Crescono – seppur di poco – i contagi di Coronavirus in Italia, mentre restano stabili il tasso di positività e il numero dei morti. Lo evidenzia il bollettino odierno, 26 marzo, del ministero della Salute.
Il bollettino del 26 marzo
Nelle ultime 24 ore i nuovi positivi al Covid in Italia sono 23.987 contro i 23.696 di ieri (qui il bollettino del 25 marzo), con 354.982 tamponi processati. Resta sostanzialmente stabile l’indice di positività, al 6,6%. In leggero calo i decessi: 457 (-3). Il numero complessivo è 107.256.
Sul fronte ospedaliero si registra l’aumento dei ricoveri nei reparti ordinari, 28.472 (+48) e in maniera meno significativa nelle terapie intensive 3.628 (+8) con 288 nuovi ingressi.
La regione con più casi giornalieri è ancora la Lombardia (+5.077), seguita da Emilia Romagna (+2.391), Puglia (+2.162), Veneto (+2.095) e Lazio (+2.006). Il totale dei contagi da inizio epidemia sale a 3.488.619.
I guariti sono 19.764 (ieri 21.673), per un totale di 2.814.652. Ancora in crescita il numero delle persone attualmente positive, 3.753 in più (ieri +1.548), che sono ora 566.711. Di questi, sono in isolamento domiciliare 534.611, 3.697 più di ieri.
La curva epidemiologica finora ha mostrato un trend in crescita, soprattutto per quanto riguarda la pressione sugli ospedali. Secondo quanto evidenzia il Report settimanale dell’Altems della Cattolica, al 22 marzo dieci regioni (Lazio, Puglia, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Umbria, Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Marche) risultano con la più elevata pressione per tasso di saturazione sia in area non critica sia in terapia intensiva.
Nuove zone: Lazio arancione, Puglia rossa
Eccezionalmente, questa settimana il cambio colore delle Regioni arriverà martedì al posto del consueto lunedì. Lo slittamento di un giorno è dovuto al fatto che l’ultima ordinanza firmata dal ministro della Salute, Roberto Speranza lo scorso 15 marzo, avendo una validità di 15 giorni, scade martedì 30 marzo e non lunedì 29.
Secondo le ultime indicazioni emerse dalla cabina di regia, la prossima settimana per qualche Regione si allenteranno le misure restrittive. Il Lazio passerà in zona arancione. Al contrario, da domani la Puglia passerà in ‘zona rossa rafforzata’. Sembra quasi certo che sparirà – almeno per tutto il mese di aprile – la zona gialla. Indipendentemente dai colori, però, il premier Mario Draghi ha annunciato che la scuola riaprirà: gli studenti fino alla prima media torneranno quindi in classe anche se in zona rossa.
Locatelli: “Impossibile riaprire troppe cose insieme”
Bisogna fare presto “con la protezione dei più fragili, dopo operatori sanitari e Rsa è urgente completare over 80 per poi passare a soggetti estremamente vulnerabili e alla fascia d’età 70-79 nella quale ricordo che il tasso di letalità è pari al 10 per cento”. Lo ha detto stamane in un’intervista a Il Fatto Quotidiano Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, confermando la posizione del Premier Draghi espressa in cabina di regia questo pomeriggio. Secondo Draghi, infatti, “il criterio dell’età deve essere prioritario nella campagna vaccinale”.
“Serve, come ha detto il premier Draghi, un approccio omogeneo, pur con le dovute particolarità territoriali, che renda uniforme la strategia rispetto alle categorie da vaccinare prioritariamente” aggiunge Locatelli.
Venendo alle riaperture, per Locatelli “aprire contemporaneamente troppe cose non sarà possibile, andranno fatte delle scelte che tengano conto anche di ragioni di natura sociale ed economica con la massima priorità per la scuola in presenza come ha sottolineato il premier Draghi”. Viene prima la salute, ma “allo stesso tempo si devono dare risposte alla crisi socio-economica”.
Secondo Locatelli, i contagi “sono in decelerazione da più di una settimana e si comincia a vedere una flessione. Invece, il carico nelle rianimazioni è ancora molto elevato, sopra i 3.500 posti letto occupati. È superata la soglia di allarme in una dozzina di regioni e in qualche caso siamo addirittura sopra al 50 per cento. Tutto questo si riverbera in modo importante su attività chirurgica e di assistenza per altre patologie”. Purtroppo, conclude, “questo è il dato che indica una fase ancora critica della pandemia e non possiamo non tenerne conto nelle scelte di riaperture”.