Sirio Leoncini è una di quelle persone che hanno fatto dell’altruismo la propria vocazione di vita. Presidente dell’Asd Star Sport XIV ogni anno ospita 5 ragazzi con disabilità o problemi economici nel suo centro sportivo. Un’attività che serve a favore l’integrazione di bambini e adolescenti meno fortunati, aiutati a utilizzare al meglio le proprie potenzialità fisiche. Il suo impegno è uno schiaffo all’indifferenza della società ma anche a quelle strutture che rifiutano questi minori, considerati latori di imbarazzo e problemi. “Quello di insegnare le discipline sportive è un mestiere delicato e poliedrico, capace di adattarsi a ogni circostanza e integrare situazioni non sempre uguali – racconta a Interris.it – Per questo, da padre e insegnante, prego gentilmente questi millantatori di farsi da parte e lasciare lavorare le persone qualificate. Non è un bambino diversamente abile a creare problemi, ma la disorganizzazione e l’incompetenza”.
Tra i suoi tanti incontri c’è stato quello con Danilo, un ragazzino di 9 anni affetto dalla sindrome di Down. Il piccolo è solare, tifa per la Roma, adora la favola di Peter Pan e i vigili del fuoco e ogni volta che va con la mamma a fare la spesa stringe amicizia con tutti. Eppure, quando il padre Andrea e la moglie lo hanno iscritto nel centro estivo Ottavia di via delle Canossiane (Roma), riservato ai minori dai 4 ai 13 anni, hanno dovuto fare i conti con le resistenze dei gestori. “Non vorrei che crei problemi agli altri bambini che, tornati a casa, si lamentino e magari i genitori portino via i loro figli dalla struttura” sono state le parole di un responsabile per giustificare l’esclusione di Danilo.
“Al termine del primo giorno siamo andati a prenderlo – ricorda Andrea – e il titolare, un certo Ivano, ha chiesto di parlare con me. Mi ha detto che Danilo non poteva più frequentare, era difficile da gestire e lui non aveva personale da dedicargli”. Un colpo alla sensibilità di una famiglia che ha sempre dovuto lottare per garantire al piccolo una vita in linea con quella dei suoi coetanei e alla dignità dello stesso Danilo, apprezzato e benvoluto da tutti. “Quando lo abbiamo portato al campus lui era molto felice… c’erano la piscina, il campetto, il pallone e il minibasket. Ma ho capito che il vero problema non era il suo comportamento: avevano paura di perdere i soldi. 15 euro al giorno a testa per 20-30 ospiti sono tanti e non potevano permettersi il rischio di un calo di iscrizioni dovuto alla presenza di mio figlio”.
Ma non è tutto: “Gli ho chiesto se dovevo pagare il giorno, cosa alla quale non hanno rinunciato: dopo aver saldato ho ripreso il mio piccolo e le sue cose e me lo sono portato via mentre lui, non capendo quello che stava accadendo, salutava tutti e dicendo ‘ci vediamo domani’”. Una storia commovente che ha fatto, in pochi giorni, il giro dei media locali e regionali. L’ennesima dimostrazione di quanto la disabilità in Italia sia vista con sospetto, di come si spingano queste persone ai margini della società sin da piccole; un dolore nel dolore generato dall’ignoranza.