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SCUOLA, RENZI CANCELLA IL DISSENSO

Il muro contro muro sembra essere il metodo usato dal governo Renzi per ogni questione istituzionale. E’ accaduto con l’annuncio della fiducia sull’Italicum, accadde qualche mese fa con lo stesso sistema per lo Sblocca Italia, e sta succedendo in queste ore per la riforma della scuola. Con alcune aggravanti: la criminalizzazione di quella parte del corpo docente che protesta, e la presa in giro del cambio di data degli invalsi per depotenziare lo sciopero programmato. Il che non fa che esacerbare gli animi.

Ma andiamo con ordine. La cosiddetta “Buona scuola” ha provocato barricate un po’ dovunque: troppo potere ai dirigenti scolastici – si è detto – non solo per la possibilità di definire autonomamente i Piani di offerta formativa, ma anche per la nuova norma che fa diventare regionale la definizione del docente, col risultato che in caso di diatriba con il preside si può rischiare di essere spostati anche di centinaia di chilometri, con buona pace del dibattito interno, del confronto scolastico e della tutela del lavoratore. Poi ci sono gli altri punti sotto i riflettori, tra i quali il più importante è quello riguardante le cifre delle assunzioni. Dovevano essere 150 mila, poi 120mila, adesso saranno 100mila.

Dunque i sindacati – tutte le sigle unite, non accadeva da anni – hanno deciso di manifestare con uno sciopero generale proclamato per il 5 maggio, giorno delle prove degli invalsi (un esame che ha lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti al terzo anno della scuola secondaria di primo grado). E il governo che fa? Li sposta, al 7-8 maggio, con l’evidente obiettivo di far fallire lo sciopero. Uno schiaffo allo strumento democratico per eccellenza usato per manifestare dissenso.

E così è nuovamente iniziato il tam tam su whatsapp – ormai eletto a piattaforma per l’interscambio di informazioni tra i docenti, grazie alla creazione di innumerevoli gruppi – per ipotizzare uno slittamento della mobilitazione in modo da farla coincidere nuovamente con gli invalsi. Una guerra di nervi, che allontana sempre di più il confronto e avvicina – ancora una volta – il voto di fiducia. Perché l’istruzione è un altro di quei temi cari alla sinistra, che sulle cattedre trova una larga parte del proprio elettorato.

Il termine usato dal ministro Giannini per definire i prof ribelli la dice lunga sulla strada intrapresa: “Squadristi”. E a difenderli interviene proprio la sinistra dem, con un tweet del deputato Pd Stefano Fassina: “Ministra Giannini gli insegnanti attendono le sue scuse per le sue parole offensive verso di loro. Dobbiamo avviare mozione di sfiducia?”.

Intanto quel po’ di democratico che resta nel dibattito parlamentare viene portato avanti, ottenendo un qualche risultato. I deputati leghisti Roberto Simonetti e Stefano Borghesi, dopo l’ultima seduta della Commissione Cultura, hanno dichiarato: “Grazie alla Lega la maggioranza cambia rotta sulla ‘buona scuola’, sconfessando la linea ipercentralista del governo. In commissione è stato accolto l’emendamento Lega Nord per la partecipazione del personale Ata ai progetti formativi. Aperture anche – aggiungono – sulla nostra proposta di coinvolgere il collegio dei docenti e gli enti locali nella presentazione dei Piani di offerta formativa. Grazie alla Lega si aprono spiragli di federalismo scolastico, poco alla volta stiamo abbattendo il castello di carte di Renzi, per ridare dignità e autonomia vera e partecipata alla nostra scuola”.

“Primi segnali di apertura – fanno notare ancora gli esponenti del Carroccio – contro i presidi-sceriffi voluti da Renzi: l’offerta formativa non sarà più appannaggio dei soli dirigenti scolastici, ma sarà condivisa con i docenti e i territori. Ora aspettiamo al varco la maggioranza. Ci aspettiamo che a questi iniziali cambi di rotta ne seguano altri, per dare dignità a una riforma nata male per la smania centralista del premier Renzi”. Il conto alla rovescia è iniziato.

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