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Suor Eugenia Bonetti: “Agire subito contro la tratta”

Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, vissuta in Africa per 24 anni, dal 1993 impegnata in un centro Caritas di Torino dove ha conosciuto il mondo della notte e della strada e ha incontrato il volto, le storie, le sofferenze, la disperazione e la schiavitù di tante donne portate in Italia con il miraggio di una vita confortevole per trovarsi poi nelle maglie della criminalità. E’ stata tra le suore che hanno lottato per organizzare la prima giornata mondiale contro la tratta, che si terrà la prossima domenica. Ed ha contribuito ad organizzare la veglia di preghiera in programma domani sera alle 20,30 nella basilica dei SS. Apostoli a Roma.

“Il senso completo non solo della veglia ma della prima giornata mondiale contro la tratta di esseri umani – racconta suor Eugenia – per noi è un grande traguardo che ha richiesto fatica, comunicazione, collaborazione, sentirci in rete per lo stesso scopo: dare voce a tante migliaia di persone che nessuno vuole sentire perché danno fastidio, turbano la nostra quiete.

Questa giornata rappresenta motivo di soddisfazione per tutte le organizzazioni che da anni si battono contro questa terribile schiavitù del XXI secolo. Celebreremo insieme questa veglia di preghiera, che non sarà un appuntamento esteriore ma dovrà arrivare al cuore di ogni persona per aiutarci a capire che la schiavitù oggigiorno non è più possibile. Come dice il Papa, è davvero una terribile piaga, un crimine contro l’umanità.

Finalmente – prosegue – ci sarà una presa di posizione pubblica, dove tante organizzazioni possono trovarsi insieme per dire “Mai più schiavi”. Noi dobbiamo lavorare per ridare ad ogni persona la dignità, la propria libertà e identità. Chiedere perdono al Signore, con una speranza, un’apertura verso il futuro che solo lavorando in sinergia possiamo sperare di dare risposte concrete.

Il nostro obiettivo – precisa – è il rilancio del tema della schiavitù, uno stimolo a pensare, a lottare contro questa piaga. Deve essere una giornata mondiale ed ecclesiale, dove la Chiesa e le comunità cristiane devono sentire con forza la spinta a muoversi.

La schiavitù ce l’abbiamo in casa, in forme diverse. Dobbiamo svelarle e dire: qui c’è una piaga, che noi dobbiamo curare. Siamo proprio noi Paesi civilizzati a ridurre la gente a merce, sono i nostri Paesi ricchi a creare le condizioni per la schiavitù. Essa è come una catena, che ha tanti anelli, o ognuno ha un nome: c’è la povertà, la richiesta, l’indifferenza, i governi, le istituzioni. E ci siamo anche noi cristiani, con la nostra apatia con la quale facciamo finta di non vedere. Dobbiamo spezzare questi anelli per liberare queste persone dalla schiavitù. Nessuno – come diceva don Oreste Benzi – nasce schiavo, nessuna donna nasce prostituta, nessun bambino viene al mondo per fare la guerra né per essere usato come merce per la vendita di organi. Dobbiamo urlare il nostro no a questa realtà, non fare finta che non esista. E agire”.

 

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