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“Tu sei cattivo con me perché ti svegli alle tre per guardare quei film un po’ porno”. Nel suo singolo d’esordio radiofonico (“Pop porno”) “Il Genio” raccontava la frustrazione vissuta da centinaia di donne, costrette loro malgrado a condividere le pulsioni sessuali dei propri compagni con un terzo incomodo virtuale: la pornografia online. Uno scabroso fenomeno portato in dote dalla rivoluzione digitale che nel tempo si è perfezionato, diventando la principale piattaforma (per diffusione e guadagni) delle produzioni hard.

Numeri da record

I numeri sono lì a testimoniarlo. A inizio 2017 uno dei più fortunati portali a tema ha reso noti i dati d’accesso relativi al 2016. I video visti sono stati quasi 92 miliardi; ciò significa che, mediamente, ogni abitante del pianeta ha visualizzato 12,5 clip. Impressionante la mole di contatti: 23 miliardi, cioè 64 milioni al giorno, 2,6 milioni l’ora, 44 mila al minuto e 729 al secondo. In totale le ore dedicate alla visione di film pornografici sono state 4 miliardi e 599 mila, corrispondenti a oltre 5 secoli. In pratica è come se, dal Rinascimento a oggi, l’umanità non avesse fatto altro che stare connessa sul sito in questione. Per i più smanettoni (in senso buono…) vale la pena citare i dati relativi allo streaming, cioè alla quantità di banda utilizzata per la visione delle clip: 3 miliardi e 110 milioni di gigabyte, capaci di riempire 194 milioni di chiavette usb. Talmente tante che, se messe in fila, coprirebbero 11 mila chilometri, vale a dire oltre la circonferenza della Luna. Questi dati, bisogna ricordarlo, si riferiscono solo a una delle centinaia di realtà che consentono l’accesso a contenuti pornografici free. Se prendessimo in considerazione anche i competitor potremmo ragionare in termini di millenni trascorsi davanti a scene di sesso esplicito o di distanze siderali coperte dalla quantità di hard disk esterni idealmente riempiti. Se pensiamo che ogni clic su queste piattaforme è accompagnato da una vera e propria esplosione di banner e popup pubblicitari – cui spesso si accede inconsapevolmente – possiamo immaginare la mole di guadagni prodotta dal mercato dell’hard.

Usa in testa per accessi

Passiamo ai fruitori. A farla da padrone sono gli uomini che assicurano il 74% di traffico. Alle donne resta il residuo 26%, comunque in aumento di 2 punti in confronto all’anno precedente. In cima alla classifica dei Paesi più interessati dal fenomeno si piazzano gli Stati Uniti, con il 40% di visite, seguiti da Regno Unito e Canada. Il Giappone guadagna ben 7 posizioni rispetto al 2015, piazzandosi al quinto posto. L’Italia conferma grosso modo il trend dell’anno precedente (passa da ottava a nona). Alla faccia del mito del “latin lover“, si potrebbe dire, ormai soppiantato da quello del pornodipendente.

In testa al ranking del tempo medio trascorso sul portale ad ogni accesso troviamo i filippini (12 minuti e 45 secondi). Seguono i sudafricani (10 minuti e 46 secondi) e gli americani (10 minuti e 15 secondi). Con 8 minuti e 37 secondi gli italiani passano dal 30esimo al 15esimo posto. A livello globale la media è stata di 9.36, con una crescita di 16 secondi rispetto al 2015.

Perversioni

E’ solo analizzando il flusso di ricerche per parole chiave che vengono alla luce le perversioni degli utenti. Il topic più digitato – trascinato soprattutto dal traffico femminile – è stato “lesbians” (“lesbiche”), seguito da “teen” – riferito ad attori professionisti o amatoriali di 18 o 19 anni -,”ebony”, cioè con protagonisti di colore, e “Milf” (donne mature). Tra gli evergreen non mancano ricerche riguardanti donne particolarmente formose, uomini superdotati, sodomia o video con scene di sesso di gruppo, che quasi sempre si concludono con una vera e propria umiliazione del corpo femminile. Di Paese in Paese domina un certo “nazionalismo“. In Italia, ad esempio, il termine più digitato è “italians”, in Francia “french”, in Germania “german” e così via.

Nessun controllo

Insomma, mentre l’editoria annaspa in una crisi senza fine e non trova ancora la quadra tra costi e introiti nel tentativo di conversione all’online, il mercato del porno sul web macina clic e dollari. I giornali perdono colpi, i siti porno viaggiano a gonfie vele, perfetta sintesi della strada discendente intrapresa dalla nostra società. L’estrema semplicità di accesso, tra l’altro, consente anche ai minorenni di guardare immagini che, per legge, dovrebbero essere loro proibite. Con la nascita di queste piattaforme – modellate sull’esempio di Youtube – infatti è venuto a saltare il filtro che limitava la visione al solo pubblico adulto. Manca, in sostanza, il ruolo giocato un tempo dall’edicolante o dal proprietario della videoteca di turno che impediva ai ragazzini l’acquisto di riviste e film V.m. 18. Oggi, in sostanza, è sufficiente digitare “Yes” sul disclaimer che alcune (non tutte) di queste realtà fanno apparire all’accesso per assumersi la responsabilità di quanto si sta facendo, senza una verifica effettiva della maggiore età.

Come una droga

Ma il fenomeno non riguarda solo i giovani. Le statistiche citate indicano in 35 anni l’età media dei fruitori. Si tratta, quindi, di persone mature, molto spesso sposate e con figli, che danno sfogo alle proprie fantasie sessuali rivolgendosi al porno online, tradendo la squallida visione del corpo umano trattato alla stregua di un oggetto. Oltre alla questione morale, ce n’è poi una legata alla salute mentale. Da anni gli esperti considerano quella per il porno una vera e propria dipendenza, paragonabile a quella prodotta dal consumo di sostanze psicotrope. Per queste persone la ricerca di sesso su internet diventa la principale preoccupazione. Il loro umore cambia velocemente, oscillando tra l’euforia e la tristezza. Con il passare del tempo, poi, si sviluppa un’assuefazione che rende necessarie connessioni sempre più frequenti per trarne maggiore soddisfazione. I soggetti più portati a sviluppare questa malattia sono persone sottoposte a stress sociali o familiari o che abbiano avuto traumi di natura sessuale. Nei ragazzi, poi, la pornodipendenza alla lunga può favorire un’eccessiva erotizzazione della propria sfera intima, che li porterà a idealizzare rapporti di coppia incentrati unicamente sulla propria soddisfazione fisica. L’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere il sesso vissuto nella gioia dell’amore.

Luca La Mantia: