Il Papa – durante l’udienza generale di oggi, mercoledì 26 ottobre – ha pregato perché cessino le violenze in Congo. “Assistiamo inorriditi agli eventi che continuano ad insanguinare la Repubblica Democratica del Congo. Esprimo la mia ferma deplorazione per l’inaccettabile assalto avvenuto nei giorni scorsi a Maboya, nella provincia del Nord Kivu, dove sono state uccise persone inermi tra cui una religiosa impegnata nell’assistenza sanitaria. Pregiamo per le vittime e i loro familiari – ha chiesto il Papa ai fedeli in Piazza San Pietro – come pure per quella comunità cristiana e gli abitanti di quella regione da troppo tempo stremati dalla violenza”.
L’attacco a Maboya, in Congo
Durante un nuovo attacco portato da un gruppo armato sono state uccise almeno 7 persone. Altre risultano disperse, meglio, rapite. L’aggressione è avvenuta nella notte tra giovedì e venerdì nel Nord Kivu, una delle province orientali della Repubblica Democratica del Congo.
Tra i morti anche una suora, Marie-Sylvie Kavuke Vakatsuraki, della congregazione congolese Petites Sœurs de la Présentation de Notre-Dame, fondata nel 1952 a Beni. La religiosa era anche medico e prestava servizio al Centre Sanitaire de Référence gestito dall’ufficio sanitario della diocesi di Butembo-Beni.
Oltre alla clinica cattolica, i presunti miliziani di ADF hanno distrutto anche l’ospedale di una comunità protestante che si trova a un chilometro e mezzo dalla clinica di Maboya.
Gli autori dell’attacco – scrive AfricaExPress – presumibilmente fanno parte dell’ADF – Allied Democratic Forces – un’organizzazione islamista ugandese presente anche nel Congo-Kinshasa (o ex Congo belga) dal 1995.
Finora Maboya, che si trova tra Beni e Butembo, è stata sempre risparmiata dagli attacchi di gruppi armati. Ma questa volta i ribelli sono stati davvero pesanti, ha raccontato un infermiere ai reporter di AFP: “Hanno ammazzato persino alcuni pazienti”.
“Erano in molti, hanno dato fuoco al centro gestito dalla diocesi, poi hanno bruciato anche all’ospedale protestante “Tiege”, dove hanno ucciso un guardiano e sequestrato un infermiere, poi hanno seminato il terrore in tutta l’area”, ha spiegato Roger Wangeve, presidente della società civile della zona. E ha aggiunto: “Hanno saccheggiato e bruciato parecchie case”.
Dopo alcune settimane di calma, sono ripresi gli attacchi nel territorio di Beni, dove i militari congolesi (FARDC) e quelli ugandesi (UPDF) conducono operazioni congiunte da quasi un anno contro ADF.
I miliziani sono accusati di massacri di civili nell’est della RDC e di attacchi terroristi nel resto del Paese. Alla fine del 2021 hanno ripreso la loro attività anche in Uganda. All’inizio di settembre i due eserciti hanno annunciato di aver pianificato la quarta fase delle operazioni.
E proprio giovedì, un giorno prima del terribile attacco a Maboya, il portavoce delle operazioni congiunte congo-ugandesi, Mak Hazukay, ha chiesto alla popolazione di essere vigile e di denunciare qualsiasi movimento sospetto.
Il portavoce ha poi spiegato che recentemente sono stati uccisi sei ribelli nella zona di Rwenzori (Beni) e altri nove, tra questi anche una donna, nella provincia di Ituri.
Da decenni le regioni orientali del Congo-K sono sotto la minaccia di oltre 100 gruppi armati locali e stranieri, tra cui l’ADF, appunto. Nelle province di Nord Kivu e di Ituri è stato imposto lo stato d’emergenza dal maggio 2021, una misura eccezionale che finora non ha risolto nulla. Attacchi e violenze continuano senza sosta.
Oggi l’appello del Papa che ha puntato un riflettore su una zona del mondo spesso trascurata dalla stampa.