Scampia: realizzato l’abbecedario per l’integrazione dei rom a scuola

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Anche le parole aiutano l’integrazione. È questa l’idea di fondo che ha ispirato la realizzazione di “ABC piccolo abbecedario italiano-romanes”, realizzato dai bambini rom e gagiò della seconda elementare dell’istituto comprensivo Alpi-Levi di Scampia, Napoli, che raccoglie parole, numeri, conte e nenie illustrate. Il testo si inserisce nell’ambito del Progetto nazionale per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la collaborazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e coinvolge 13 città riservatarie (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia) e circa 900 alunni rom, sinti e caminanti in tutta Italia.

“L’idea di costruire un piccolo abbecedario – sottolineano dall’associazione di promozione sociale “Chi rom… chi no”, che opera nel quartiere e che ha curato il progetto – nasce proprio dalla volontà di valorizzare ‘la lingua e il parlato della relazione’, quello attraverso il quale ognuno riesce ad affermare la propria esistenza e in questo modo il suo rapporto con l’altro”.
Sono state raccolte parole, numeri, conte e nenie, “sussurrate da madri, nonne, padri e raccolte in momenti di grande intimità durante le giornate trascorse insieme – ha spiegato Barbara Pierro, Presidente della onlus -. I bambini le hanno poi illustrate con i loro disegni”. Così l’ABC racconta la “ricchezza e la varietà di un vocabolario che attraversa epoche, paesi, dialetti, che può cambiare da un territorio all’altro, insieme italiano e romanes, lingue per uomini e donne di domani che reclamano pari dignità e riconoscimento, in ogni tempo e in ogni dove”, ha concluso Pierro.

Come racconta Vinicio Ongini – della direzione generale ordinamenti scolastici del ministero dell’Istruzione – gli alunni rom a Scampia sono sessanta, le famiglie provengono da paesi della ex Iugoslavia e vivono in un campo non autorizzato vicino alla scuola, in condizioni sanitarie molto precarie. Anna Di Mattia, insegnante della scuola primaria ricorda come “all’inizio le famiglie napoletane non vedevano di buon occhio il gran numero di bambini rom presenti in classe. Nel corso del tempo le cose sono cambiate e i genitori hanno accettato ‘questi diversi’. Da un lato ci sono bambini rom che hanno voti buoni – spiega l’insegnante – e dall’altro bambini napoletani, alcuni con problemi familiari gravi, che non raggiungono la sufficienza. Le famiglie italiane hanno capito che lo scarso rendimento dei figli non è dovuto alla presenza degli alunni rom che frequentano la stessa classe”.

Il Progetto nazionale per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti (Rsc) si pone all’interno di una cornice istituzionalmente condivisa, costituita dalla Strategia nazionale d’inclusione dei rom, sinti e caminanti 2012-2020, dal Terzo Piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva e dalla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo. Le finalità generali dell’iniziativa sono quelle di favorire processi di inclusione dei bambini e adolescenti Rsc, promuovere la disseminazione di buone prassi di lavoro e di saperi e costruire una rete di collaborazione tra le città riservatarie che aderiscono alla sperimentazione. Il progetto si pone l’obiettivo di lavorare attraverso attività che coinvolgano i due principali ambiti di vita dei bambini e adolescenti Rsc: la scuola e il contesto abitativo (spesso il cosiddetto “campo”).

Nella scuola il progetto si è posto l’obiettivo di offrire strumenti affinché la stessa diventi ancora più capace di sostenere le scelte delle famiglie Rsc di investire in istruzione, di essere più inclusiva per tutti e di essere luogo di partecipazione effettiva di tutti gli alunni e delle loro famiglie. Una particolare attenzione è data al miglioramento del clima scolastico nelle sue due componenti legate all’interazione fra soggetti differenti e a elementi di tipo organizzativo e gestionale della classe, puntando su strumenti quali l’apprendimento cooperativo e le attività laboratoriali. L’abbecedario si pone nell’alveo delle iniziative che aiutano a una maggior comprensione dell’“altro” – spesso visto come “diverso” – perché, attraverso la conoscenza reciproca, si possa colmare le distanze e prevenire l’emarginazione.

Milena Castigli: