Rivoluzione Chicago, arriva la città dei big data

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Chicago si proietta nel futuro diventando presto un modello di punta per la raccolta e la gestione dei big data dai nodi sensori e cellulari in tutta l’area: 237 chilometri quadrati e 2,7 milioni di residenti che partecipano (consapevolmente o meno) a un esperimento che apporterà miglioramenti impressionanti.

Ma cosa vuol dire big data? L’utilizzo sempre più diffuso dei social media, di telefoni intelligenti che raccolgono e generano dati costantemente, il crescente uso di Internet, così come l’utilizzo sempre più diffuso di sensori che ci permettono di misurare e monitorare ogni cosa, fa sì che il volume dei dati prodotti in tutto il mondo stia crescendo in modo vertiginoso. Questi dati sono i big data, cioè una raccolta di dataset così grande e complessa da richiedere strumenti differenti da quelli tradizionali, in tutte le fasi del processo: dall’acquisizione, alla curation, passando per condivisione, analisi e visualizzazione. L’introduzione di sistemi che analizzano grandi quantità di dati porta le aziende a cambiare i loro servizi, a cercare di adattarli alle richieste dei consumatori ma anche ai loro comportamenti.

La città portuale, affacciata sul lago Michighan, punta a diventare una smart city, una metropoli intelligente tesa all’ottimizzazione e all’innovazione dei servizi pubblici così da mettere in relazione le infrastrutture materiali della città con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente e dell’efficienza energetica, al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni. Assicurando uno sviluppo economico sostenibile e un’alta qualità della vita, una gestione sapiente delle risorse naturali, attraverso l’impegno e l’azione partecipativa.

La “Chicago city of big data”, presentata dalla Chicago Architecture Foundation, offre diversi servizi. Ecco alcuni esempi. In centro stanno cominciando ad apparire dei sensori che “sentono” i dati degli smartphone dei cittadini che serviranno solo per capire quanta gente è e dove e migliorare le scelte ambientali. Chicago monitorerà i social network per vedere dove e come sono segnalate intossicazioni alimentari così da intervenire in diretta su bar e ristoranti, con un vademecum che spiega anche come muoversi, in casi di intossicazione alimentare. Anche i cassonetti di rifiuti sono collegati alla centrale della nettezza urbana che interviene solo quando sono pieni. Questo ha permesso alla città di risparmiare un milione di dollari all’anno. Il Comune di Chicago ha deciso inoltre di monitorare traslochi, disfunzioni idriche e allagamenti, per capire se per esempio la zona è infestata dai ratti e provvedere così alla derattizzazione.

Inoltre La mappatura degli spostamenti cittadini ha aiutato a pianificare il trasporto pubblico, ma ha anche permesso di individuare una ricetta al momento vincente per introdurre in una città ad alto traffico di motori una circolazione di biciclette sicura ed efficiente. Mentre sta comparendo nel centro di Chicago una rete di sensori ambientali in grado di captare condizioni climatiche (temperatura, pioggia, vento) qualità dell’aria, luce, rumori. “Uno degli elementi che hanno permesso a Chicago di mettersi all’avanguardia tra le smart cities del mondo – spiega Carola Frediani su Repubblica – è anche la sua posizione di centro nevralgico del sistema di fibra ottica che innerva gli Stati Uniti tra New York e la California”.

Questo pone grandi sfide (anche etiche) all’infrastruttura cittadina che, così, entra prepotentemente nel mondo dell’Internet delle cose, rendendo ogni aspetto della vita dei cittadini tracciabile e migliorabile.

Sara Sbaffi: