imprese, e assicurando maggiore flessibilità sull’uso dei fondi di coesione non impegnati.
Il Consiglio Europeo si occuperà anche di sicurezza e difesa. L’impegno dell’Unione Europea a sostegno dell’Ucraina ha visto l’Unione Europea compiere un salto di qualità in direzione di una Difesa comune, in complementarietà con la NATO, coerentemente con il ruolo storico e strategico delle relazioni transatlantiche per la sicurezza e la stabilità del continente. Il Consiglio Europeo intende riconoscere la maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’UE, anche in chiave di aumento dell’autonomia strategica, di capacità di affermarsi come fornitore di sicurezza globale, di rafforzare la capacità industriale e tecnologica del continente. Questo riconoscimento avviene nel segno dei rapporti transatlantici che si riflettono sia nella Bussola Strategica adottata dal Consiglio Europeo di marzo scorso sia nel Concetto Strategico NATO. L’autonomia strategica dell’Unione Europea deve essere interpretata come un’ opportunità di rafforzare le proprie capacità di difesa e quale pilastro europeo in ambito NATO.
Verranno affrontate anche alcune priorità di Sicurezza e Difesa comune come la rapida adozione del regolamento per l’approvvigionamento congiunto e maggiori investimenti nella cyber-sicurezza e nella resilienza delle infrastrutture critiche.
Ritengo che il fatto che il Consiglio Europeo abbia in agenda sempre più di frequente questi temi sia il segnale di una presa di coscienza sulle priorità strategiche che non sempre abbiamo visto in passato, un segnale di attenzione politica alle grandi questioni che crediamo vada incoraggiato.
Sempre il Consiglio Europeo di giovedì avrà poi un’approfondita discussione sulle relazioni transatlantiche. Gli Stati Uniti riconoscono all’Europa il ruolo di “partner di prima istanza”. La crisi ucraina ha reso ancor più evidente come, dinanzi alle minacce esistenziali, la compattezza e il ruolo politico dell’Unione Europea siano essenziali. L’Italia sostiene con convinzione una più stretta collaborazione tra Unione Europea e Alleanza Atlantica. È prioritario assicurare la tenuta a lungo termine del fronte occidentale e della rinnovata unità di intenti in settori di interesse comune, nella cornice dell’Agenda Transatlantica Congiunta, lanciata in occasione del Vertice del 15 giugno 2021 e dei suoi diversi strumenti di cooperazione economica e politica. In ambito commerciale, si sono registrati notevoli progressi sulle principali controversie bilaterali. Il Consiglio commerciale e tecnologico UE-USA, risultato chiave del Vertice che segna il rilancio di un’agenda commerciale bilaterale positiva, costituisce uno strumento importante per incrementare il commercio e gli investimenti, promuovere una leadership tecnologica e industriale basata su valori condivisi e offrire un foro di dialogo su temi su cui non vi è piena convergenza.
L’Inflation Reduction Act americano, che prevede 369 miliardi di incentivi fiscali per gli investimenti e per la produzione di veicoli elettrici e batterie, di energia rinnovabile e relativo stoccaggio, di idrogeno rinnovabile e per la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica, desta invece preoccupazione, perché non possiamo nascondere i potenziali effetti distorsivi e discriminatori verso le imprese europee che potrebbe generare. Al riguardo è un primo segnale positivo l’istituzione, nell’ultima riunione del Consiglio commerciale e tecnologico UE-USA, di un’apposita Task Force transatlantica per affrontare le eventuali storture derivanti dall’attuazione del provvedimento. Un aspetto di cui ho discusso anche il mio bilaterale con il Presidente americano Biden a margine del Vertice G20 di Bali. Ovviamente, l’approccio cooperativo nei rapporti Europa USA non impedisce che l’Europa protegga tempestivamente la propria industria. Il Governo italiano è pronto a sostenere ogni sforzo per un intervento a livello europeo che abbia l’obiettivo di difendere il potere d’acquisto delle nostre famiglie e la competitività delle nostre imprese. Consideriamo positivamente misure che favoriscano la competitività e che proteggano le produzioni strategiche preservando l’integrità del mercato unico, senza discriminazioni. La parità di condizioni di competitività per le nostre imprese è condizione fondamentale, che va garantita sia nei confronti del mercato Usa che all’interno dello stesso mercato europeo.
Significativo per la stabilità del continente europeo è anche l’altro tema della sezione “relazioni esterne” del Consiglio europeo, ovvero i Balcani occidentali e il sostegno del Consiglio europeo alle conclusioni del Consiglio affari generali in corso oggi a Bruxelles in materia di allargamento. L’attuale scenario internazionale ci impone di riflettere sul ruolo dell’Europa come attore globale, nella consapevolezza che eventuali “vuoti strategici” saranno riempiti da altri attori. E questo, ovviamente, a partire dalle aree di nostro diretto interesse. Questo vale in particolare per i Balcani occidentali, la cui stabilizzazione rappresenta una priorità, anche in termini di sicurezza, per l’Italia e per l’Europa intera.
Una prospettiva di adesione credibile rimane il più potente strumento a disposizione dell’Unione Europea per tenere le Nazioni della regione ancorate ai nostri valori. È questa la posizione che il Governo ha ribadito in occasione del Vertice UE-Balcani dello scorso 6 novembre a Tirana. Un vertice che ha permesso di rafforzare l’azione e la visibilità dell’Unione Europea nella regione, tra le più esposte alle conseguenze del conflitto ucraino, così come all’influenza destabilizzante della Russia. In quest’ottica, occorre mantenere lo spirito generato dall’apertura dei processi negoziali con Macedonia del Nord e Albania. Se c’è un’esigenza che accomuna tutti i popoli della regione dei Balcani Occidentali è quella dell’integrazione europea e oggi più che mai mi rendo conto di come questa integrazione, per questi Paesi, passi attraverso una grande domanda d’Italia. È un’opportunità che dobbiamo saper cogliere. Far avanzare concretamente il percorso europeo dei Paesi balcanici significa rendere l’Italia più centrale in Europa. Il Consiglio Europeo riprenderà questo dibattito e, a nostro avviso, il risultato concreto più alla portata è la concessione dello status di candidato alla Bosnia ed Erzegovina.
Nel rispetto delle condizioni contenute nella raccomandazione della Commissione europea del 12ottobre scorso Si tratta essenzialmente di un segnale, ma molto importante per tutta la regione. Il governo segue con preoccupazione le crescenti tensioni nelle zone settentrionali del Kosovo a maggioranza serba, con la missione congiunta dei ministri Tajani e Crosetto abbiamo affermato la nostra volontà di essere protagonisti e portatori di pace laddove da tanti anni operano le truppe italiane che ringrazio, inquadrate nella missione “Kfor. Condanniamo l’attacco alla missione Eulex e richiamiamo gli attori coinvolti ad aderire nel pieno rispetto degli accordi vigenti.
Il Consiglio Europeo prevede una discussione anche sui rapporti tra l’UE e il Vicinato Sud, discussione tempestiva perché l’aggressione russa all’Ucraina ha dimostrato – ancora una volta – quanto le due sponde del Mediterraneo siano profondamente interconnesse. I Paesi del Nord Africa subiscono ripercussioni concrete dal conflitto, e queste ripercussioni, impattando su una situazione già fragile, amplificano il rischio di instabilità, anche in termini di conseguenze sui flussi migratori. La rotta del Mediterraneo centrale è stata considerata per la prima volta prioritaria in un documento della Commissione europea. Non era mai accaduto e non lo sarebbe stato se l’Italia non avesse posto con determinazione due questioni: il rispetto della legalità internazionale e la necessità di affrontare il fenomeno delle migrazioni a livello strutturale. Continuiamo a essere convinti che occorra passare dal dibattito sul tema della redistribuzione a quello sulla difesa comune dei confini esterni dell’Unione. Serve un quadro di collaborazione basato su flussi legali e su un’incisiva azione di prevenzione e di contrasto di quelli irregolari, fermando le partenze e lavorando ad una gestione europea dei rimpatri. Con oltre 94 mila arrivi, l’Italia – insieme ad altri Stati di primo ingresso in Europa – sta sostenendo l’onere maggiore nella protezione delle frontiere europee di fronte al traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Non intendiamo fingere che vada bene così anche perché quando leggo le notizie di scontri a fuoco tra le forze del ministero libico e i trafficanti in mare, o quelle che raccontano di scafisti pronti a gettare le persone in mare di fronte a imprevisti, mi convinco ancora di più, qualora ce ne fosse bisogno, che arricchire questi cinici schiavisti del terzo millennio, nulla abbia a che fare con il concetto di solidarietà.
Di fronte a un fenomeno di tale portata, che riguarda sia i Paesi d’origine e transito che i Paesi di destinazione, è necessario coinvolgere non solo l’Unione nel suo complesso, ma anche i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Per questo crediamo che l’UE debba rilanciare una effettiva attuazione degli impegni presi da tempo in tema di cooperazione migratoria con i nostri partner dell’Africa e del Mediterraneo, attraverso un loro maggior coinvolgimento nella prevenzione e nel contrasto al traffico di esseri umani. Il fianco sud della sfida migratoria non è meno importante del fianco est, ci adopereremo perché i due fronti vengano affrontati con la stessa attenzione, cosa che non sempre è avvenuta fin qui.
E anche qui l’Italia può e deve giocare un ruolo da protagonista. Come emerso anche nel Vertice dei Paesi mediterranei dell’UE di Alicante, occorre rafforzare la cooperazione con i paesi del Mediterraneo nei settori al centro dell’attualità internazionale – energia, sicurezza alimentare e migrazioni – garantire adeguati finanziamenti a favore del Vicinato Sud, con la dovuta priorità allo sforzo comune contro la migrazione illegale. Uno degli obiettivi principali dell’azione italiana nella regione euro-mediterranea è far evolvere la dimensione meridionale della Politica Europea di Vicinato, trasformandola in un vero e proprio “Partenariato mediterraneo” che non si esaurisca nella gestione delle crisi e che non si limiti a rapporti bilaterali.
La nostra Nazione è cerniera e ponte energetico naturale tra il Mediterraneo e l’Europa in virtù della sua posizione geografica, delle sue infrastrutture e del prezioso contributo delle proprie imprese. L’obiettivo strategico che questo Governo intende perseguire è fare dell’Italia uno snodo energetico, che colleghi tramite gasdotti – che in prospettiva dovranno trasportare idrogeno verde – ed elettrodotti la sponda sud del Mediterraneo con il resto dell’Europa. Voglio ricordare, a questo proposito, il recente via libera della Commissione Europea allo stanziamento di 307 milioni di euro per co-finanziare la nuova interconnessione elettrica tra l’Italia e la Tunisia. Un’opera che sarà realizzata da TERNA e dalla società tunisina STEG, che costituirà un nuovo corridoio energetico tra Africa ed Europa, favorendo la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e l’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili. Attraverso progetti di cooperazione come questo, lavoriamo per fare dell’Italia la Nazione promotrice di un ‘piano Mattei’ per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, un approccio che, prendendo esempio da un grande italiano come Enrico Mattei, non sia predatorio nei confronti dei paesi africani, ma collaborativo, fondato su uno sviluppo che garantisca crescita, dignità, lavoro, che costruisca le condizioni per difendere il diritto a non dover emigrare, piuttosto che il diritto a dover emigrare per forza sostenuto fin qui. Guardiamo con favore infine all’inserimento nelle conclusioni del Consiglio europeo di un segnale di condanna per le sentenze capitali in Iran a seguito delle proteste nel Paese. L’uso della forza contro dimostranti pacifici, contro le donne, da parte delle Autorità iraniane è ingiustificabile e soprattutto inaccettabile. Questo governo sarà sempre impegnato per la difesa e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in Iran come nel resto del mondo.
L’impegno del Governo, insomma, e concludo, è dimostrare quanto l’Italia possa essere un valore aggiunto nel contesto europeo, combattendo la falsa narrazione di una Italia che arranca e rappresenterebbe quasi un peso per l’Unione Europea. Non solo siamo fondatori di questo processo di integrazione, non solo siamo centrali nelle dinamiche geopolitiche del Continente, noi siamo una colonna indispensabile alla crescita economica e sociale dell’intera Europa. Questa è l’Italia che vogliamo rappresentare al Consiglio europeo, con il sostegno del Parlamento italiano e con il mandato che ci darete oggi.
Fonte: Palazzo Chigi