Piume d’oca, l’indignazione sul web per il caso Moncler

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[cml_media_alt id='15682']piume d'oca[/cml_media_alt]Chi, in vista di un inverno molto rigido, voleva acquistare un piumino fatto con piume d’oca e ha visto la puntata di domenica sera di Report qualche scrupolo se lo farà venire. La trasmissione condotta da Milena Gabanelli ha portato alla luce verità scomode sul mondo delle piume d’oca e dei brand che comprano la materia prima. Secondo Report infatti non solo le piume vengono ricavate con grande sofferenza per gli animali, ma quando arrivano in fabbrica vengono mescolate con piumaggio di scarsa fattura: il costo in termini di materia prima per un capo che costa 1.200 euro al dettaglio è di 30 euro per chi lo produce. Ai quali bisogna aggiungere una cifra più o meno simile per la manodopera che viene fatta nei paesi dell’est.

L’inchiesta di Sabrina Giannini ha svelato alcuni dei retroscena sulla produzione dei piumini e dei giacconi del prestigioso marchio di abbigliamento di lusso, Moncler, oggi di proprietà dell’imprenditore Remo Ruffini. In Europa, il paese che conta più allevamenti di oche è l’Ungheria e proprio qui sono andate le telecamere di Report. Negli allevamenti ungheresi le oche vengono spiumate, vive, anche quattro volte l’anno. Questi animali, spiega la Giannini, sono sì soggetti a una muta stagionale, ma quel piumaggio è troppo poco perché valga la pena di raccoglierlo: quindi si preferisce prelevare il prodotto direttamente dal corpo dell’animale. La normativa europea prevede che il piumaggio delle oche venga raccolto mediante pettinatura, una tecnica che non causa dolore né stress agli uccelli. Ma non sempre questa regola viene rispettata e alle oche vengono strappate le piume senza alcun tipo di precauzione, spesso provocando lacerazioni alla pelle che vengono ricucite alla buona con ago e filo. Quando le piume ricrescono, vengono strappate un’altra volta. In quattro giorni si possono spiumare fino a centomila oche.

Le piume, una volta uscite dall’allevamento, non sono soggette al alcuna tracciabilità: questo significa che non è possibile sapere se quel piumino che riempie la nostra giacca provenga o meno da un allevamento che usa le tecniche di pettinatura, ma nemmeno se quella che viene spacciata per piuma d’oca sia veramente d’oca o provenga da altri volatili, con qualità inferiore. A questo punto la parola passa ai terzisti, ovvero a quelle aziende che assemblano i prodotti per conto dei grandi marchi della moda italiana, tra cui proprio Moncler, che da anni ha delocalizzato tutta la propria produzione nei paesi dell’est Europa, soprattutto in Romania.

Sabrina Giannini ha intervistato i responsabili delle catene di produzione di piumini Moncler, che ricevono tutte le materie prime: piume, stoffe, bottoni, chiusure lampo, etichette e loghi da applicare al capo finito. I terzisti prendono per ogni capo finito un compenso che si aggira tra i 30 e i 45 euro, mentre sul cartellino, in negozio, il prezzo si aggira tra i 800 e i 1.200 euro. E la delocalizzazione di Moncler è un evento abbastanza recente: fino a pochi anni fa la produzione dei famosi piumini che tanto andavano di moda negli anni Ottanta e ritornati in auge ultimamente, avveniva in laboratori tessili in Italia, soprattutto al Sud. Ma produrre nel Belpaese costava troppo così Monclear ha deciso di sospendere tutti i contatti con i laboratori italiani per andare all’estero: in Romania, in Armenia o addirittura in Transnistria, uno stato auto-proclamato facente parte del territorio della Moldavia, non riconosciuto dalle Nazioni Unite, di cui la maggior parte del mondo ignora l’esistenza. Una regione dove produrre costa pochissimo a patto che sulle etichette risulti un “Made in Moldova” per evitare problemi con le autorità.

Durante e dopo la puntata di Report è cominciato il tam tam sui social network dove i telespettatori indignati hanno cominciato una vera crociata anti Moncler, inondando di post la pagina Facebook e facendo schizzare l’hashtag Moncler tra i topic trend di Twitter. L’azienda ha risposto dal sito internet mettendo a tutta pagina l’immagine di piume d’oca specificando che: “Moncler utilizza solo piuma di alta qualità acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal nostro Codice Etico, al punto 6.4. L’associazione del nome Moncler a pratiche illegali e vietate dal nostro Codice Etico, è impropria. I nostri fornitori di piuma sono tutti basati in Italia, Francia e Nord America”. Intanto il titolo ha aperto oggi in Borsa in rosso, tra i peggiori di Piazza Affari.

La Moncler, nel frattempo, ha dato mandato ai propri legali per tutelarsi in tutte le sedi, precisando che “tutte le piume utilizzate in azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo Edfa e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal codice etico Moncler”.