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Brexit, Johnson e Barnier aprono i giochi

Siamo ancora a febbraio, a soli tre giorni dal post-Brexit, e gli animi fra Londra e Bruxelles iniziano a ribollire. Come previdibile, considerata la verve di un premier come Boris Johnson, brexiteer della prima ora e da sempre appartenente all'ala oltranzista dei Tories, quella che, per intenderci, aveva scavato un abisso con la politica ritenuta moderata di Theresa May. Ora, però, la questione non è più la stessa prima: superato il bivio fra il restare o no, ora che la Brexit è stata fatta si tratta di mettere tutto in ordine prima del 31 dicembre prossimo. E per prima si intende già la metà di quel mese, quando Unione europea e Regno Unito dovranno aver già pronto il dossier che ne regolerà i futuri rapporti commerciali. Senza questo, la Brexit diventerà Hard Brexit e Londra sarà libera di regolarsi come vuole con l'Ue, subendo però tutte le conseguenze di questa scelta. Che, probabilmente, non sarebbero rosee.

Negoziati complessi

Il piano Johnson, che in ottobre aveva strappato il sì di Bruxelles con la promessa di uniformarsi, almeno a grandi linee, con le normative europee sul libero scambio, sarebbe piuttosto quello di puntare a un accordo stile Canada-plus (accordo commerciale più i servizi finanziari), posto che, a detta sua, il Regno Unito “non ha bisogno di un accordo di libero scambio che imponga l'allineamento con le norme Ue su concorrenza, protezioni sociali, aiuti di Stato, ambiente e simili”. D'altronde, sul tema l'Europa continua a essere più che granitica, ed è per questo che lo scontro potrebbe essere totale. Il che, con una tempistica relativamente ristretta per arrivare a dama, potrebbe rivelarsi un problema (volendo considerarlo tale vista la fiducia mostrata da Johnson) insormontabile. A dare l'altolà è il negoziatore di Bruxelles, Michel Barnier: “Il Regno Unito non potrà più beneficiare dei diritti e dei vantaggi economici se il 31 dicembre lascerà il mercato unico e l'unione doganale. Questo è il quadro in cui ci muoviamo”. Chiaro come il sole ma la cosa positiva è che anche Barnier tira fuori il modello Canada: “Penso che si possa riuscire eccezionalmente in tempo molto corto, quello di 11 mesi, un accordo commerciale del tipo di quello che abbiamo firmato con il Canada, o con la Corea del Sud o con il Giappone”.

La doppia via

Le alternative al Canada-plus sarebbero sostanzialmente due: la prima, e più scontata, la chiusura delle trattative senza accordo e senza possibilità di tornare indietro, con un no deal che a quel punto sarebbe cosa fatta e i vari punti essenziali (mercato comune, questione irlandese, spazi di pesca, ecc.) resterebbero inevasi; la seconda potrebbe concretizzarsi in una sorta di compromesso in stile australiano, ovvero con un'intesa di massima dettata però dalle condizioni dell'Organizzazione mondiale del commercio, ma con la possibilità di accordi su settori specifici. In sostanza, una Hard Brexit meno dura ma comunque non esattamente ben vista nemmeno nel Regno Unito, poiché siginficherebbe una relazione estremamente debole con l'Ue con la quale, bene o male, sono stati intrattenuti quasi cinquant'anni di strettissimi rapporti commerciali. Solo un'ipotesi comunque, visto che Johnson parlerà di questa come di “un'improbabile alternativa”.

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