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TRAFFICO DI ORGANI MAI NATI

Uccidere una vita è di per sé abominevole, farlo quando la vittima non si può difendere è aberrante, vendere i pezzi del corpo è perverso. Eppure accade, in un mondo che sta scivolando sempre più verso l’indifferenza, dove tutto è lecito purché non faccia male ad altri, intendendo però con questa locuzione qualcuno al quale venga data pari dignità. Non certo gli ultimi, i più disgraziati, coloro che non hanno voce per difendersi. E chi, tra questi, ha meno voce di chi non è ancora nato? Coloro che alimentano la deriva abortista, per cui la convenienza personale viene prima del diritto alla vita dei propri figli, spesso non si rendono conto di quali meccanismi s’inneschino.

Ciò che avviene al di là dell’Oceano ne è un esempio preoccupante, inquietante. Un’associazione americana nata con lo scopo di difendere i diritti delle donne (e per questo in prima linea sul tema dell’aborto) e al centro di uno scandalo per la presunta vendita di organi fetali e parti del copro di esseri umani abortiti.

La rivelazione choc viene da un video girato di nascosto da un investigatore che si finge interessato all’acquisto. Protagonista è la dottoressa Deborah Nucatola, direttrice dei Servizi sanitari dell’associazione Planned Parenthood, che “intercettata” a tavola, tra un bicchiere di vino e un’insalata, dichiara di essere disposta a vendere organi fetali. Oltre a quello del ristorante, la dottoressa sciorina un altro menù agghiacciante: fegato, testa, polmoni, cuore, intestino. Tutto a disposizione, ogni cosa ha un prezzo.

Ma è lecito tutto ciò? La risposta è no, o almeno non ancora. Finché l’essere umano avrà una propria dignità, anche la legge lo tutela. Il Dipartimento di Giustizia statunitense prevede pene severe per questo tipo di commercio. Ma il punto non è solo legale – azione che peraltro ancora non ha portato i frutti auspicati – ma culturale. La difesa della vita umana, in ogni sua forma, sta perdendo sempre più forza. C’è l’aborto, la pillola del giorno prima, quella del giorno dopo, quella di cinque giorni dopo… Tutto a tutela del proprio diritto alla maternità; ma del diritto del bambini a nascere nessuno ne parla. Uno schiaffo alla vita.

In questi giorni una petizione per “costringere” i tribunali americani ad affrontare la questione è stata lanciata da citizenGO, il quale sta raccogliendo le firme per impedire questo orribile mercimonio.
Il passaggio da una commissione per un aborto ad un aborto su commissione è troppo labile per non percepirne la pericolosità. E già oggi si parla di interruzioni di gravidanza “su misura”, di operazioni chirurgiche cioè fatte in maniera tale da non rischiare di “rovinare” la parte che interessa al compratore, o anche di feti parzialmente nati, con l’intento evidente di alzare il prezzo per organi completamente formati.

Ufficialmente si parla di tessuti donati dalle pazienti, ma il rischio che dietro si alimenti il commercio è altissimo. Quando la persona diventa merce di scambio viene uccisa la sua umanità, che sia per una nascita o per un trasferimento da un Paese in guerra in una zona di pace, dalla vendita del corpo per soddisfare istinti primitivi allo sfruttamento nei campi.

La Planned Parenthhod (letteralmente, “genitorialità pianificata”) è il nome collettivo delle organizzazioni nazionali non governative affiliate alla International Planned Parenthood Federation, fondata negli Stati Uniti, che fa azione di lobby in favore della legislazione abortista. Fa impressione sapere che chi propugna questo tipo di realtà sia ufficialmente impegnato in difesa della salute e dei diritti della donna. Ma questo purtroppo è il mondo che stiamo disegnando per i nostri figli… sempre che riescano a venire al mondo.

 

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