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Terrorismo
ad Arte

L’Isis non smentisce la sua indole barbara. Questi islamisti dallo spirito nazista, dopo essersi manifestati con l’orrore delle decapitazioni in diretta tv ora diffondono i video che testimoniano la distruzione delle statue e dei bassorilievi di epoca assira custoditi nel museo di Mosul. Giustificano questa barbarie con il rispetto del Corano ricordando il gesto di Maometto che distrusse gli idoli venerati dalle tribù arabe nell’era preislamica.

Uno schiaffo alla civiltà, alla storia, alle radici dell’uomo. Il Califfato in precedenza aveva distrutto le mura di Nemrud, la gigantesca porta di Nergal con i leoni alati. I miliziani neri hanno bruciato migliaia di manoscritti rari, molti di cultura islamica, che si trovavano nella biblioteca di Mosul. Distruzioni che suonano come una vigliaccheria in difesa di quella loro ideologia troppo fragile per resistere alla Storia. Prima di loro furono i talebani a distruggere i buddha di Bayman in Afghanistan, poi gli Shabab in Somalia hanno demolito le tombe dei “giusti” islamici. Tre anni fa a Timbuctu, i jihadisti di Ansar Dine abbatterono le moschee erette dagli antichi re del Mali. I libri rari della famosa biblioteca di Timbuctu sono stati in gran parte salvati dalla popolazione che li ha nascosti nelle loro case.

Il dio denaro più forte anche di Allah: molti dei bassorilievi dell’antica Ninive strappati dalle mura con le seghe a motore sono finiti sul mercato nero delle opere d’arte insieme a monete e piccole statue, venduti grazie a compiacenti contrabbandieri in Turchia. Per procurarsi maggiori introiti le “bestie nere” del Califfato hanno spianato con le ruspe la via colonnata di Palmira per recuperare i capitelli così da poterli più agevolmente venderli. Quell’arte “blasfema” è stata sfruttata dal Califfato per finanziare la sua guerra e i suoi orrori.

Complici anche i mercanti d’arte illegali europei sempre pronti a fare affari anche con oggetti macchiati di sangue e frutto di tragedie altrui. Ma non è finita. E l’umanità tutta deve mobilitarsi per difendere il patrimonio culturale mondiale. Infatti nel mirino dell’Isis ci sono la Sfinge di Giza, le piramidi, i ritratti di Iside, e i meravigliosi geroglifici con le scene di vita quotidiana dell’antico Egitto. Il gruppo Ansar Bayt al Maqdis, affiliato all’Isis che opera in Egitto tagliando teste e uccidendo cristiani copti, si prepara a imitare le milizie del Califfato anche nella distruzione delle opere d’arte.

Rischio evidente anche in Libia dove il patrimonio archeologico di epoca romana, da Cirene a Sabrata a Leptis magna, è stato in questi anni preservato dalla cura di tante missioni archeologiche italiane con l’ausilio degli autoctoni anche dopo la caduta di Gheddafi; e ora rischia di essere smantellato e di finire in vendita sul mercato nero. E c’è da pensare che l’obiettivo di conquistare Roma sia quello di fare a pezzi le tante opere d’arte del nostro Paese. Non a caso in un ultimo video di minaccia verso Roma si vede un Colosseo incendiato dove sventola la bandiera nera dell’Isis.

L’abominio di fare scempio di opere d’arte e libri non ha nulla a che vedere con la religione e la difesa del monoteismo. I salaf, i principi che succedettero a Maometto, e i califfi dell’anno Mille non ebbero questi eccessi iconoclastici. Basti andare al museo Topkapi, dove tra le altre figure dipinte ce ne sono molte che rappresentano lo stesso Maometto persino in compagnia di Gesù. In tutti questi secoli nessuno li ha censurati o peggio disintegrati.

Dobbiamo fare attenzione ed essere pronti a reagire. La distruzione di queste testimonianze antiche equivale a spegnere la nostra memoria. Un Alzheimer culturale indotto a colpi di martello ed esplosivo.

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