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Sciopero, quando un diritto si “trasforma” in disorganizzazione

Lo sciopero di giorni fa promosso da una miriade di sindacatini, ha procurato danni consistenti ai cittadini in mobilità da una parte all’altra della penisola ed a coloro che andavano o ritornavano da altri paesi vicini e lontani. Si ripropongono così decisioni sempre rinviate e che comunque vanno affrontate per il rispetto che si deve ai cittadini, per custodire il nostro turismo, per sottolineare la nostra appartenenza all’area del mondo civile.

La situazione odierna sul diritto di astensione dal lavoro è questa: anche in assenza di una accertata verifica sulla consistenza di rappresentatività, qualsiasi Sindacato, anche minuscolo, può proclamare lo sciopero; nelle aree del lavoro pubblico ed nei servizi essenziali di grande valenza pubblica come trasporti, basta fare comunicazioni in tempi utili alle amministrazioni per predisporre soluzioni capaci di ridurre i disagi. Si dirà che quando si tratta di una minoranza o un piccolissimo sindacato la questione si risolve da se, giacché una iniziativa di una limitata porzione di lavoratori è destinata al flop. Ma non è così. Infatti, basta un numero basso di aderenti per scatenare un effetto a cascata di grande disorganizzazione; nei trasporti ancor di più a ragione di orari che se saltati producono un effetto di moltiplicazione di ulteriori disguidi nelle interconnessioni di ogni altro tipo di trasporto.

Ecco perché bisogna intervenire per fermare il disordine che non ha precedenti negli altri paesi civili nostri concorrenti.

Qualcuno subito urlerà contro l’attentato al diritto di sciopero, un accusa che può benissimo rivolgere a chi la fa. Come si può non comprendere le distorsioni di sistema che si procurano alle comunità e di discredito anche contro lo stesso diritto di sciopero. Infatti un diritto sensibile come è quello dell’astensione dal lavoro e che procura danni all’economia generale, alle aziende, ai cittadini, deve ben misurarsi con le esigenze di tutti. Poi si deve considerare anche la violazione del principio democratico, che si manifesta allorché una minoranza decide a scavalco di tutti gli altri lavoratori; un diritto così sacrosanto, non può essere utilizzato in modo scriteriato. Se si dovesse ancora continuare in questo modo, il diritto verrebbe sempre più debilitato proprio a causa di chi, usandolo male, presta il fianco a restrizioni altrettanto sbagliate.

In parlamento da tempo ci sono depositati almeno due diverse soluzioni proposte da Pietro Ichino e da Maurizio Sacconi. Ambedue le proposte si basano sul principio di maggioranza da adottare in simili situazioni nelle aziende, in modo tale che in preparazione di una astensione dal lavoro in una azienda, sia la maggioranza degli aventi diritto alla decisione a pronunciarsi in modo qualificato e certificato, a garanzia del rispetto della maggioranza delle opinioni tra i lavoratori. Si spera che il Governo faccia sintesi dei disegni di legge, le faccia proprie, e spinga il Parlamento a varare finalmente la soluzione di un problema che si trascina da troppo tempo.

Si vuole sperare che Confindustria e le maggiori organizzazioni confederali dei lavoratori aprano anch’esse una discussione, e concorrano alla attesa svolta. Riformare il lavoro italiano è anche questo.

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