In Siria sembrano non aver alcun significato le leggi internazionali a tutela di coloro che prestano cure ai feriti in guerra. Stando ai dati presentati da Physicians for Human Rights, sono oltre 560 i morti tra il personale medico dall’inizio del conflitto, mentre sono state attaccate 155 strutture sanitarie. Ma non è solo il pericolo di vita ad ostacolare le cure, il regime di Assad ha attaccato obiettivi civili, ostacolato l’assistenza sanitaria, compresa la vaccinazione dei bambini. Ha tagliato elettricità e acqua, punito gli operatori che curavano manifestanti e combattenti dell’opposizione, oltre all’uso di armi chimiche contro civili inermi.
“La cosa peggiore, scrive sul Nyt Leonard S. Rubenstein, direttore del Programma del Centro per la sanità pubblica e per i diritti umani presso la Bloomberg School of Public Health – è stato l’uso di barili bomba da parte del regime di Assad. Le bombe esplodono con una forza terrificante, amputando gli arti delle vittime. In risposta, i medici locali hanno allestito ospedali da campo in fattorie, fabbriche, centri culturali, grotte e persino pollai per curare e operare chirurgicamente i feriti, che secondo l’Oms sono oltre 25mila al mese”.