Dalla gestione della pandemia, alla crisi sociale ed economica. Sono questi i primi tre grandi scogli che il futuro governo Draghi dovrà affrontare. Elementi di non poco conto, indicati anche dal presidente della Repubblica Mattarella come priorità del nuovo esecutivo, nel discorso fatto agli italiani lo scorso 2 febbraio.
In quell’occasione il capo dello Stato ha evidenziato come la situazione “richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni e non un governo con l’attività ridotta al minimo“. Inoltre Mattarella, aveva ricordato che “tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza delle funzioni in mesi cruciali. Tutte queste preoccupazioni sono ben presenti ai nostri concittadini, che chiedono risposte urgenti”.
Delle sfide che dovrà affrontare il nuovo governo e cosa significa per l’Italia l’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi, Interris.it ne ha parlato con Clementi Francesco, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Perugia.
Quali saranno le principali sfide che il nuovo governo dovrà affrontare?
“Il governo del presidente Draghi dovrà, in primo luogo, affrontare i problemi sottolineati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso che ha fatto lo scorso 2 febbraio: la lotta alla pandemia, trovare il modo migliore per utilizzare i fondi europei, e fare fronte a tutti i problemi sociali di tutti gli italiani che all’interno di questa crisi emergeranno. Crisi economica, sanitaria e sociale sono i primi tre scogli, quindi, con cui il governo di Mario Draghi dovrà fare i conti. Non da ultimo, è importante ricordare che a fine marzo scadrà il blocco dei licenziamenti e questo aprirà nuovi scenari dal punto di vista sociale. In merito, di certo, una figura come quella di Draghi saprà interpretare e adottare al meglio le soluzioni per evitare ulteriori rischi futuri per un Paese già fragile e stressato, nonché molto provato dal Covid”.
La formazione del nuovo governo sembra avere davanti a sé una strada in discesa. L’arrivo di Draghi alla guida dell’Italia imprimerà una svolta più europeista rispetto ai governi precedenti?
“Una figura come quella di Mario Draghi ha in sé una chiara vocazione europeista, dimostrata nei fatti e non a parole. Basti pensare dalla gestione attentissima e misurata, ma di grande profondità, nella traduzione di parole in fatti durante la presidenza alla Bce con il famoso “whatever it takes”: un mantello protettivo, steso all’Ue, che ha garantito tramite la Banca centrale europea la difesa dei nostri risparmi e delle nostre prospettive, nonostante i tanti debiti. In secondo luogo, ha una grande consapevolezza delle tecnicalità che il governare questo tempo incerto e fragile richiede, ma anche delle difficoltà, nonché di quanta competenza ci vuole per garantire la transizione di un Paese che, come tutto il mondo, dopo la pandemia, sta cambiando pelle. Di questa fase di cambiamento lui è uno dei migliori interpreti, oserei dire nel mondo; ciò rende tutti noi italiani fortunati a poter schierare lui, in prima fila, contro queste grandi sfide. Il terzo elemento è che Mario Draghi non è un alieno: anche a non voler considerare l’esperienza europea alla guida della Banca Centrale europea, ha guidato la Banca d’Italia come governatore ed è stato a lungo, per almeno dieci governi, direttore generale del Ministero del Tesoro. Esperienze molto preziose oggi”.
Molti rimproverano a Draghi la poca conoscenza dei meccanismi istituzionali italiani…
“Al contrario di quanto qualcuno crede, appunto, non è così: stiamo parlando di una figura che conosce molto bene le dinamiche della burocrazia italiana ed europea. Ed è un valore perché i programmi della Next Generation Eu prevedono un grande confronto tecnico, puntuale, specifico nel merito, di cui o si ha una grande conoscenza o si rischia di perdere un’opportunità che viene offerta”.
L’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, permetterà all’Italia di recuperare stima e fiducia in Europa?
“Non penso che l’Italia sia un Paese che non abbia la fiducia dei partner europei. E’ chiaro che la figura di Draghi, anche semplicemente all’annunciarsi come presidente del Consiglio, ha abbassato di 15-20 punti lo Spread in ragione della sua forte credibilità internazionale. La credibilità di Mario Draghi è, insomma, per il nostro Paese una sorta di ‘mantello di San Martino’ che avvolge oggi l’intero Paese. E lo protegge. Questo scambio di reciprocità di credibilità tra la figura dell’ex presidente della Bce e le istituzioni italiane, può far solo del bene per il nostro Paese. Soprattutto, dentro un contesto europeo dove dobbiamo affrontare delle sfide potentissime nel 2021, non solo quelle che noi immaginiamo, ma anche le fibrillazioni politiche conseguenti, ad esempio, l’uscita dalla politica della Cancelliera Angela Merkel e le elezioni tedesche di settembre, o le elezioni in Francia. Tutti elementi nei quali, la potenzialità della leadership di Mario Draghi per il Paese, per le istituzioni, per il governo italiano, sarà un elemento utilissimo per migliorare, rafforzare e qualificare la leadership del nostro Paese in Europa”.