“In questa situazione inedita, in cui tutto sembra vacillare, aiutiamoci a restare saldi in ciò che conta davvero”. Sono queste le parole che aprono il videomessaggio di Papa Francesco, registrato in occasione del momento di preghiera promosso dalla Cei nel giorno di San Giuseppe e veicolo di un invito a restare saldi e uniti, nella fede e nel rispetto reciproco, durante la fase più delicata dell’emergenza Covid-19: “È un’indicazione di cammino che ritrovo in tante lettere dei vostri Pastori che, nel condividere un momento così drammatico, cercano di sostenere con la loro parola la vostra speranza e la vostra fede”. La preghiera del Rosario, ha detto il Santo Padre, “è la preghiera degli umili e dei santi che, nei suoi misteri, con Maria contemplano la vita di Gesù, volto misericordioso del Padre. E quanto bisogno abbiamo tutti di essere davvero consolati, di sentirci avvolti dalla sua presenza d’amore”. L’appello è a farci “prossimo l’uno dell’altro, esercitando noi per primi la carità, la comprensione, la pazienza, il perdono”, anche in un contesto in cui “per necessità i nostri spazi possono essersi ristretti alle pareti di casa, ma abbiate un cuore più grande, dove l’altro possa sempre trovare disponibilità e accoglienza”. Anche il falegname di Nazareth, ha concluso il Papa, “ha conosciuto la precarietà e l’amarezza, la preoccupazione per il domani; ma ha saputo camminare al buio di certi momenti, lasciandosi guidare sempre senza riserve dalla volontà di Dio”.
Il dramma
Una preghiera che giunge nel momento più drammatico, in cui aumenta il numero di vittime del contagio che in questi giorni sta interessando in modo sensibile anche tanti sacerdoti. Sono oltre trenta i presbiteri morti, un tributo pesante che colpisce Bergamo con tredici decessi. Senza contare i quindici preti, sempre nella città lombarda, ricoverati in ospedale; almeno un paio di loro si trovano ricoverati in terapia intensiva.
I sacerdoti
Tra i sacerdoti deceduti grande commozione ha suscitato, all’interno dell’ambiente della Conferenza Episcopale Italiana, la dipartita di don Vincenzo Rini, giornalista, per anni alla guida della Federazione dei settimanali cattolici. Don Rini è morto all’ospedale di Cremona, dove è deceduto anche un confratello di oltre 100 anni; il vescovo della diocesi, monsignor Antonio Napolioni, è guarito e, dopo essere stato dimesso dall’ospedale, ha ricevuto la telefonata di Papa Francesco. Nei giorni passati il Pontefice aveva chiamato anche le diocesi di Lodi e Bergamo.
Un’opera instancabile
I sacerdoti sono tra le categorie di persone più coinvolte dal contagio, per missione e per loro costante presenza tra la gente. Nonostante le attuali misure restrittive impediscano la celebrazione di Messe, funerali e altre liturgie, molti presbiteri continuano nella loro instancabile opera di vicinanza a malati e anziani. Sono presenti tra le famiglie straziate dai lutti garantendo almeno la benedizione delle salme dei loro cari. Non si risparmiano accanto ai poveri nelle mense o nelle attività di assistenza ai clochard.
Le lacrime delle diocesi
Tra le diocesi che piangono per la salita in cielo dei loro pastori c’è anche quella di Parma con quattro sacerdoti molto anziani morti, ma anche uno più giovane, don Andrea Avanzini, di 55 anni, probabilmente contagiato dalla madre anziana. Quattro quelli deceduti a Piacenza, anche se solo per uno di loro è certa la diagnosi di coronavirus; gli altri tre erano già malati. In Piemonte sono due i presbiteri passati a miglior vita, mentre se ne conta almeno uno per ognuna delle diocesi di Milano, Lodi, Brescia e Reggio Emilia. È giovanissimo, invece, il sacerdote morto in Campania: don Alessandro, parroco a Caggiano (Salerno), di appena 45 anni. Aveva partecipato a un ritiro di neocatecumenali – nel quale la maggior parte delle persone è stata contagiata – svoltosi prima delle misure restrittive poste in essere dall’esecutivo.