Entro il 2016 chiuderà la China Huaneng Group Corp, l’ultima centrale energetica a carbone ancora attiva sul territorio di Pechino. Nelle ultime settimane è stata annunciata anche la chiusura di altre tre strutture che per fino ad ora hanno provveduto a rifornire, per il 70%, tutta la nazione cinese. Inoltre il governo vuole sostituire queste centrali con stazioni di gas, in grado di aumentare la produzione di 2,6 volte rispetto agli standard attuali.
In realtà a questione non è solamente economica, ma anche riguarda anche la sfera ambientale e quella della salute umana. La sola capitale cinese ha un tasso di inquinamento pari al doppio della media nazionale e nella città si registrano quasi 300 giorni di condizioni metereologiche pessime, che hanno provocato un aumento sensibile delle malattie respiratorie e danneggiato anche il normale sviluppo fisico dei bambini.
I dati sono sconcertanti, basti pensare che nel 2014 l’ex ministro della salite Chen Zhu ha pubblicato a sua firma un articolo sulla rivista The Lancet in cui spiegava che ogni anno, a causa dell’inquinamento, in tutta la nazione morivano tra le 350mila e le 500mila persone. Tuttavia però uno studio pubblicato sulla stessa rivista aveva calcolato le vittime dell’inquinamento a 1,2 milioni e solo per il 2010.