Enorme, posta in una zona inaccessibile, individuata nel 2006 ma, finora, rimasta in attesa di una tecnologia che consentisse un’osservazione dettagliata. Il luogo è l’Abruzzo, precisamente sul costone del Monte Cagno; la scoperta, un’orma di dimensioni considerevoli di un dinosauro teropode (quindi assai probabilmente un carnivoro, sicuramente bipede) lunga ben 135 centimetri, posta su una superficie rocciosa impervia e risalente a un periodo compreso fra 125 e 112 milioni di anni fa, in pieno periodo Cretaceo inferiore. Tali proporzioni, ne farebbero il più grande dinosauro carnivoro di cui sia abbia avuto finora notizia nel nostro Paese. All’epoca, la conformazione del paesaggio non era ovviamente quella attuale e, al netto di ulteriori studi, il terreno sul quale il gigante ha lasciato la sua orma avrebbe avuto più o meno l’aspetto delle attuali isole caraibiche.
L’orma e la datazione
La scoperta è stata effettuata da alcuni ricercatori dell’Istituto di geofisica e vulcanologia (Ingv), i quali si sono avvalsi di un drone per osservare più da vicino l’impronta del dinosauro e fotografarla, trasferendo poi le immagini su un computer in grado di riprodurre tridimensionalmente un modello di dinosauro sulla base di pochissimi elementi. Fabio Speranza, il ricercatore che, per primo, l’ha individuata 11 anni fa, ha spiegato che “si trova su una parete quasi verticale, a circa 1900 metri di altezza, raggiungibile solo in assenza di neve dopo un’escursione di circa due ore, partendo dal paese di Rocca di Cambio in provincia de L’Aquila”. Al fianco dell’orma “madre”, è possibile notarne altre più piccole, circostanza che potrebbe far pensare sospettare la presenza di altri dinosauri nel sito anche se, come specificato dai ricercatori, non è possibile stabilire se fossero un gruppo o se gli altri individui camminassero per proprio conto. L’unico dato certo è la dimensione e la forma delle altre tracce, più piccole e allungate.
Dal Gondwana alla Laurasia
Analizzando la posizione, sembrerebbe che il teropode abbia lasciato impressa la sua presenza in quella che oggi è una roccia calcarea mentre era piegato a terra, intento a riposarsi: “Sono riconoscibili le impronte delle dita, la traccia allungata dei metatarsi e il segno dell’articolazione della caviglia – ha spiegato Paolo Citton, paleontologo e geologo dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ -. E’ probabile che l’orma, affiancata da una simile e parallela, sia stata lasciata da un terapode gigante accucciato mentre riposava”. Una scoperta importantissima, grazie alla quale è possibile non solo stabilire la presenza sul suolo italiano del periodo fra l’Aptiano e l’Albiano di un carnivoro di proporzioni evidentemente enormi, ma anche di definire con più chiarezza la geografia dell’odierno bacino mediterraneo durante il Mesozoico: “Le tracce – ha concluso Citton – potranno aggiungere particolari sulla fauna dinosauriana italiana, oltre a confermare scenari di ripetute migrazioni dal continente Gondwana alle piattaforme carbonatiche dell’area mediterranea, che risultavano accessibili con l’abbassamento del livello del mare”.