Sembra solo questione di tempo prima che la Scozia scelga di giocarsi la carta dell'IndyRef e scegliere, una volta per tutte, da che parte stare. A rilanciare l'ambizione di una secessione scozzese è stata la leader dello Scottish National Party, Nicola Sturgeon, una che non ha mai nascosto le sue mire indipendentiste e tutt'altro che favorevole ad adeguare il Paese alle logiche della Brexit. L'obiettivo, ha detto a margine di un evento all'European policy centre, è “tornare nel Parlamento europeo come una nazione indipendente. E' risaputo che la maggioranza degli scozzesi ha scelto di rimanere nell'Ue quando è stata fatta loro la domanda durante il referendum del 2016”. Il primo ministro tira nuovamente fuori il giorno in cui i britannici scelsero (per un soffio) di tirarsi fuori dall'Unione europea, dovendo però fare i conti con un Paese sostanzialmente diviso e che proprio in Scozia vedeva un baluardo del Remain. E Sturgeon non manca di notarlo: “Stiamo lasciando l'Ue in un momento in cui non abbiamo mai beneficiato così tanto dell'Unione, in cui non c'è mai stato così tanto bisogno di Ue”.
Sondaggi positivi
Non dimentica, il primo ministro scozzese, che la sua occasione la Scozia l'ha avuta nel 2014, scegliendo di restare nel novero del Regno Unito quando ancora, però, di Brexit si parlava a fasi alterne, o comunque come di una possibilità non troppo realistica da mettere in atto. Del resto, il risultato della consultazione del 2016 prese alla sprovvista anche il premier di allora, David Cameron, che mise sul piatto le dimissioni aprendo la via a Theresa May e la stagione infinita delle trattative andate in porto (per la prima parte) appena una decina di giorni fa. Ora però, alla luce dei risultati del referendum di quattro anni fa, la Scozia torna ad alzare la voce per ottenere una nuova chiamata al voto e verificare quanto la Brexit abbia influito sul sentimento degli scozzesi che, all'epoca, non vollero sganciarsi dall'egemonia di Londra. I sondaggi effettuati fin qui dicono che un nuovo voto molto probabilmente staccherebbe la Scozia dall'Inghilterra e dal Galles, costringendo le autorità britanniche a rivedere il design storico dell'Union Jack senza la Croce di Sant'Andrea.
Verso l'IndyRef
Al The Scotsman, in occasione del Brexit Day, Sturgeon aveva delineato quali sarebbero le conseguenze di una Scozia fuori dall'Unione europea, prima fra tutte l'impoverimento della popolazione, tracciando un quadro decisamente allarmista sulla questione Brexit: “Pone un rischio diretto per l'occupazione, la prosperità e gli investimenti – e, sotto il governo di Boris Johnson, siamo pronti a vedere una pericolosa divergenza dall'Ue su questioni vitali come la protezione ambientale, le norme alimentari e i diritti dei lavoratori”. Da parte sua, Londra continua a ritenere la possibilità di un nuovo referendum scozzese un possibile cattivo esempio (vista anche un'Europa mostratasi ben disposta a riaccoglierli) per altri movimenti secessionisti europei, ben più accesi di quello in Scozia: “Penso che sia stato francamente non europeo e irresponsabile – ha detto il ministro degli Esteri inglese, Dominic Raab, in merito alla manifesta apertura di Donald Tusk alla Scozia – date le tendenze secessioniste e separatiste in Spagna, Francia e Italia”. Va da sé che, anche alla luce dello slancio democratico che ha portato alla separazione dell'Ue, Londra non potrebbe esimersi dal concedere agli scozzesi un nuovo IndyRef. In nome degli stessi principi. E senza Scozia potrebbe essere tutta un'altra Brexit.