Ricorre oggi il 72mo anniversario della firma dell’Armistizio di Cassibile (detto anche armistizio corto). Fu un accordo, stipulato in segreto nel paese di Cassibile il 3 settembre del 1943, con il quale il Regno d’italia cessò le ostilità contro le forze Alleate all’interno del secondo conflitto mondiale. In realtà non fu un armistizio, ma una vera e propria resa senza condizioni. Poiché un atto del genere stabiliva la sua entrata in vigore dal momento del suo annuncio pubblico, è citato come 8 settembre, data in cui venne reso noto prima dai microfoni di Radio Algeri, da parte del generale Dwight Eisenhower e, dopo poco più di un’ora confermato dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dall’EIAR.
Nella prima metà del 1943, in una situazione generale di grave preoccupazione, indotta dall’opinione che la guerra fosse ormai perduta e che stesse apportando solo dei gravissimi danni al Paese, Mussolini operò una serie di avvicendamenti, che investirono alcuni dei più significativi centri di potere, rimuovendo alcuni personaggi che reputava ostili alla prosecuzione del conflitto accanto alla Germania, o comunque più fedeli al Re che non al regime. Secondo alcuni studiosi, fu a seguito di tali sostituzioni, finalizzate a rafforzare il regime in crisi di consenso, che il re Vittorio Emanuele avrebbe iniziato a progettare un piano che consentisse la destituzione del duce.
La nomina di Badoglio, che aveva aperto la strada ad un istintivo entusiasmo popolare durato pochissimo, non significava la fine della guerra, sebbene fosse una manovra dei reali per giungere alla pace. Attraverso canali più disparati si cercò un produttivo contatto con le potenze alleate, cercando di ricostruire quei passaggi delle trattative (sempre indicate come spontanee ed indipendenti) già intessute da Maria José, moglie di Umberto II di Savoia, che potevano stavolta meritare l’avallo del re.
Il 12 agosto fu inviato il generale Giuseppe Castellano a Lisbona per prendere contatti con i rappresentanti delle potenze avversarie. Tuttavia il generale non poté attuare la missione con la velocità che la situazione, ormai drammatica, esigeva. Castellano non parlava inglese e poté avvalersi come traduttore e assistente del console Franco Montanari. Riuscì a conferire con i rappresentanti del Comando Alleato solo il 19 agosto. La proposta di resa, non era considerata con euforia da parte delle forze alleate, in quanto le sorti della guerra erano già evidentemente segnate verso una probabile prossima sconfitta delle armate italiane. Comunque la resa avrebbe significato un’accelerazione del corso della guerra verso la sconfitta tedesca, anche se ciò poteva limitare in parte i vantaggi che le forze alleate intendevano trarre dalla vittoria militare.
Il 30 agosto, Badoglio convocò Castellano, rientrato il 27 da Lisbona con qualche prospettiva. Il generale comunicò la richiesta di un incontro in Sicilia, che era già stata conquistata. La proposta fu avanzata dagli Alleati tramite l’ambasciatore britannico in Vaticano, D’Arcy Osborne. Si è congetturato che la scelta proprio di quel diplomatico non fosse stata casuale, a significare che il Vaticano, già attraverso mons. Montini, ben immerso in trattative diplomatiche per il futuro post-bellico, e sospettato dal Quirinale di aver osteggiato la pace in trattative precedenti, stavolta avallasse, o almeno non intendesse ostacolare, il perseguimento di un simile obiettivo.
Badoglio, ritenendo per suo conto che vi fossero gli spazi per una trattativa nella quale contrattare la resa a buon prezzo, chiese a Castellano di farsi portavoce di alcune proposte presso gli Alleati: in particolare avrebbe dovuto insistere sul fatto che l’Italia avrebbe accettato l’armistizio solo a condizione che prima si effettuasse un massiccio sbarco alleato nella penisola italiana. Badoglio si spinse anche a chiedere agli alleati di conoscere quali fossero i loro programmi militari, sebbene la guerra fosse ancora in corso. Tra le tante altre condizioni che furono richieste agli alleati, solo quella di inviare 2.000 unità paracadutate su Roma per la difesa della Capitale fu accolta. Il 31 agosto il generale Castellano arrivò a Termini Imerese e fu quindi trasferito a Cassibile, nei pressi di Siracusa.
Il giorno successivo Castellano fu ricevuto da Badoglio; all’incontro parteciparono l’allora il ministro degli esteri Guariglia e i generali Ambrosio e Carboni. Emersero posizioni non coincidenti: Guariglia e Ambrosio ritenevano che le condizioni alleate non potessero a quel punto che essere accettate. Badoglio, che nella riunione non si pronunciò, fu ricevuto nel pomeriggio dal re che decise di accettare le condizioni dell’armistizio. Un telegramma fu inviato agli Alleati; in esso si preannunciava anche l’imminente invio del generale Castellano. Il 2 settembre Castellano ripartì per Cassibile, per dichiarare l’accettazione da parte italiana del testo dell’armistizio; non aveva tuttavia con sé alcuna autorizzazione scritta a firmare. Nella prima mattinata del 3 settembre, per sollecitare la delega, Castellano inviò un secondo telegramma a Badoglio, che questa volta rispose quasi subito con un radiogramma in cui chiariva che il testo del telegramma del primo settembre era già un’implicita accettazione delle condizioni di armistizio poste dagli Alleati.
A quel punto si procedette alla firma del testo dell’armistizio. L’operazione ebbe inizio intorno alle 17. al testo apposero la loro firma Castellano, a nome di Badoglio, e Walter Bedell Smith a nome di Eisenhower. Alle 17:30 il testo risultava firmato. Fu allora bloccata in extremis dal generale Eisenhower la partenza di cinquecento aerei già in procinto di decollare per una missione di bombardamento su Roma. Nelle prime ore del mattino del giorno successivo, dopo un bombardamento aeronavale alleato delle coste calabresi, ebbe inizio sulle stesse coste lo sbarco di soldati della 1ª Divisione Canadese e di reparti britannici; si trattò di un imponente diversivo per concentrare l’attenzione dei tedeschi molto a sud di Salerno, dove avrebbe avuto invece luogo lo sbarco principale. Due americani, furono inviati in segreto a Roma per verificare le reali intenzioni degli italiani e la loro effettiva capacità di supporto per i paracadutisti americani.
La sera del 7 settembre incontrarono il generale Carboni, responsabile delle forze a difesa di Roma. Carboni manifestò l’impossibilità delle forze italiane di supportare i paracadutisti americani e la necessità di rinviare l’annuncio dell’armistizio. Gli americani chiesero di vedere Badoglio, il quale confermò l’impossibilità di un immediato armistizio. Eisenhower, avvisato dei fatti, fece annullare l’azione dei paracadutisti, che avevano già parzialmente preso il decollo dalla Sicilia, e decise di rendere pubblico l’armistizio. Alle 18:30 dell’8 settembre gli alleati annunciarono l’armistizio dai microfoni di Radio Algeri. Alle 18:45 un bollettino della Reuters raggiunge Vittorio Emanuele e Badoglio al Quirinale; il re decise di confermare l’annuncio degli americani. L’armistizio fu reso pubblico alle 19:45 dell’8 settembre dai microfoni dell’EIAR che interruppero le trasmissioni per trasmettere l’annuncio, precedentemente registrato, della voce di Badoglio che annunciava la resa della nazione