Dopo otto anni di carcere, sugli undici complessivi da scontare, è stato scarcerato il dissidente cinese Liu Xiaobo, già leader della protesta studentesca di piazza Tienanmen e premio Nobel per la pace nel 2010. Le autorità cinesi gli hanno concesso la libertà condizionale per motivi di salute, in quanto Liu è malato di tumore al fegato ormai in fase terminale. Lo riferisce al quotidiano di Hong Kong South China Morning Post il fratello dell’attivista, Liu Xiaoxuan, a cui la notizia è stata a sua volta confermata dall’avvocato di Liu, Mo Shaoping. Liu Xiaobo si trova ora in un’ospedale a Shenyang, nel nord-est della Cina.
Charta 08
Nel 2008 Liu era stato uno dei firmatari di Charta 08, il manifesto dei diritti civili e politici, sottoscritto il 10 dicembre di quell’anno, anniversario della dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e centesimo anniversario della prima Costituzione scritta in Cina (promulgata negli ultimi anni della dinastia Qing, l’ultima a reggere l’impero cinese). In Charta 08 vengono elencati i principi fondamentali a cui la Cina dovrebbe aderire, a cominciare dalla libertà, “al centro dei valori universali” di parola, di stampa, religiosa, di assemblea, di associazione e di sciopero. “Dove non fiorisce la libertà, non si può parlare di civiltà moderna”, si legge nel manifesto. Nel documento si fa riferimento anche ai diritti umani, all’uguaglianza tra esseri umani, alla democrazia (il cui significato principale è che “la sovranità appartiene al popolo e il governo è eletto dal popolo”) e alla garanzia di questi diritti, che deve essere definita nella carta costituzionale. Charta 08 promuove anche le cause da difendere, come la separazione dei poteri, l’indipendenza della magistratura dal potere politico, e l’elezione diretta dei rappresentati del popolo sulla base del principio “una persona, un voto”. La Cina, “come grande Paese del mondo, uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e membro del Consiglio per i Diritti Umani, dovrebbe dare il proprio contributo alla pace e al progresso nei diritti umani”.
Il manifesto definisce, però, apertamente “autoritario” il sistema cinese. “Questa situazione deve cambiare! Non possiamo più rimandare le riforme per la democratizzazione politica”. Dichiarazioni che costarono l’arresto a Liu nel 2008. L’anno successivo, con l’accusa di “sovversione dell’autorità statale“, fu condannato a undici anni di carcere.
Da piazza Tienanmen al Nobel
Nel 2010 gli venne assegnato il premio Nobel per la Pace “per la sua lunga e non-violenta lotta per i diritti umani fondamentali in Cina”. L’impegno per la democrazia e i diritti umani di Liu risale già alla protesta studentesca del 1989. Sessantuno anni compiuti il 28 dicembre scorso, Liu Xiaobo era stato infatti uno dei leader degli studenti in piazza Tienanmen, durante le proteste della primavera di quell’anno, per la partecipazione alle quali aveva già ricevuto una condanna a due anni di carcere. La moglie del dissidente, Liu Xia, è agli arresti domiciliari da quando Liu Xiaobo fu insignito del premio Nobel. Le autorità cinesi non hanno mai chiarito perché le abbiano imposto la restrizione di movimento né presentato un capo d’accusa formale.
L’appello di Amnesty
Amnesty International, alla diffusione della notizia della scarcerazione di Liu, ha chiesto alle autorità cinesi di assicurargli “adeguate cure mediche” e di provvedere al rilascio “immediato” e “incondizionato” degli altri attivisti per i diritti umani che si trovano ancora in carcere.