È stato presentato in Senato il rapporto di Italians for Darfur che ha evidenziato come si sta assistendo “a un aggravamento della violazione dei diritti umani, alle limitazioni della libertà religiosa, alle persecuzioni verso i cristiani, a stupri di massa e al reclutamento di bambini soldato”. Le scioccanti dichiarazioni arrivano da Antonella Napoli, presidente della Onlus. Dal 2003, il Darfur è teatro di un conflitto che contrappone la locale maggioranza nera della popolazione, composta da tribù sedentarie, e la minoranza nomade, originaria della Penisola arabica, che forma la maggioranza del resto del Sudan.
Quest’ultima, dai primi del XXI secolo, è stata sempre appoggiata dal governo centrale. I contrasti fra popolazioni nomadi e sedentaria sono cosa antica, ma nel 2002 il governo ha strumentalizzato questi conflitti per fini politici, in particolare con lo scopo di eliminare i movimenti autonomisti nati fra le tribù stanziali, anche se la motivazione più probabile sembra quella in relazione alla questione degli approvvigionamenti petroliferi. Il Darfur e il Sudan sono delle zone con il più basso reddito pro-capite dell’Africa, ma allo stesso tempo sono i loro territori sono fra i più ricchi di materie prime.
Secondo il rapporto di Italians for Darfur, nonostante il conflitto duri da 12 anni, durante il quale hanno perso la vita oltre 300 mila persone e oltre due milioni siano sfollati, la crisi nella regione ora sta registrando nuovi picchi di violenze. “Secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si stima che tra gennaio e agosto 2014 ben 400 mila persone hanno dovuto lasciare le loro case, 2,7 milioni sono, invece, i rifugiati dall’inizio del conflitto – ha aggiunto Antonella Napoli – Si calcola che in tutto il Sudan siano circa 4 milioni le persone che richiedono assistenza umanitaria.
Secondo gli ultimi dati, per la fine del 2015 i nuovi sfollati saranno oltre mezzo milione”. Nello scorso anno, secondo i dati presentati dalla presidente della Onlus, si è verificato un picco di violazioni dei diritti nei confronti dei cristiani, tanto da far entrare il Sudan nella top ten della World Watch List, ossia l’elenco dei 50 Paesi dove la persecuzione verso i cristiani è più intensa, balzando al sesto posto. “Abbiamo denunciato anche i recenti stupri, – ha concluso Antonella Napoli il suo intervento – tra cui l’episodio più grave a Tabit, dove sono state violentate 221 donne, sia adolescenti che bambine”.