A Zarsis, una città della Tunisia che vive di commercio ittico, quando i pescatori escono in mare, si trovano davanti a barconi carichi di rifugiati che fuggono dalla guerra che imperversa nella loro terra natia. “Una volta ci siamo imbattuti in una piccola imbarcazione piena di persone che stava affondando – racconta Yanes Bechiryanes che fa il meccanico a bordo di un peschereccio -. Non potevamo lasciarli in quella situazione, così abbiamo chiamato in aiuto altri due pescherecci con cui spesso collaboriamo. Li abbiamo soccorsi, distribuendoli fra le tre imbarcazioni. Erano molto spaventati, abbiamo dovuto calmarli. Perdiamo ore di lavoro, e quindi soldi, ma si tratta di esseri umani e abbiamo il dovere di aiutarli”.
Nelle reti si trovano sempre più cadaveri che pesci: secondo gli ultimi dati aggiornati dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, sono almeno 2.800 i migranti morti o dispersi nel mar Mediterraneo solo nel 2015. Eppure sono ancora tantissimi i migranti disposti a navigare a bordo di imbarcazioni fatiscenti per raggiungere l’Europa con il sogno di un futuro migliore. Per questo, con l’obiettivo di aumentare la capacità dei marinai nell’effettuare salvataggi in mare, Medici Senza Frontiere ha organizzato una formazione di sei giorni per 116 abitanti nella città di Zarzis. Non solo: questi corsi sono stati avviati da Msf anche per la Mezzaluna Rossa, per la Protezione Civile e per la Guardia Nazionale che opera in Libia e Tunisia.
I pescatori impareranno ad accogliere le persone soccorse in mare, sapranno come comunicare con le persone a bordo o come chiedere supporto al Centro di Coordinamento del Soccorso in Mare. Questi sono solo alcuni degli aspetti che saranno affrontati. I pescatori hanno ricevuto anche equipaggiamenti per la sicurezza e il soccorso, come materiali protettivi, vestiti e giubbotti di salvataggio, ecc. “Soccorrere un’imbarcazione strapiena di persone disperate che non sanno nuotare è un’operazione rischiosa – ha spiegato Ahmad Al Rousan, mediatore culturale di MSF –. I corpi degli sfortunati che sono morti in mare devono essere trattati con dignità, senza mettere a rischio la salute delle comunità. Sono rimasto molto colpito dalla motivazione dei pescatori e dalle difficili situazioni che devono affrontare».
I primi corsi, già conclusi, hanno dato i loro frutti: lo scorso 30 agosto pescatori tunisini formati da Msf hanno tratto in salvo un’imbarcazione con 130 persone a bordo. Chi era a bordo è stato portato a Zarzis per poi ricevere supporto medico. Ma per Wiet Vandormael, coordinatore della formazione Msf, tutto ciò ancora non basta: “Le operazioni di ricerca e soccorso aiutano a salvare vite, ma non sono una soluzione a lungo termine. Per evitare che le persone continuino a rischiare la propria vita in mare, l’Unione Europea deve creare canali sicuri per raggiungere l’Europa”.