“Il 21 marzo c’è stata una nota dell’amministrazione penitenziaria rivolta agli istituti penitenziaria in cui si diceva che rea necessario esaminare le condizioni di salute dei singoli detenuti e tramettere ai tribunali di sorveglianza perché valutassero la compatibilità della protrazione della detenzione in questo momento di rischio, di questa nota la direzione nazionale antimafia ha appreso l’esistenza solo il 21 aprile– spiega a Radio24 il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho-. L’amministrazione penitenziaria ha lasciato intendere di non essere in grado di escludere il rischio spostando la responsabilità sui tribunali, i detenuti potevano essere assegnati a centri di cura penitenziari invece si è optato per i domiciliari perché ci si è lasciati prendere dal rischio del contagio”. A proposito dei detenuti in 41bis il procuratore nazionale antimafia sottolinea:“Non si comprende perché ci fosse questa preoccupazione si tratta di detenuti in isolamento e dunque impossibili da contagiare, bastava un termoscanner”.
Profitto
A Radio24 è intervenuto anche uno dei virologi in prima linea contro la pandemia. “Nulla è gratis, è vero che il donatore dona agisce gratuitamente per spirito civile ma c’è poi un processo tecnologico importante, c’è una plasmaferesi, esami di laboratorio, del personale e tutto questo ha un costo per il sistema sanitario nazionale“, afferma il professor Pierluigi Lopalco, ordinario di Igiene all’Università di Pisa e responsabile del coordinamento regionale emergenze epidemiologiche dell’Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale della Regione Puglia. E aggiunge: “E’ vero che non c’è un guadagno diretto di un’unica azienda, chi vende macchinari e fa test fa il suo giustissimo profitto”.