Ancona, tetraplegico avrà il suicidio assistito: è la prima volta in Italia

Un 43enne marchigiano, tetraplegico da dieci anni, potrà accedere alla procedura per il suicidio medicalmente assistito. E’ il primo caso in Italia ed è arrivato dopo un lungo iter. L’ultimo step oggi, con il via libera dell’Azienda Sanitaria delle Marche (ASUR).

L’uomo è paralizzato dalle spalle ai piedi da 11 anni a causa di un incidente stradale in auto. Ha chiesto da oltre un anno all’azienda ospedaliera locale che fossero verificate le sue condizioni di salute per poter accedere, legalmente in Italia, ad un farmaco letale per porre fine alle sue sofferenze. Questo l’inizio dell’iter previsto in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 che indica “le condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio assistito”.

L’iter per il suicidio assistito

Il primo “sì” era giunto dal tribunale lo scorso giugno. L’uomo ha ottenuto il parere del Comitato etico dopo un primo diniego dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche e una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona.

In seguito a due diffide legali all’Asur Marche, l’azienda – dopo la verifica delle sue condizioni tramite una gruppo di medici specialisti nominati dall’Asur stessa – ha confermato che Mario (nome di fantasia) possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito.

“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”, ha commentato l’uomo, primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio assistito in Italia, dopo aver letto il parere del Comitato etico. “Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno – dice in un video pubblicato su internet – può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni e condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati”.

Binetti: “Vittoria per la morte di un uomo? Intollerabile”

Non credo che si possa parlare di vittoria per nessuno e neppure che ci si possa rallegrare perché un uomo morirà, dal momento che la sua vita è diventata troppo faticosa. Eppure tante testate giornalistiche oggi hanno messo in evidenza questa notizia drammatica con toni trionfalistici e questo per me è intollerabile. Mario potrà morire. La sua storia è nota alla opinione pubblica, perché più volte raccontata e utilizzata sia nel corso della raccolta firme per il referendum sull’eutanasia, sia durante l’attuale dibattito alla Camera sulla legge sull’eutanasia. Mario, dopo un grave incidente automobilistico, è immobilizzato da 10 anni e un anno fa, più o meno in coincidenza con la famosa sentenza Cappato pronunciata dalla Corte Costituzionale, aveva chiesto che fossero verificate le condizioni poste dalla famosa sentenza, per poter accedere, legalmente, all’eutanasia, anche se nella sentenza 242 del 2019 di eutanasia non si parla mai esplicitamente. Il Comitato etico dell’Asl da cui Mario è assistito ha dato il via libera al suicidio medicalmente assistito e Mario sarà il primo di questa triste vicenda, che sia ben chiaro non è l’affermazione della libertà di una persona che vuole morire, ma il fallimento di una società che non è stata in grado di prendersi cura di lui a 360 gradi, come sarebbe stato giusto”. Lo afferma la senatrice Udc Paola Binetti che continua: “Secondo il Comitato Etico della ASL Mario rientrerebbe nelle condizioni stabilite dalla Consulta per l’accesso al suicidio assistito. Ma in realtà la famosa sentenza chiedeva al Parlamento di legiferare e di fatto la legge non c’è ancora. E la legge non c’è ancora non perché i parlamentari vogliano sottrarsi ad una indicazione della Corte costituzionale, ma perché si tratta di una materia delicatissima, come quella di ogni vita fragile, che esige anche una responsabilità sociale di alto profilo”.

Milena Castigli: