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UN ARGINE AI NAZIONALISMI BELLICOSI

Siamo alle solite, la politica non riesce a sintonizzarsi con la volontà popolare. Quando Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi pensarono un’Europa libera e unita avevano in mente, come tutti ricordiamo e la Commissione Europea pone nella premessa del suo “libro bianco” sul futuro dell’Europa, un luogo condiviso, un tavolo comune per sedere tutti insieme ed affrontare e risolvere i conflitti anziché portarli sui campi di battaglia. Ai tanti uccelli del malaugurio che pronunciano epitaffi volgari su questi settant’anni di “comunione europea” va sbattuto in faccia un risultato che neanche più hanno l’intelligenza di valutare, quello della pace tra gli Stati d’Europa. Stati, fin lì, sempre pronti a menar le mani, a deprimere la cultura europea, a farla decadere al livello di elitaria ispirazione poetica.

Ebbene, oggi, con molta chiarezza vanno respinte e sconfessate tutte quelle forze politiche, in Italia come negli altri Paesi del Vecchio Continente, che rispolverano un linguaggio bellicoso, figlio di intelligenza limitata e di molti, chiari interessi economici sprezzanti verso la pace, la sicurezza, le libertà. Queste forze politiche affrontano i temi complessi dello stare insieme con un’intonazione muscolare, ma noi, cittadini d’Europa non dobbiamo passare sotto silenzio il fatto che l’Unione Europea nacque per l’ispirazione di chi la guerra l’aveva vissuta, e talvolta fatta, personalmente. Non può soffocarsi un moto di rabbia, e per fortuna ne scaturisce una voglia forte di resistenza, per dover sopportare che i nostri destini siano nelle mani di portatori infetti di interessi che contrastano la storia di una grande successo, l’Europa unita.

Se una caratteristica va riconosciuta alla costruzione dell’Europa, questa consiste nel fatto di aver delineato un processo progressivo, un percorso fatto di molte negoziazioni che ha, via via, tolto di mezzo gli ostacoli, alcuni con forti caratterizzazioni storiche, per valorizzare il senso e l’utilità di stare insieme. Ecco, sull’utilità giocano le loro carte gli oppositori dell’Europa. Dicono che gli eurocrati, fra quali comprendono anche gli eletti nel Parlamento europeo, si dilettano a stabilire regole, talvolta intrusive, banali mentre, all’affacciarsi di problemi seri, la globalizzazione e l’immigrazione, la crisi sociale, spariscono dalla circolazione e lasciano gli Stati nazionali da soli, salvo perseguitarli con procedure e sanzioni.

Su questo piano, i corpi elettorali degli Stati europei debbono tutti insieme risvegliare le loro coscienze. Un tentativo burocratico, con forte deficit democratico, di dotare l’Europa di una sua Costituzione è stato soffocato in culla dai francesi e dagli olandesi. La creazione di partiti europei, cioè disancorati da vincoli territoriali, non è mai decollata, anzi non se ne è proprio sentito parlare. Difesa comune, modello sociale comune, sono rimasti temi da convegno, agitati per placare le coscienze più avvertite. Insomma, abbiamo registrato piuttosto limiti che non opportunità. È il momento di riprendere seriamente in considerazione l’avvio di una stagione costituente europea. Se pensiamo di tenere in piedi l’Europa senza un sottostante terreno comune, coltivato delle regole fondamentali di ogni consorzio civile (di cui quelle dei trattati costituiscono, fatta eccezione per le premesse generali che li precedono, applicazioni) avremo fra i piedi, per sempre, visioni politiche parziali ed interessate per lo più a riconquistare spazi nazionali a scapito del bene comune europeo e, se si vuole, del bene comune globale.

La Commissione europea, nel suo libro bianco, indica alcuni motivi di successo dell’Europa: il mercato unico più grande del mondo, la seconda moneta più utilizzata, la principale potenza commerciale, il primo donatore di aiuti umanitari e allo sviluppo. Dovrebbero bastare a renderci ottimisti, a meno che i commissari europei non siano dei grandi bugiardi. Se la politica si frammenta in 100 proposte riformatrici, tutte scaturite da analisi al ribasso, un motivo dovrà esserci. Io, onestamente, penso che il libro bianco manchi di una ispirazione europeista. Penso che si debba salvaguardare la storia dell’Europa nelle sue espressioni nazionali e che si debba andare verso gli Stati uniti d’Europa con una nuova Costituzione per la quale vale la pena di battersi in campo aperto. La Commissione, per il futuro dell’Europa, traccia cinque scenari attribuendo loro le seguenti denominazioni: “ avanti così”, “ solo il mercato unico”, “chi vuole di più fa di più”, “fare meno in modo più efficiente”, “fare molto di più insieme“.

A noi il compito di scegliere come fare molto di più insieme: a partire da un impegno che dobbiamo assumere di mandare in Europa, con la nostra volontà elettorale liberamente manifestata, gli eredi di de Gasperi, non certi modestissimi politicanti di oggi che brandiscono la sovranità nazionale e spalancano la strada al pericolo che l’Europa cambi direzione per imboccare quella che porta al disastro bellico.

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