Solo 7100 esemplari in natura: il ghepardo rischia di scomparire

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E’ il felino selvatico più mansueto e più incline a interagire con l’uomo, assai raramente mostrandosi aggressivo. Caratteristiche non comuni per un animale selvaggio, le quali ne rendono possibile l’osservazione delle sue abitudini di caccia e di relazione sociale. Questi aspetti comportamentali, invece, si stanno velocemente trasformando in una condanna per l’animale che le possiede: il ghepardo. Si tratta dell’animale terrestre più veloce, in grado di raggiungere i 110 chilometri orari lanciato in campo aperto. Una dote utile nel procacciamento del cibo ma non altrettanto per sfuggire al sempre più concreto rischio di estinzione, favorito da numerose cause, non ultima delle quali il commercio illegale dei cuccioli, strappati al loro habitat per essere rivenduti, principalmente nel Golfo Persico, come animali domestici.

Un giro d’affari di grosse proporzioni poiché, un esemplare in giovane età, può valere fino a 10 mila dollari. Stando ai dati statistici riguardanti questa forma di contrabbando, negli ultimi 10 anni  sono stati oltre 1200 i ghepardi esportati e venduti sul mercato nero. La maggior parte dei quali, però, non sopravvive ai vari viaggi: una mattanza pari all’85%.

L’ultimo censimento effettuato dai ricercatori della “Zoological Society” di Londra, ha contato solo 7100 esemplari in natura, peraltro ripartiti in appena sei Stati meridionali dell’Africa. Un dato già di per sé estremamente preoccupante il quale, come se non bastasse, sembra destinato a peggiorare. Secondo alcune previsioni, si stima che, nei prossimi 15 anni, il numero di Acinonyx jubatus (nome scientifico del ghepardo) potrebbe essere ulteriormente ridotto, rendendo assai concreto il rischio della definitiva scomparsa della specie allo stato selvatico. Il dato più esemplificativo, in questo senso, giunge dallo Zimbabwe dove, dal 2000 a oggi, si è vertiginosamente passati da 1200 a 170 esemplari sul territorio.

Forti responsabilità, come prevedibile, sono da attribuire all’attività umana sull’area di caccia dei felini: la riduzione del loro habitat naturale, in virtù della realizzazione di pascoli e campi agricoli, ha grandemente contribuito a decimare la popolazione di ghepardi nelle savane africane, vittime di uccisioni da parte degli allevatori (anche se sono estremamente rari i casi di attacchi a mandrie domestiche) o dei cacciatori di frodo, che ne prelevano e rivendono le pelli.

La speranza di sopravvivenza di questi grandi carnivori, è legata ai vari tentativi di reintroduzione in natura, almeno nelle aree dove questa risulta possibile. Esistono infatti alcuni territori, nei quali il ghepardo è da tempo in fase di regressione, dove un ripopolamento risulterebbe estremamente complesso, ma è pur vero che altre zone del Continente africano ben si prestano a ospitare la specie. Al tal proposito, sono stati sviluppati programmi di reinserimento, volti a stimolare nuovamente gli istinti da predatore delle specie ospitate nelle aree protette, al fine di riabituarli alle consuetudini di caccia che gli consentirebbero di sopravvivere anche in natura. Quel che è certo, è l’esiguità del tempo a disposizione.

Damiano Mattana: