UN PARROCO TRA LE MACERIE

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Esserci per condividere lacrime, abbracci o sguardi velati di sollievo. In momenti come questi il prete deve esserci, per la gente. Ne è convinto don Fabio Gammarrota, parroco di Cittareale e Posta, piccoli comuni del Reatino vicini ad Amatrice. In passato don Fabio è stato parroco nella cittadina rasa al suolo dal terremoto e ha insegnato nel liceo scientifico, è impegnato “sul fronte” fin dalla notte in cui il sisma ha colpito il centro Italia. La sua immagine, al lavoro tra le macerie con gli abiti e i capelli impolverati e le mani protette da guanti neri, è stata trasmessa da un telegiornale nazionale. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per un aggiornamento “sul campo”. Intanto il bilancio ufficiale dei morti causati dal sisma sale a 290.

Come è la situazione oggi?
Durante la notte è proseguita ininterrottamente la ricerca dei superstiti e le operazioni di soccorso vengono svolte con grande umanità e competenza dalle squadre. Dopo la sensazione di caos e i comprensibili momenti di confusione delle prime ore, le colonne provenienti dalle varie Regioni coordinate dalla Protezione civile hanno preso in mano la situazione. Ieri nella gente c’era grande smarrimento e disperazione, oggi vedo un po’ di sollievo in chi ha ritrovato vivi i propri cari, ma rimane la grande sofferenza di chi non sa darsi ragioni per averli perduti. Sono state da poco estratte dalle macerie due bambine vive: un segno di grande speranza, ma purtroppo sono stati trovati anche una ventina di corpicini senza vita. Le scosse sono continuate tutta la notte e proseguono ancora. Eccone un’altra mentre stiamo parlando… Lo sciame sismico ha dato il colpo di grazia all’Istituto femminile Don Minozzi nel quale sono decedute tre suore e quattro ospiti. Una grande struttura ad archi che campeggiava all’ingresso di Amatrice e sembrava accogliere chi arrivasse in città… Al suo posto ora c’è un vuoto immane, spettrale. La sensazione è quella di un territorio familiare che non è più il tuo, di una realtà estranea che non ti appartiene più perché è venuto meno un simbolo che faceva parte della storia, della vita e dell’identità del territorio e dei suoi abitanti.

Come ha trascorso la prima notte?
Alle due le gambe non mi reggevano più. Ieri mattina, dopo essermi accertato che la mia parrocchia di Cittareale e Posta non avesse subito danni e che i suoi abitanti stessero tutti bene, mi sono precipitato ad Amatrice per dare una mano ai soccorritori e offrire vicinanza alle persone. Sono stato qui dalle quattro di ieri mattina fino alle due di questa notte, poi sono rientrato per un po’ a Cittareale. Volevo rivedere i miei parrocchiani, uno dei quali è deceduto perché la scorsa notte si trovava ad Amatrice. Nessuno ha voluto dormire in casa. Abbiamo cercato di riposare qualche ora in macchina, tutti insieme, presso la rocca. Dormire per me non è possibile…

E qui la voce si spezza in un singhiozzo ed è palpabile la commozione. Poi le parole escono rotte e a fatica: “Se chiudo gli occhi ho davanti le immagini terribili dei cadaveri estratti dalle macerie. Corpi contratti, contorti, deformati; volti tumefatti, stravolti… Quanti ne ho benedetti… Corso Umberto I, quello che era lo ‘struscio’ di Amatrice, è trasformato in passerella di morte dove ora sfilano carovane di ambulanze diventate carri funebri. Nelle prime ore non era stato identificato un locale per accogliere i cadaveri, ma ora vengono tutti trasportati all’Istituto maschile Don Minozzi dove è stato allestito l’obitorio ufficiale e vengono collocati separando nelle tende uomini, donne e bambini.

E’ riuscito a incontrare qualche familiare delle vittime?
Io qui conosco la maggior parte delle famiglie. Sono stato parroco e docente al liceo scientifico. Ti guardano con gli occhi pieni di lacrime… Non ci sono parole. In un’abitazione crollata accanto alla chiesa di Sant’Agostino è morta una famiglia di quattro persone. Un amico carabiniere mi ha detto: ‘E’ meglio che siano morti tutti, che non sia sopravvissuto nessuno’. Molti, in attesa sui varchi di avere notizie dai soccorritori chiedono insistentemente perché.

Lei, uomo e sacerdote, come si sente interpellato?
Occorre anzitutto esserci fisicamente, anche se la mente è sottoposta a visioni, emozioni e provocazioni che destabilizzano. Tuttavia ci sei per condividere lacrime, abbracci o sguardi velati di sollievo. Il prete deve esserci, per la gente. Per ora basta questo, alla domanda ‘perché’ non ho risposta.

Come parrocchia vi state muovendo?
Cittareale è un punto logisticamente strategico per Amatrice. La colonna dei soccorsi, uomini e mezzi, fa base negli impianti sportivi comunali dove sono allocati mezzi e 470 vigili del fuoco. Per fortuna l’area è ben organizzata e fornita di servizi. Inoltre, la delicatezza e la solidarietà di parrocchiani, volontari locali e Comune ha voluto allestire una cucina da campo per preparare e offrire a quanti sono impegnati in giornate interminabili di soccorsi almeno un pasto caldo la sera, una vera cena, secondo i turni. Ieri intorno alle 22 c’è stata il primo, significativo momento per “ritrovarsi”.

Di che cosa ha bisogno Amatrice?
Anzitutto vorrei ringraziare per la solidarietà e le offerte di aiuto che sto ricevendo da tutta Italia. Per ora servono tende da quattro o sei posti, brandine, materassini, coperte, tutto quello che le può rendere abitabili e confortevoli. Sarebbero utili anche generi alimentari da tenere in tenda per colazioni e merende – tè, caffè, zucchero, latte a lunga conservazione, biscotti, pane –, e materiali di primo soccorso. Tutto quello che arriva – e Coldiretti mi ha appena avvertito che sono in viaggio due Tir carichi di aiuti alimentari – viene raccolto nel Palazzetto dello sport di Amatrice. Però, al di là di questi primi giorni di emergenza, occorre essere lungimiranti e pensare in vista dell’inverno a prefabbricati idonei, realmente abitabili, magari successivamente riutilizzabili come ‘villaggio allargato’. Qui è davvero freddo, stamattina alle 6 c’erano 7 gradi.

Tratto dal sito AgenSir. Per leggere l’articolo sul sito clicca qui.

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