Mai come in questo periodo di emergenza sanitaria, l’ingegno italiano, famoso in tutto il mondo sta venendo fuori da tante aziende e non solo. Se è facilmente comprensibile la riconversione di alcuni settori di aziende farmaceutiche e cosmetiche alla produzione di prodotti affiliati, tipo igienizzanti e quella di aziende manifatturiere del ramo abbigliamento alla produzione di camici medicali e mascherine, meno facilmente riconvertibili sono le apparecchiature biomedicali per la ventilazione e l’ossigenazione polmonare. Queste apparecchiature sono sottoposte a rigide procedure di sicurezza che includono la verifica della parte elettrica, quella funzionale e quella anticontaminazione (ad esempio per i filtri specifici delle apparecchiature della terapia intensiva). Questi ventilatori polmonari, tecnicamente sono riconducibili a due macrocomponenti, uno elettrico, di controllo delle variazioni dei parametri di respirazione del paziente ed uno meccanico consistente in un blocchetto di miscelazione ed una elettrovalvola funzionali alla corretta circolazione del gas nelle fasi di ispirazione ed espirazione.
Sinergie tra imprese
In Italia centinaia sono le aziende specializzate in componenti e circuiti elettronici ed almeno della stessa unità di grandezza quelle capaci di realizzare la parte meccanica di valvole e miscelatori vari. Cruciale diventa quindi, per ridurre i tempi di realizzazione di questi prodotti biomedicali, la sinergia fra aziende di diversi settori merceologici. Essendo quella in corso una guerra dal nemico invisibile, e per questo più insidiosa, occorre una unità d’intenti e spirito di comunione mai visti prima. Il leader di Italia viva Matteo Renzi propone di “convertire alcune aziende della meccatronica per fare i respiratori“. Secondo l’ex premier, la conversione “può essere molto rapida” ed è “una priorità” in questo momento. Per dare una risposta a questa drammatica esigenza cinque imprese meridionali, tra Campania e Puglia, dei settori della meccatronica e dell’aerospazio, hanno scritto a Protezione civile e a Invitalia rendendosi disponibili a convertire parte significativa delle proprie linee produttive per produrre ventilatori salvavita.
L’iniziativa è stata favorita dal coordinamento dell’Asi di Napoli e ha coinvolto i Politecnici di Napoli e di Bari e il Distretto aerospaziale della Campania. Le cinque imprese che si sono mobilitate chiedono di poter collaborare con l’unica azienda italiana che oggi costruisce ventilatori: la Siare di Bologna, detentrice di un brevetto. La Siare ha dovuto incrementare enormemente la produzione, ma non può soddisfare tutte le richieste che provengono da tutte le regioni italiane allo stremo nel contrasto alla pandemia. Solo alla Puglia ne servirebbero 400 a settimana. Le imprese meridionali, riferisce il Sole 24 Ore, vorrebbero poter produrre utilizzando la stessa tipologia di progettazione e produzione adottate da Siare, poiché partire da un nuovo progetto comporterebbe tempi troppo lunghi.